UDA contattistica a Saronno – 26/9/2020

Rapporto redatto da Silvia.
Rimaneggiato da Cobol.

Appuntamento alle ore 14.00 al punto di raccolta dell’ameno parchetto di via Amendola, nella zona sud di Saronno. Il luogo è stato scelto dai compagni del collettivo Telos, che in tandem con gli ufociclisti hanno deciso di ridisegnare una porzione dello spazio cittadino, mediante ricognizione ufociclista. Ne scaturirà un rapporto-resoconto (questo e forse anche altri) che narrerà, ce lo auguriamo, qualcosa di inatteso sulla città. Inatteso dovrà essere rispetto alle narrazioni statiche e stantie che da sempre aleggiano e che con maniacale perseveranza tutti governatori della città si prodigano, con accanimento terapeutico, a mantenere in vita.
I ricognitori giungono al raduno con la loro bicicletta, noncuranti del primo vento gelido che spazza via le nuvole di questa giornata settembrina. Ha inizio una breve tornata di piccole riparazioni e di cure verso i propri e gli altrui mezzi di locomozione: si massaggiano i copertoni, si gonfiano le camere d’aria, si verifica lo stato della catena e delle sue maglie. Ovviamente, ci si fa anche un po’ i reciproci complimenti per le biciclette più “belle” e meglio manutenute.
Andrea, che evidentemente s’è confuso sul senso della cosa, si presenta in automobile. Può accadere. Deve aver pensato si trattasse di una deriva psicogeografica classica, in giro a piedi a bighellonare come nella Parigi di metà del secolo scorso. Poco male, torna a casa e velocemente recupera la sua due ruote, con cui si ricongiunge rapidamente al gruppo dei ricognitori.
Piccolo brief per fare il punto della situazione e predisporsi collegialmente a guardare Saronno (soprattutto per gli autoctoni) in un modo un po’ diverso. È Anella a comunicarci immediatamente che nel parchetto ha appena intravisto un viottolo che non aveva mai notato prima. Perfetto! Partiamo col piede giusto. 

Ricognitori nel punto di raccolta in attesa di eventuali ritardatari
Il punto di raccolta sulla mappa parziale. È visibile il vialetto appena scoperto

Ad un certo punto, come sempre forzando (solo poco) il corso degli eventi storici, e non dopo non aver atteso, si decide che siamo proprio tutti e che è ora di partire. Si seguirà una traccia di massima che si è concordata nei giorni precedenti, a distanza. Ma come di sovente avviene, si lascerà molto spazio all’improvvisazione, al richiamo degli attrattori, alle repulsioni dei dissuasori, lasciandosi liberamente orbitare attorno alle rotonde, qualora ne dovessimo intercettare una o più di una: una pedalata sensoriale, per ciclisti sensibili, insomma.
Cercheremo, in fondo, di registrare le varie atmosfere che incontreremo sul nostro cammino, provando così a restituire un’immagine della città come agglomerato di “stati d’animo”, urbanisticamente reificati, solidificati in strade, piazze, sottopassi e altri oggetti, tra loro in combutta o in conflitto. Ne scaturirà una mappa sensoriale e atmosferica di uno spazio inquieto, con pressioni emergenti e forze che ne contengono l’espansione, in nome di un presunto decoro (si veda anche: Decoro e funzione repressiva dell’ambientalismo) e di un immaginario status quo.   
Si parte proprio dal quartiere Matteotti, che ingloba il parchetto del punto di raccolta. Rione storicamente popolare e popoloso, qui in passato, sorgevano fabbriche ormai dismesse di cui rimane, nella migliore delle ipotesi, uno scheletro di cemento, messo duramente alla prova dalla termodinamica e dall’erosione incessante degli agenti atmosferici ostili. Ma prima di incontrare le fabbriche di cui siamo a conoscenza intercettiamo, percorrendo via Torricelli, un’altra istituzione totale: un costrutto religioso, la chiesa di San Giuseppe Confessore, un edificio moderno, probabilmente risalente agli anni Settanta.
A guardarlo superficialmente, non si tratta d’altro che di un oggetto architettonico sul territorio, ma ufociclisticamente siamo interessati alla sua funzione posta in relazione (in struttura diciamo anche) con altri oggetti più o meno prossimi.
A guardarli quindi meglio, gli oggetti antropici hanno, sempre più funzioni, raramente meno di due:
1) una sedimentata (durevole);
2) una situata (mutabile a seconda degli oggetti con cui entra in relazione).
Nella sua forma sedimentata, la chiesa è sempre un esomediatore (si veda: Esomediatore Frascati) la cui “politica” verticista si oppone sempre all’autogestione orizzontale e autonoma dei rapporti tra biologie senzienti, ma al momento questa funzione è per noi trascurabile.
Ci si domanda invece se contestualmente, se come funzione relativa (situata), essa possa qui agire da tonal. Le chiese lo sono spesso, anche se in modalità vicaria di qualcosa d’altro (si veda: Ley line Tor Sapienza), in attesa che un tonal definitivo e stabilizzato emerga a supportare e promuovere un’atmosfera. Ciò fintantoché un altro tonal non gli sottragga la funzione, e via così discorrendo, periodicamente. Definiamo l’atmosfera retta da un tonal come UDA (Unità d’Ambiance) e quindi lo spazio urbano come un insieme variegato di UDA.
Siamo fermi davanti a San Giuseppe Confessore e l’idea che possa temporaneamente funzionare da tonal viene espressa indirettamente da più ricognitori, dato che l’apparato industriale un tempo tipico di questa zona (e che probabilmente ne determinava l’atmosfera oggi in dismissione) ha, con ogni probabilità, ceduto il posto all’esomediatore in questo arduo compito di catalizzatore di un’emozione ambientale.    

Ricognitori analizzano le fattezze di un esomediatore
L’esomediatore San Giuseppe Confessore

Anella ci racconta che proprio dove è stata edificata la chiesa, un tempo c’era una delle tante fabbriche della zona, di cui però non ricorda la storia. Il fatto che una chiesa abbia soppiantato una fabbrica ci pare molto significativo e transitivamente ci ricorda il meccanismo di riscrittura che gli edifici cristiani hanno, nell’antichità, compiuto sul precedente culto mitraico. Una conferma generale sul ruolo tonale di questi edifici.
Individuato un possibile tonal ci viene da domandarci se sia agevole rintracciare anche il suo opposto territoriale, il totem d’incongruenza dell’UDA, che con il primo compartecipa, ma stavolta per sottrazione, alla corretta definizione dell’emozione ambientale.
Spostandoci solo di pochi metri ci imbattiamo in un enorme cratere (purtroppo non meteoritico) prodotto dall’eradicazione (quattro anni fa) di due palazzine popolari: l’ex complesso residenziale delle Farfalle sembra lì lasciato a monito di ciò che il quartiere è stato e che oggi non è più. L’allora governo della città aveva illuso gli abitanti degli stabili i quali avevano creduto nella promessa di una collocazione migliore. Invece, dopo l’esplosione delle palazzine (evento pubblico a cui hanno assistio centinaia di esultanti e incuriositi cittadini) non è rimasto altro che un immenso vuoto, mentre gli ex residenti vivono tuttora, come situazione eternamente provvisoria, collocati in palazzine vicine, liberi di mirare e rimirare (come in un girone dantesco) quell’orrido nulla che un tempo chiamavano casa.
Consiliarmente ci sentiamo di eleggere il cratere a totem, monito appunto, che mina la compattezza dell’atmosfera promossa dal tonal-esomediatore San Giuseppe Confessore. È un po’ come se il nuovo tonal volesse esporre come un trofeo il “corpo straziato” del nemico battuto. A tutti gli effetti, il nuovo tonal emerso con la spinta epocale della nuova classe sociale del general intellect, ha spazzato via, proprio come un meteorite, il vecchio tonal (e le sue propaggini), che rappresentava una classe (quella operaia) ormai divenuta fantasmatica, in un’alternanza da conflitto di classe, la cui “violenza” nell’eradicazione è stata tutt’altro che metaforica.

Il cratere da impatto

Registriamo quindi nell’interspazio tra l’esomediatore-tonal e il cratere-totem d’incongruenza, una prima zona di conflitto atmosferico del tipo 1, posizionata esattamente su via Torricelli.
Sulla mappa evidenziamo quindi le isobare tipiche dell’emissione di pressione atmosferica opposta per oggetti-funzione così importanti (le isobare del totem sono generalmente più deboli di quelle del tonal, pena la trasformazione radicale dell’atmosfera).

Sono visibili le isobare in opposizione del tonal (in alto a destra) e del totem (in basso a destra), su via Torricelli

Ci attenderemo di rintracciare in questa zona d’interferenza delle anomalie (si veda: Ley line Tor Sapienza), ma lo spazio è a dir poco micrologico, una stretta via, e al più dovremmo ispezionarlo da provetti entomologi, onde scoprire comportamenti anomali e bizzarri tra gli insetti ivi residenti.   
Ci pare poi francamente significativo, e forse affatto accidentale, che tale lotta tra pressioni atmosferiche avvenga proprio su via Torricelli!!! Che capolavoro!  
Ci ridestiamo dalla sorpresa per questa eccezionale concomitanza di fatti e ci spostiamo ancora pochi metri. Incontriamo questa volta lo scheletro di una fabbrica, dimora oggi di gatti randagi che accettano di buon grado il cibo offerto da qualche signora o signore a loro affezionati. Anch’esso è lasciato a monito dell’atmosfera che fu, con funzione simile (anche se meno iconica e con meno capacità evocativa) del cratere da impatto torricelliano.

Scheletro di fabbrica su via Balasso
Sempre via Balasso, vista in profondità
Momento consiliare dinanzi al cratere prodotto dall’impatto col general intellect

Qualora quindi qualcuno desiderasse mutare l’atmosfera di questo quartiere, potrebbe allearsi col totem d’incongruenza, potenziandolo. Ad esempio, organizzando feste, mercatini dell’usato, picnic, nel cratere. Si potrebbero ripristinare le funzioni alternative (non lavoriste) nelle fabbriche abbandonate, solo per fare degli esempi fin troppo ovvi.
L’ispezione del quartiere popolare Matteotti prosegue in direzione dei campetti di via Leonardo da Vinci. Decidiamo di raggiungerli passando per una stradina interna, parallela alla via principale. Il viottolo è curato e delimitato da panchine che si affacciano sul campetto da basket liberato. I compagni di Telos raccontano orgogliosamente di come, quest’estate, abbiamo ripristinato lo spazio, rimuovendo anni d’incuria e di entropia. Marcello racconta di come lo abbiano reso nuovamente fruibile a chiunque. C’è orgoglio nelle sue parole e negli sguardi degli altri compagni che hanno partecipato alla rinascita di un luogo oggi nuovamente restituito alla cittadinanza.
La stretta stradina che costeggia lo skate park e il campetto liberato (non ha un nome proprio ma lo deriva dalla parallela via Leonardo da Vinci), si presenta nella sua funzione di varietà dimensionale del tipo 2. Si tratta di uno spazio monodimensionale, spazialmente parlando, con una seconda dimensione accessoria (attorcigliata) che è quella atmosferica. Questa ha un carattere impositivo, un suo specifico “far-fare”. Le varietà dimensionali d’ordine inferiore esprimono questa funzione imperativa a chi l’attraversa: “procedi, non sostare, non occupare lo spazio di transito, accelera uniformemente nella direzione indicata”, lasciando a chi la percorre limitatissimi gradi di libertà entro cui immaginare repentini cambi di direzione e tragitti alternativi o ortogonali. Una volta imboccata, resta poco da fare se non percorrerla disciplinatamente nella direzione indicata dalla sua unica dimensione spaziale. 

La varierà dimensionale del tipo 2
Il campetto liberato

A questa funzione, rafforzata dalle opere murarie laterali che la trasformano in una sorta di budello, si contrappone l’improvvisa apertura laterale del campetto liberato (foto precedente), non a caso per lungo tempo narcotizzato mediante incuria nella sua funzione di potenziale tonal dell’UDA filiforme.
Tra la varietà dimensionale e il possibile tonal, si spalanca il micrologico spazio di conflitto atmosferico, che proprio come quello incontrato in precedenza, è troppo piccolo per essere agevolmente analizzato nelle dinamiche esistenziali che internamente innesca.

I due punti sovrapposti: conflitto atmosferico tra tonal in potenza, punto in alto, e varietà dimensionale d’ordine inferiore, punto in basso

Dietro il campetto liberato s’innalza un’architettura in costruzione, che nei mesi a venire potrebbe anche minare l’esistenza e la funzione di questo coraggioso tonal. Vedremo, intanto la palazzina cresce e getta sguardi sempre più torvi all’indirizzo del campetto.

L’edificio in costruzione che sovrasta il campetto liberato

Usciamo dalla varietà dimensionale del tipo 2 immettendoci su via Varese, percorrendola fino a Viale San Josemaria Escrivá de Balaguer, dove ci attende un nuovo cratere da impatto. Questa volta a essere state abbattute non sono delle palazzine, ma un vecchio e immenso complesso di fabbriche. Al suo posto troviamo una desolante “assenza” dove, si dice, sorgerà l’ennesimo supermercato e una torre da venticinque piani. In tutto si tratterà di un complesso architettonico moderno, con alberghi e uffici, capace di occupare tanto spazio nella maniera meno razionale e più cementificatrice possibile. Il niente affatto condivisibile auspicio è che il borgo saronnese possa un giorno assurgere a costola integrata della megalopoli Milano. Insomma, un altro grande buco in attesa d’essere colmato di rampante neoliberismo. È a questo punto della storia che l’ufociclista Silvia, pur abitando in questa città da quando è nata, pensa per la prima volta in vita sua, che effettivamente Saronno somiglia proprio al Groviera!

Un altra drammatica eradicazione, questa volta su Viale San Josemaria Escrivá de Balaguer

Usciamo dall’ambizioso complesso e nuovamente su via Varese c’imbattiamo in una significativa piattaforma girevole. È Giacomo del collettivo Telos a farcela notare: una rotonda di medie dimensioni, con al centro l’immancabile praticello maniacalmente curato e, meno prevedibilmente, un gazebo in ferro che protegge una grande palla granitica, con su scritta la parola Saronno. Quanta surreale complessità! Sulla funzione della piattaforma girevole ci siamo già ampiamente soffermati (si vedano: Gilets Jaunes a bordo di dischi volanti. Le piattaforme girevoli e Esomediatore Frascati). Eviteremo quindi divagazioni foriere di sbandate e smarrimenti. Ciò che qui conta è la sua collocazione, e quindi la sua specifica funzione, in relazione agli oggetti ad essa più prossimi.

Piattaforma girevole surrelalista

Per comprendere la funzione, procediamo pedalando verso il prossimo oggetto significativo, un altro esomediatore: il Santuario della Beata Vergine dei Miracoli. La chiesa, che dà il benvenuto a chi entra nella città da nord ovest, è oggi circondata da un ampio sagrato, edificato forse con la recondita intenzione di farne una piazza. Al progetto, a parte la presenza di un’ampia seduta circolare che estroflette (proiettandoli come i raggi di una bici) tutti coloro che la utilizzano, manca scientemente l’apparato di seduta e di stazionamento vis a vis, proprio come ormai in uso in tutte quelle città che, coadiuvate dagli ultimi ritrovati nel campo dell’architettura ostile, e in nome del decoro, dichiarano guerra alle forme di socialità biologica (si veda: Come si ritonalizza una zona rossa – Sea Watch 3). Già, usiamo il generico concetto di biologia, perché a essere sempre più estromessi non sono solo gli umani, ma qualunque essere vivente.

L’esomediatore Santuario della Beata Vergine dei Miracoli
Ricognitori dinanzi all’esomediatore
Sempre l’esomediatore Santuario della Beata Vergine dei Miracoli, da un’altra prospettiva. Da qui è visibile la seduta estroflettente

Valutiamo quella del Santuario un’atmosfera altamente respingente. Gli elementi che ci spingono a questa conclusione sono molti:
1) la forma della piazza;
2) la disposizione a raggiera delle sedute;
3) il continuo via vai di automobili veloci sulla strada prospiciente la chiesa, che produce frastuono, immersi in cui, non è certo piacevole sostare.
Insomma, si tratta di un apparato centrifugo in tutti i sensi e per tutti i sensi. Nuovamente una molteplicità di funzioni:
1) sedimentata, quella dell’esomediatore;
2) situate quella del l’UDA armonica (si veda: UDA armoniche – Atto primo) e dello psico-dissuasore.
Sull’esomediatore abbiamo ben poco da dire oltre quanto scritto in precedenza e in altri rapporti. Possiamo aggiungere che al momento, al di fuori della chiesa si sono aggregate un po’ di persone in attesa dell’uscita dei novelli sposi, ovvero di due persone che si sono reciprocamente promesse eterna fedeltà al cospetto di un alieno e dei suoi vicari terrestri esomedianti.

Una piccola folla d’adoratori d’alieni, ma solo in circostanze mediate

Più interessante, invece, la funzione di psico-dissuasore, che dissuade dal vivere la piazza, producendo un effetto centrifugo (di cui abbiamo appena detto), ma potenziato quando messo in coppia con la funzione della piattaforma girevole (la rotonda armata di gazebo) poc’anzi incontrata. Anche la piattaforma girevole ha una funzione dissipatrice e sparpagliatrice dei flussi cittadini, ma decisamente meno vocazionalmente votata alla dissuasione, rispetto a uno psico-dissuasore, che ha invece un’esclusiva funzione “idrorepellente”.
Al contrario, la piattaforma girevole può essere, e spesso lo è, un elemento altamente rivitalizzante del tessuto cittadino, producendo inattesi disorientamenti e improvvise riconfigurazioni spaziali. Nel caso specifico, la vicinanza con lo psico-dissuasore rafforza la funzione sparpagliatrice e respingente che con la coppia si è generata.
Per quel che riguarda la UDA armonica, invece, possiamo considerare lo spazio della piazza come interessato da un’atmosfera molto compatta, prodotta dal rumore proveniente dalla trafficata strada adiacente. Nello specifico si tratta di un’UDA edificata dal frastuono che, a sua volta, rinforza la funzione centrifuga della piazza in questione. Potremmo definirne i contorni cromatici mediante Tavola cromatica degli stati d’animo, ma al momento non è il compito che ci siamo dati (si veda ad esempio: Ufociclismo a Omegna).
A proposito di psico-dissuasori, i componenti del collettivo Telos si accorgono di una presenza costante, visibile più o meno dal momento che ci siamo messi in marcia. Un’automobile grigia ci segue e si ferma ogniqualvolta la ricognizione si sofferma a ragionare sugli oggetti-funzione incontrati. Si tratta di una nota civetta della Digos che ci accompagna senza alcuna cautela nel celare la propria presenza. Si tiene a debita distanza, ma è costantemente presente.
Si tratta, allora, di un efficacissimo esempio di psico-dissuasore mobile, una sorta di zona rossa (si veda anche: Zone rosse: conflitto cromatico ed esclusione), semovente, che ovunque si sposta sovrascrive temporaneamente l’atmosfera sedimentata. Ci mettiamo l’anima in pace: siamo destinati ad avere la scorta e a sentire costantemente mutata l’emozione dei luoghi che attraverseremo.
Siamo nuovamente su via Varese, solo per pochi metri, prima di girare a destra immettendoci in viale Santuario della Madonna dei Miracoli, e poi subito in un coagulo di viuzze interne senza nome, ma indicate nella mappa qui sotto.

Dal basso verso l’alto sono indicati: la piattaforma girevole e i suoi flussi, l’esomediatore Santuario della Beata Vergine dei Miracoli, l’entrata di un sottopasso pedonale e piazza dei Mercanti. La linea rossa è il percorso effettuato durante la ricognizione. Tra il secondo e il terzo punto il coagulo di viuzze

Raggiungiamo uno degli accessi al bellissimo sottopasso pedonale che attraversa lo spazio di servizio dedito al transito ferroviario.

Sottopasso ciclo-pedonale tra l’esomediatore e piazza dei Mercanti
Sottopasso ciclo-pedonale tra l’esomediatore e piazza dei Mercanti. Bello!
Sottopasso ciclo-pedonale tra l’esomediatore e piazza dei Mercanti. I ricognitori violano la geometria spaziotempo dell’area ferroviaria
Sottopasso ciclo-pedonale tra l’esomediatore e piazza dei Mercanti. effettivi visivi tipici delle velocità relativistiche
Sottopasso ciclo-pedonale tra l’esomediatore e piazza dei Mercanti. Ne siamo fuori. Integri, nonostante l’orizzonte degli eventi

Ora le constatazioni che ci sentiamo di fare sono le seguenti:
1) questo tipo di varchi possono essere delle scorciatoie o degli strappi, lo decideremo osservando accuratamente la mappa;
2) questo tipo di passaggi generalmente mettono in comunicazioni UDA di diverso tenore atmosferico, e per questa ragione sono molto importanti.
Transiti di questo tipo eludo il limite a cui i due bordi delle diverse UDA tendono (si veda anche: conflitto atmosferico dei tipo 1), producendo un passaggio con caratteristiche anaffettive, cioè deprivato dalla percezione sensoriale del cambio d’atmosfera.
Nello specifico, le due aree messe in comunicazione da questo transito (nella mappa successiva indicate coi colori rosso e verde) sono atmosfericamente tra loro irriducibili: un esomediatore repulsore, da una parte, e un parcheggio (piazza dei Mercanti che i saronnesi amano chiamare piazza Rossa, per via dell’acceso colore rosso delle mattonelle, che una volta lastricavano il pavimento), dall’altra.
Chiamata anche piazza Ribelle, la seconda UDA è separata dalla prima da una terza (lo spazio di transito ferroviario indicato in blu), caratterizzato a sua volta da un’atmosfera completamente diversa rispetto alle precedenti (a tutta prima potremo parlare di un’UDA alienata, ma per esserne sicuri dovremmo approfondire le sue caratteristiche spaziali).

Riferimenti di massima delle tre UDA messe in comunicazione dal sottopasso ciclopedonale. I colori delle UDA sono solo distintivi e non designano il tipo di atmosfera

Da definizione ci troviamo quindi in presenza di uno strappo, ovvero di un transito ciclopedonale capace, di comprimere i tempi di spostamento da un’UDA all’altra, modificando lo spazio in cui queste esistono e prendono forma.
Al momento del nostro arrivo la piazza, che normalmente funziona da parcheggio si è trasformata in un campo da cricket per un gruppo di giovani indiani e in uno da calcio per giovani nostrani. Essa è particolarmente interessante perché tecnicamente si tratta di un attrattore in cui l’aggregazione è del tutto spontanea, ovvero non risponde a pratiche d’ingegneria sociale protese a creare intermittenza tra inclusione ed esclusione. Qui si viene per stare assieme senza particolari instradamenti e senza l’ausilio dello sbrilluccichio delle vetrine e delle merci, a differenza di altri spazi di ritrovo “ufficiali”. La conformazione della piazza, inoltre, alterna ampi spazi aperti adatti a giochi di squadra e aree più appartate e intime adatte alla pratica dell’infrattologia (per un più corretto senso del concetto di infrattologia si guardi l’opera dell’Associazione Psicogeografica Romana – una definizione rigorosa è contenuta in Ufociclismo. Tecniche illustrare di cartografia rivoluzionaria).

Piazza Ribelle: attrattore. Momento collegiale
Piazza Ribelle e i suoi occupanti temporanei

I ricognitori ritengono collegialmente degno di nota questo suo alternarsi di funzioni.
Silvia propone uno spunto di riflessione su come la libera aggregazione praticata in questo luogo, sia testimoniata dalla presenza di graffiti, frutto di una lotta continua tra governo della città e writers locali. Anella le fa da contraltare sottolineando come la piazza raccolga solo una fetta della popolazione, quella più giovane. Mamme con bambini e anziani preferiscono la piazza centrale, prossima tappa della ricognizione.
Ci rimettiamo in cammino verso il centro della città e più precisamente in direzione di piazza Libertà, il cuore pulsante della parte più antica di Saronno.
Contornata da baretti e negozi merciologicamente piuttosto prevedibili, al momento dell’arrivo delle biciclette pullula di gente e di suoni. L’atmosfera ricorda un po’ quella domenicale. Alla fine di corso Italia, nuovamente un esomediatore, la parrocchia dei Santissimi Pietro e Paolo con funzione, quasi certamente, di tonal (stavolta stabile) di questa UDA storica.
Ci guardiamo attorno e scrutiamo il tipico paesaggio dei centri storici italiani, fatto di colori e architetture familiari. C’è anche lo psico-dissuasore mobile che ovviamente ci ha seguiti anche qui. Anzi la nostra presenza sembra interessare un po’ tutte le autorità locali stazionanti in questo spazio. Ci sentiamo insolitamente osservati. Soprassediamo e ci guardiamo attorno per intercettare visivamente un possibile totem d’incongruenza. Ma qui, appare tutto molto coerente senza divagazioni atmosferiche di alcun tipo. Nessuna struttura in particolare attira la nostra attenzione.
Emergono spontaneamente una serie di riflessioni su questo spazio così simbolico. Ci soffermiamo sul suo tramutarsi atmosfericamente a seconda delle ore del giorno e del periodo dell’anno. Emerge un’interessante ipotesi: il totem d’incongruenza potrebbe non essere una struttura immobile, quanto piuttosto una condizione ambientale recante in sé una specifica funzione. Questa piazza almeno d’inverno si svuota, infatti, non appena cala il sole, emanando una lugubre sensazione di solitudine. Discorriamo sul concetto di paura e sul significato di “spazio vuoto”. Se fosse quindi questa condizione a funzionare da totem? Se fosse una circostanza ambientale a funzionare da disgregatore di questa aggregazione garantita e un po’ coatta? Se fossero queste condizioni al contorno a minare le fragili certezze del tonal?
Negli ultimi anni, le politiche di degravitazione umana dagli spazi, il loro trasformare i luoghi in “corridoi” di mero transito, la psicosi giustizialista da decoro, hanno risucchiato nel vortice espulsivo anche i centri urbani, un tempo vissuti ventiquattrore su ventiquattro e oggi svuotatisi di biomassa, ridotti a contenitori a mezzo servizio di una popolazione confinata negli avamposti della conurbazione. Ci pare sia esattamente questa la condizione di piazza Libertà e del suo flebile tonal (ci verrebbe da dire: “non ci sono più i tonal di una volta”). Ipotesi molto stimolante e applicabile in maniera generica a tantissimi spazi antropici. Ufociclisticamente ci sforzeremo di trovare un nome-concetto per questa peculiare funzione.

Soggettiva del tonal Santissimi Pietro e Paolo

Sono già passate un paio d’ore dalla partenza. Alcuni membri del gruppo mostrano i primi segni di cedimento psicofisico e di assideramento. Il repentino cambio di stagione ha scombussolato un po’ tutti, ma la maggior parte dei ricognitori resiste e continua con l’esplorazione.
Ci siamo immessi su via Roma, nuovamente in direzione della periferia saronnese. Qui si respira un’aria diversa e una diversa emozione. Questa parte di città è sicuramente meno affollata e più silenziosa. Le case sono prettamente villette borghesi con giardini curati ospitanti costose automobili.
Incontriamo una piccola piattaforma girevole e Marcello, che in quel momento guida il gruppo, inizia spontaneamente a orbitarci attorno… pochi altri ricognitori lo seguono, mentre altri lo osservano incuriositi. Si tratta di una pratica nota alla massa critica che serve proprio per esorcizzare e a volte neutralizzare la vorticosa forza disgregatrice delle piattaforme girevoli (si veda: Gilets Jaunes a bordo di dischi volanti. Le piattaforme girevoli).
Ben presto, l’attenzione dei ricognitori cade su un pezzo di strada che, brutalmente, impatta con l’antica ferrovia abbandonata, quella che collegava Saronno al limitrofo paese di Solaro. È interessante notare come i binari morti siano rimasti incastonati in terra delimitando con decisione una tagliata tra due file di case. Tutto ciò rafforza ancor di più la funzione di varietà dimensionale del tipo 2 del tratto di strada ferrata (si veda anche La varietà dimensionale 2 – Capranica-Civitavecchia).

La varietà dimensionale ex ferrovia Saronno-Solaro

Qui a differenza dell’opposizione varietà dimensionale/campetto liberato, nulla sembra contrapporsi allo strapotere della dimensione imperativa di questo canyon artificiale. Lo scorcio è comunque davvero suggestivo e costituisce anche una sorta di attrattore che ci piacerebbe seguire perdendoci nell’ambiguità esistenziale di un tratto ferroviario fantasma. I compagni del Telos assecondano il desiderio espresso dagli ufociclisti invitandoci a proseguire, onde re-intercettare la ferrovia in un punto ancora più caratteristico, ci dicono.
Prima di raggiungerlo, si attraversa il complesso delle case popolari dell’Aquilone.

L’Aquilone: case popolari
L’Aquilone, ancora

Fronteggiati da un parco, questi palazzoni ospitano persone di etnie e di strati sociali molto diversi: un vero e proprio pot-pourri.
Si dice che l’Aquilone rappresenti un coacervo di culture, colori e odori diversi. Nei suoi cortili le donne e i bambini si incontrano per chiacchierare e giocare, o più semplicemente per passare del tempo assieme, come si soleva fare una volta. Un po’ aulicamente si dice che all’Aquilone regna la pace. Ma a prima vista, questi enormi palazzoni grigi, fatti costruire qualche decennio or sono dall’imprenditore Berlusconi, producono una sensazione nettamente in contrasto con quanto appena sostenuto. Altri osservatori, più cinici, traducono l’idillio sopra descritto sostenendo che il decantato incontro di culture si risolve speso nel campestre frastuono di rumorosi grigliatori sudamericani che, di tanto in tanto, nel parco adiacente, condividono musica, calorosità e vivande con coloro che hanno voglia di socializzare. Altro non ci è dato sapere, se non comportandosi come novelli antropologi impegnati in una seduta di osservazione partecipante. Comunque sia, Cobol i palazzoni li trova belli, mentre Silvia ne percepisce l’orridume. I due si scambiano un po’ di disincantate visioni del mondo in fatto di architetture periferiche, ma alla fine ognuno rimane fermo sulla propria visione estetica.
Stiamo nuovamente incrociando la ferrovia dismessa, la varietà dimensionale. Abbiamo radicalmente mutato prospettiva, giacché i binari che inseguiamo scorrono ora su un terrapieno reso, nel punto in cui ci troviamo, discontinuo dalla presenza di un antico sottopasso, o ponticello, che in passato è stato al centro di animate polemiche. Alcuni saronnesi lo vorrebbero vedere morto per via del fatto che le sue dimensioni inibiscono il passaggio di grosse cilindrate. I “puristi archeologici” invece lo amano per via di quell’aria un po’ retrò. Evidentemente, almeno per il momento, il partito di quest’ultimi ha avuto la meglio.

Il primo dei sottopassi-ponticelli su cui corre la varietà dimensionale che stiamo inseguendo

Per noi la sua funzione è di separatore (si veda anche: Separatore Torre Spaccata), dato che inscena l’interruzione di compattezza dell’atmosfera dell’UDA. Lo si attraversa e si ha la sensazione di essere transitati in un’atmosfera diversa, una sorta di portale “stargate”, mentre in realtà l’emozione da un capo all’altro è esattamente la stessa.
Il parallelismo col primo Stargate (il film) è molto calzante: un complicato tunnel spaziotempo, solo per poi ritrovarsi di nuovo in una sorta di antico Egitto (la trama del film). Sì, il separatore può essere un oggetto deludente proprio come uno stargate. Tuttavia, diviene un elemento centrale qualora lo si inserisca all’interno di un più ampio e dettagliato studio di una UDA.
Subito dopo ne incontriamo un altro, più suggestivo:

I ricognitori lo attraversano anche qui non percependo alcun cambio d’atmosfera. Uno di loro, un’anima pia, è salito sul terrapieno e ripristina un lenzuolo con un messaggio d’amore. Il vento lo aveva ribaltato e quindi occultato. Per questo forse un amore era finito.

Decidiamo collegialmente di salire per goderci l’ultimo tratto di varietà dimensionale. Si abbandonano le bici in modo da inerpicarsi su per il terrapieno e camminare a contatto col ferro dei binari. Le biciclette restano al livello sottostante sorvegliate da Anella. A farle compagnia, c’è lo psico-dissuasore mobile che ha parcheggiato a una ventina di metri. E ci scruta. Forse dentro.
Qui la varietà dimensionale della ferrovia, se possibile, si declassa dal tipo 2 al tipo 1, sottraendo ancor più spazio a manovre non previste, col suo fare imperativo: “procedi! Non retrocedere! Mai!”.  

A cavallo della varietà dimensionale
Si sperimentano tecniche di violazione delle imposizioni della varietà dimensionale

Ai lati della strada ferrata ci sono solo dirupi scoscesi che non consento nessuna agevole manovra fisica o mentale che sia, se non rischiando ruzzoloni o tracolli psichici. Qui anche i pensieri sembrano compressi entro un lungo tubo da cui si fatica a venir fuori.
La bellezza del luogo fa da contraltare alla tipica sensazione che eziologicamente chiamiamo di claustrofobia da varietà dimensionale. Abbiamo la sensazione di essere contenuti nella materializzazione del concetto di “ineluttabile destino”. Ecco, se il destino fosse ineluttabile, sarebbe proprio come questo pezzo di ferrovia dismessa. Una varietà dimensionale di ordine inferiore come questa è un ottimo luogo in cui ragionare sul significato di “libero arbitrio”. Qualcuno dovrebbe organizzarci un dibattito. Ecco; si dice che forse il suo destino sarà quello di pista ciclabile: da una varietà dimensionale all’altra. Dalla padella alla brace. Una scelta alternativa potrebbe essere invece quella di spazio onomatopeico per ragionamenti sul destino, l’arbitrio e sinonimi dei due. Un corridoio convegni capace di penetrare fisicamente la concettualità esplorata. Di ciclabili invece ne abbiamo le scatole piene! La strada è di tutti e per le bici non vogliamo i vostri rachitici ghetti! Non ci chiuderemo volontariamente in una varietà dimensionale d’ordine inferiore! Nonostante per alcuni ciclisti urbani l’unica cosa di conto sembrano essere ciclabili e rastrelliere. Che povertà di spirito…
Comunque sia, ora regna un roboante silenzio e il tratto che percorriamo a piedi ha un sapore indefinibile: sospeso. A tratti è romantico, giacché, seppur abbandonati, i binari narrano ancora di storie di viaggi lontani nel tempo. Prevale tuttavia un senso denso di desolazione, scaturito dalla vista di quei binari tanto fragili e implacabilmente destinati a finire nel vuoto. Ma prima del salto nel vuoto, alla nostra destra si apre la vista di un bellissimo parchetto che possiamo osservare da posizione sopraelevata.

Gan eden

Sembra chiuso su tutti i lati da vegetazione molto ben curata (forse troppo), mostrandosi, quindi, come spazio apparentemente inaccessibile, chiuso da un lato da alberi fitti e dall’altro dal terrapieno ferroviario su cui ci troviamo. A guardarlo così è possibile immaginare, al suo interno, lo sviluppo di specie animali e vegetali autoctone assolutamente originali. Si tratta sicuramente di un’illusione prospettica, ma ce la godiamo dato che ci ricorda il bel gan eden incontrato in una ricognizione nel quadrante sud-est di Roma (si veda: Intersezione Togliatti).
Siamo dentro al nostro Viaggio al centro della Terra, vecchia pellicola che narra di un mondo all’interno del mondo, popolato da animali, da piante e da atmosfere sopravvissute alla fine delle ere preistoriche.
A fianco al parchetto-ganeden s’innalza una struttura ufomorfica che immortaliamo nella sua prepotente ostentazione. Si tratta ovviamente di una navicella aliena intenta ad atterrare nel gan eden (e dove altrimenti?): una scena che tanto piacerebbe a Mauro Biglino, su cui potrebbe sciorinare decenni di video per i suoi accoliti complottisti.

Struttura ufomorfica

Registriamo fotograficamente e su mappa questa struttura come significativa perché da sempre attratti dalle conformazioni ufomorfiche che, più o meno consapevolmente, invadono le città, offrendo prospettive di fuga immaginifiche.   
Giungiamo rapidamente al limite della ferrovia fantasma e con lei della varietà dimensionale del tipo 1. Una varietà dimensionale di grado così basso non poteva che terminare in modo così grossolano, brusco e irragionevole: una fine senza compromessi, “senza se e senza ma”. Oltre, qui, proprio non si procede: c’è un complesso di pali e inferiate a impedircelo. Ma soprattutto c’è un differenziale di altitudine difficilmente colmabile con un salto umano. Siamo in presenza di una funzione occultatore (si veda anche: Separatore Torre Spaccata).

Il ponte ferroviario prima della fine
L’occultatore – fine della varietà dimensionale. I binari sotto visibili sono del nuovo tratto ferroviario

Lo slancio sul vuoto lascia intendere una continuità dell’atmosfera di questa UDA, mentre in realtà al di là del limite si apre tutta una zona caratterizzata da un’atmosfera completamente diversa. L’occultatore è un po’ il “voler-essere” dello stargate, e non a caso funzioni come l’occultatore e il separatore hanno definizioni simili, ma contrarie. 
Torniamo rapidamente a recuperare Anella e con lei le biciclette. Lo psico-dissuasore mobile non se l’è portata via.

Ripercorriamo il ponte ferroviario a ritroso. Facendo attenzione.: violare il senso di una varietà dimensionale d’ordine inferiore può essere pericoloso

Percorriamo alcune stradine strette nei dintorni del ponticello fino a giungere all’imbocco con via Milano. Qui accade qualcosa di abbastanza insolito, un inatteso sbalzo termico, segno tangibile e pervicacemente sensoriale di un radicale cambio d’atmosfera, tanto termico che psico-emotivo: un piccolo shock. Anche se la giornata è già di per sé piuttosto fredda, come ci si addentra per via Milano, si percepisce una drastica diminuzione della temperatura. La via caratterizzata da un sottopasso stradale costeggia da un lato una zona ex industriale in abbandono, completamente riassorbita dalla vegetazione, e dall’altra il cimitero cittadino. Ci fermiamo alle porte di quest’ultimo

Cimitero cittadino

Dal punto di vista della funzione, si tratta di una cuspide (si veda: Cuspide via Prenestina), uno stratificatore storico e archeologico che racconta, se analizzato con tecniche stratografiche, sempre qualcosa della città. Da questo punto di vista, i cimiteri sono accomunabili alle discariche (fatti i debiti distinguo), alle rampe dei parcheggi e a tutti quei luoghi in cui spontaneamente si accentrano e si accumulano i residui e gli scarti del vivere quotidiano.
Dalla parte opposta al cimitero, dentro l’area dismessa dovrebbe sorgere un campus universitario, ma al momento ivi si è sviluppato un bosco dove, si dice, abbiano dimora forme di vita aliene e volpiformi: forse anche questo un jurassic park o un gan eden. Ma su questa specifica area le sorprese non mancano e gli dedicheremo un supplemento a parte.
Ora raggiungiamo gli edifici d’ingresso a questa area, collocati all’incrocio tra via Milano e via Varese. Qui, fino a qualche anno fa, c’era lo spazio occupato Telos liberato dall’omonimo collettivo. Oggi lo spazio è disoccupato e completamente cementato onde impedire l’accesso (con ogni mezzo necessario) a curiosi e intraprendenti esploratori. La facciata cementata, con porte e finestre riassorbite dai muri, al modo di cicatrici, costituiscono un totem d’incongruenza (funzione situata) in questa zona spopolata di cui però al momento non siamo in grado di identificare, con nostra grande frustrazione, il reciproco tonal.  

Totem d’incongruenza ex Telos
Un’occhiata dall’alto alla zona boschiva possibile UDA contattistica e probabile sede di un gan eden. Meno aulicamente potrebbe anche trattarsi della zona del film Stalker

Siamo anche alla fine della ricognizione. Qui la mappa intera ingrandita.

La mappa topografica con il percorso e le funzioni incontrate. Ingrandisci
Mappa di percorso e funzioni senza topografia
Topografia con percorso. Ingrandisci
Legenda delle funzioni e degli oggetti (a seguire)

1 punto di raccolta parchetto;
2 esomediatore San Giuseppe Confessore;
3 totem d’incongruenza cratere torricelliano;
4 generica propaggine del totem fabbrica dismessa;
5 varietà dimensionale stradina, tonal in potenza campetto liberato, conflitto atmosferico;
6 altro cratere d’impatto neo liberista;
7 piattaforma girevole rotonda surrealista;
8 UDA armonica, psico-dissuasore, esomediatore Santuario della Beata Vergine dei Miracoli;
9 strappo sottopasso ciclopedonale;
10 attrattore piazza Ribelle;
11 esomediatore, (tonal) Santissimi Pietro e Paolo;
12 varietà dimensionale ex ferrovia Saronno-Solaro;
13 case popolari l’Aquilone;
14 separatore ponticello 2;
15 gan eden parchetto;
16 struttura ufomorfica;
17 occultatore fine varietà dimensionale;
18 cuspide cimitero cittadino;
19 UDA contattistica zona ex Telos (che tratteremo tra poco);
20 Totem d’incongruenza ex Telos – fine ricognizione

SUPPLEMENTO

La teoria (critica) ufociclista dello spazio, tra le altre cose divide gli oggetti urbani in funzioni e apparati. Finora abbiamo incontrato tutte funzioni: dissuadere, attrarre, scompigliare, “far-fare”, occultare e così via altre cose.
L’oggetto che andremo ora a descrivere è un po’ più complesso, un vero e proprio apparato. Come tale esso è un aggregatore di più funzioni (una macro, potremmo dire) che da vita a un oggetto articolato dal funzionamento dinamico.
Partiamo dall’osservazione della mappa, proprio nel punto di fine della ricognizione, laddove un tempo c’era lo spazio occupato Telos.  

L’ex Telos, il primo punto rosso a partire dal basso

È facile notare che l’edificio in questione si trova al centro di due direttrici costituite da via Varese e via Milano. Lasciamo stare le vie in quanto tali, per il momento. Ora concentriamoci sull’ex Telos. Dal punto di vista delle funzioni esso è stabilmente un omphalos.
L’omphalos è sempre definito dal suo rapporto con due oggetti immateriali detti ley line.
Le ley line sono linee rette (geodetiche per la precisione) definite almeno dall’allineamento di tre punti (segnalatori) significativi nello spazio. Allora:
ley line 1: totem (ex Telos) + cuspide (cimitero) + esomediatore (parrocchia dei Santissimi Pietro e Paolo).
Ley line 2: totem (ex Telos) + piattaforma girevole (rotonda con gazebo) + esomediatore (Santuario della Beata Vergine dei Miracoli):

Omphalos e relative ley line emerse grazie ai segnalatori

L’ex Telos è presente in entrambe le ley line come funzione situata (totem) e come funzione sedimentata (omphalos).
Le ley line di per sé sono oggetti molto interessanti per via della congiunzione spontanea che disegnano e che designa una sorta di linea pregna di senso, nel tessuto urbano.
Un tempo le ley line erano interpretate anche come “linee magiche” per via del significato pratico e/o rituale che rivestivano.
Quando due ley line hanno base comune (omphalos), cioè si originano da un medesimo punto, danno vita a quello che ufociclisticamente si definisce sottospazio o span. Il sottospazio, a sua volta, è il campo di generazione di una terza ley line (risultante), che è il prodotto vettoriale delle due precedenti e che serve a definire l’ampiezza dello span stesso oltre che la direzione e il verso della ley line risultante. Nella mappa successiva è mostrato come ottenere lo span da due ley line convergenti mediante regola del parallelogramma, ovvero doppiando e ribaltando le ley line così da ottenere un parallelepipedo.

Ley line e origine comune
Ley line e applicazione della regola del parallelogramma: la prima linea verde in basso a sinistra diviene la seconda in alto a destra e lo stesso per l’altra linea. Ingrandisci
Lo span ottenuto mediante regola del parallelogramma nella prima immagine, mentre nella seconda le frecce blu indicano le traslazioni da compiere per ottenere lo span

Ora, uno degli obbiettivi che l’ufociclismo si propone mentre esplora lo spazio antropico, è quello della ricerca di UDA contattistiche, ovvero di quegli spazi che per loro natura offrono le migliori condizioni per il contatto tra umani terrestri e umani e (eventuali) visitatori provenienti da spazi extraatmosferici.
L’estensione di alleanze con forme di vita poste nell’extraatmosfericità è sempre stata una priorità, e lo ancor più oggi che il neoliberismo inaugura una nuova era di conquiste territoriali al di fuori della biosfera (capitalismo multiplanetario e space economy).
Le UDA contattistiche sono virtualmente spazi totalmente inclusivi, ma spesso sono anche posti “misteriosi” e decisamente pericolosi. Il contatto è auspicabile ma mai scevro da rischi, dato che le sue giuste modalità a volte restano opache.
Qui (pdf: da “Ley line come linee energetiche” in poi) per chi fosse interessato alla procedura per comprendere se uno span e anche un’UDA contattistica e che, in sintesi, dipende dall’orientamento della terza ley line generata.

La ley line risultante: evidenziata la direzione e il verso
La risultante sul territorio urbano di Saronno

Ci pare molto significativo che l’ex Telos sia sorto proprio sull’omphalos di una UDA potenzialmente contattistica (ora capiremo se lo è davvero). Significativo, ma non sorprendente, dato che la vocazione di uno spazio liberato è proprio il suo essere restituito all’inclusività del territorio che occupa.
Lo span dell’ex Telos è molto ampio e la superficie utile alla ricerca dell’UDA contattistica vera e propria andrebbe meglio discriminata affidandosi anche ad una più accurata conoscenza del luogo e a una sua eplorazione in loco, cosa che al momento pare non possibile.
Prioritario è sottolineare questa concomitanza di funzioni sedimentate e di trasformazione dei luoghi in base a una qualche forma di vocazione territoriale. Ci sembra molto bello immaginare le potenzialità d’autonomo sviluppo ambientali in un’UDA contattistica. Cosa starà accadendo in questo momento nell’ex Telos? Quali forme di convivenza spontanea si staranno sviluppando?
Cosa ci dice la ley line risultante secondo la teoria ufociclista? Un oggetto volante che si muovesse nella direzione e nel verso del nostro vettore (da sud verso nord), guidato dal differenziale d’intensità dell’attrazione terrestre, procederebbe perdendo potenziale gravitazionale, ovvero diminuendo velocità, così da manifestare un’intenzione positiva al contatto. A tutti gli effetti, quindi, lo span dell’ex Telos è un’UDA contattistica.
Il suo futuro è invece piuttosto torbido. Le vocazioni possono essere facilmente ricoperte da colate di cemento e sepolte sotto l’urgenza di interessi più cogenti, ma in fondo tali rimangono per, prima o poi, riemergere.

Grazie a Loste Cesare per aver prestato la bici a Cobol

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La struttura soggiacente – 18/01/20

Di Cobol, Ora Nel, Ignazio Stelletsky.

Siamo nuovamente in ricognizione, alla ricerca di strutture apparentemente invisibili: relazioni tra oggetti incontrati nella città (case che “dialogano” con parchi, che dialogano con vialetti, che dialogano con dissuasori, che dialogano con giostre eccetera), nel più generale spazio detto antropico.

La verifica dell’esistenza di una struttura significativa (argomentabile) entro un’apparente causalità d’elementi antropici dovrebbe appartenere al dominio delle epifanie, ovvero all’emersione inattesa di legami significativi in un’osservazione d’insieme e  disinteressata, di una porzione di spazio. Ufociclisticamente definiamo questa emersione come costellazione cogliendola ancora nel momento del suo essere non del tutto esplicita e rappresentabile. “Intuizione” è un concetto sicuramente connesso a questa esperienza di scoperta. Anche “sensazione”: la sensazione di trovarsi all’interno o di fronte a un insieme più articolato e dotato d’intelaiatura.
Per cercare di concretizzare questa idea (per visualizzarla) ci serviamo di uno strumento che può essere considerato anche come una sorta di “palestra per cercatori di costellazioni”: lo stereogramma.

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L’immagine precedente (qui per vederla più grande) va osservata al suo centro lasciando che gli occhi convergano soporiferamente (qui una descrizione metodologica più estesa). In linea di massima dopo pochi secondi dovrebbe emergere dall’apparente caos un’immagine tridimensionale.
Esistono stereogrammi più semplici di questo, può quindi valere la pena allenarsi con altri rintracciati in rete. Abbiamo scelto questo perché le immagini di pesci visibili in condizioni normali (bidimensionali) tendono a distrarre l’osservatore, proprio come avviene quando si è in cerca di strutture soggiacenti, in cui i dettagli della scena ci distraggono facendoci concentrare su singoli oggetti, che opacizzano la visione d’insieme, inibendo l’emergere della possibile costellazione.
Tutto ciò non significa muoversi negli spazi antropici rovinandosi la vista per cogliere elementi sottesi non visibili; si tratta solo del tentativo di rendere più solida l’idea di struttura che emerge da un contesto: costellazione.
Un altro interessante riferimento circa le strutture soggiacenti è testimoniato dall’utilizzo di metodologie topologiche nella ricerca archeologica. Quest’ultima connessione d’indagine promette anche di avere valore predittivo circa l’individuazione di elementi, oggetti, siti eccetera, facenti parte di una relazione architettonica, ma non ancora individuati come aventi legami.
Dovrà quindi esistere una qualche forma di somiglianza tra topologia e stereogrammi, ma per fortuna non ci occuperemo al momento di produrre illazioni a tal proposito.

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Nella foto precedente: siamo sulla penisola spartitraffico di via Labico, incrocio con via dei Gordiani (a Roma). Non è il punto di partenza di questa ricognizione, ma il luogo mediano della struttura sottesa che vogliamo far emergere.
Ripasseremo per questo spot tra poco, ma ora ci rechiamo all’appuntamento con altri ufociclisti ricognitori.

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Ecco il nostro punto di partenza: via dell’Acqua Bullicante, all’angolo con via Policastro. Quest’ultima, la strada visibile nella foto precedente, è quella che per prima intraprenderemo.
Prima di farlo osserviamo la foto che segue:

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Via dell’Acqua Bullicante (foto precedente). La foto ci serve per cogliere il tipo di contesto altamente antropizzato da cui stiamo partendo: quartiere, Torpignattara, densamente abitato a ridosso di una grande arteria cittadina (via Casilina). La zona si è mostrata, a suo modo, capace di resistere ai processi di gentrificazione che interessano invece i due quartieri con simili caratteristiche che lo circondano: il Pigneto a ovest e Centocelle a est. Ufociclisticamente si parla di conflitto atmosferico del tipo 1, anche se generalmente preferiamo utilizzare questo concetto non propriamente per spazi estesi come quartieri, ma per unità di spazio meno ampie come le UDA.
Via Policastro, che ci accingiamo a percorrere, è una rampa di lancio verso un’atmosfera del tutto diversa da quella appena descritta: una vera e propria interfaccia, una membrana di traspirazione, che nel suo dispiegarsi assume il ruolo di occultatore. Questa categoria cartografica ha la funzione di sminuire il brusco mutamento d’atmosfera che seguirà. Così facendo “previene” uno “shockante cambio di scena”, agendo cosmeticamente sull’eliminazione di una discontinuità (si veda Separatore Torre Spaccata). I “cambi di scena” sono elementi importanti della nostra ricerca giacché sono la spia di un qualche tipo di opposizione (pilotata o meno), di contrasto (prodotto o involontario) in una più complessiva “battaglia” per determinare il carattere emotivo della città. In questo senso, gli occultatori sono elementi da scovare ed evidenziare nel loro ruolo di omogenizzatori.
L’occultatore ha sempre un ruolo di mediazione (axis mundi) entro i conflitti atmosferici (un po’ come i sindacati asserviti ai padroni). Qui, come è avvenuto in passato, potremmo aspettarci di rinvenire comportamenti o strutture anomale (si veda ad esempio: Ley line Tor Sapienza) prodotti dal formarsi di una zona d’interferenza che miscela (a volte pericolosamente) attributi tra loro moto diversi appartenenti a divaricanti atmosfere che si fronteggiano. Non è comunque il compito che ci siamo dati quello d’analizzare zone d’interferenza, quindi transitiamo rapidamente senza  scorgere incidentalmente nessun tipo di anomalia o psico-bizzarria.

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In cima a via Policastro si apre via Labico, l’accesso privilegiato a un’atmosfera del tutto diversa. Gran parte delle aree attraversate da via Labico non sono accessibili, nel senso che mancano quasi del tutto traverse o altre via di fuga. Questa peculiare strada si comporta quindi come una sorta di tubo, o di tapis roulant, che ci consente di attraversare un’atmosfera altrimenti invalicabile: ma di tubo permeabile stiamo parlando.
Cartograficamente la tratteremo come una varietà dimensionale del tipo 2: essa ci costringe entro una limitatissima varietà di comportamenti, non offrendo, tra l’altro, alcuna via di scampo (sottrazione emotiva e fisica) alla totale immersione nell’atmosfera che attraversa (proprio come quando si è trasportati da un nastro trasportatore). Il fatto di essere intrisa dell’emozionalità che taglia, di assorbire l’atmosfera in cui è immersa, la rende incompatibile con la funzione di intersezione a cui erroneamente si potrebbe associare, per via della sua totale “apatia intersezionale”. Se si trattasse di un’intersezione si comporterebbe sociopaticamente rispetto all’atmosfera che attraversa (si veda Intersezione Togliatti) alienandosene definitivamente. Invece no, in questo caso siamo pienamente all’interno di una precisa emotività fortemente deantropizzata, scarsamente dotata di strutture umane visibili (ci riferiamo prioritariamente a case e ad automobili parcheggiate).
Tubolarità e deantropizzazione sono sicuramente gli attributi che più caratterizzano questa varietà dimensionale che ci costringe, al massimo, entro due sensi di marcia.
Tutti gli spazi (e superfici) sono varietà dimensionali. Ufociclisticamente ci curiamo di evidenziare solo quelli d’ordine inferiore (1 e 2) per via della loro forza imperativa. Cosa puoi fare entro una varietà dimensionale del tipo 2? Avanza! Arretra! Procedi di moto uniformemente accelerato! A questo servono un tubo o un tapis roulant: a spingerci quasi ineluttabilmente nelle braccia di qualche apparato posto all’altro capo.
Se si è in cerca di atmosfere molto ben sedimentate, una varietà dimensionale d’ordine inferiore può essere un ottimo indicatore, una sorta d’indicazione stradale.
Ci siamo fermati un attimo perché Cobol ci sta raccontando della sua particolare esperienza con un tubo.

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Nella foto precedente (e nelle due che seguono) siamo sempre su via Labico, con le poche abitazioni che l’arredano. Si ha la netta sensazione di aver definitivamente abbandonato il centro urbano in favore di una zona rurale, con le poche case e casali presenti (bassi e unifamiliari) che ricordano quelli generalmente rintracciabili in provincia.
Percorrendola, via Labico ha ceduto, qua e là, in compattezza concedendosi qualche divagazione traiettoriale. Non ci siamo addentrati, ma abbiamo sorpassato viottoli con grappoletti di casucole che ricordano i centri dei piccoli paesi. Tutta questa zona si presenta come un’enclave molto bella da attraversare, in cui ci si può momentaneamente dimenticare di essere ancora a Roma.

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La sensazione d’abbandono della città dura però molto poco. Dopo alcuni minuti raggiungiamo un punto di visuale che ci consente finalmente di scorgere una più ampia porzione di spazio circostante e di quello a venire. Dopo una così netta cesura col resto della città, ci si para dinnanzi la veduta della zona di villa de Sanctis, con i suoi alti edifici orientati a raggiera: si vedano la foto e la mappa che seguono.

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La visuale sempre da via Labico. Ci siamo fermati in un piccolo slargo da cui è possibile osservare una più ampia porzione di città. Non siamo riusciti a identificare le strutture artistiche o d’arredo presenti sul prato inaccessibile, ma appaiono abbastanza surreali

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Nella mappa è visibile la struttura a raggiera con cui si presenta il quartiere

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Siamo nuovamente sulla penisola spartitraffico menzionata all’inizio di questo rapporto, ma questa volta stiamo guardando alle nostre spalle, verso via Labico che abbiamo appena percorso e che costituisce un’UDA molto caratteristica, come abbiamo visto. La foto restituisce molto efficacemente l’idea di tubo/nastro trasportatore che abbiamo evocato all’inizio.
Ci immettiamo su via dei Gordiani costeggiando la raggiera di edifici.

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L’apparente impenetrabilità di queste interminabili file di palazzi è tradita da una illusione di trasparenza (vedi foto precedente) che ci da la sensazione di poter osservare l’interno delle abitazioni, come si trattasse di una parete, di uno strato, di tela di iuta.
Per una manciata di secondi restiamo fermi a guardare questa superficie, ipnotizzati, come se dietro l’apparente trama si potessero scorgere le sagome degli occupanti umani, intenti nel dispiegare indisturbati la propria casalinga quotidianità.
L’ufociclista Ora Nel propone una piccola deviazione dal percorso che ci eravamo prefissati in modo da entrare brevemente all’interno di villa de Sanctis. Lì potremo documentare la Luna di Costas Varotsos che troviamo molto bella (immagine che segue) e particolarmente pertinente con la ricognizione ufociclistica.

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Alle spalle della luna c’è un parchetto attrezzato per i bambini. Rileviamo che alcune delle attrezzature paiono molto adatte all’allenamento di cosmonauti in erba, tanto più che il simulacro lunare può facilmente ispirare il gioco, istruendolo involontariamente, verso quello scopo extraatmosferico.
Ritorniamo di poco sui nostri passi (o sarebbe il caso di dire sulle nostre due ruote) e uscendo dalla villa ci sorprende una bella visuale, più prospettica rispetto alle precedenti, del caseggiato a raggiera (foto che segue). Le file di palazzi alleggeriscono il complesso architettonico degradando man mano che si avvicinano all’ipotetico centro in cui i raggi convergono. Il colpo d’occhio, anche grazie alla giornata tersa, è a suo modo piacevole, pur non alterando quella sensazione di trovarsi al cospetto di un tipico alveare umano, tanto diverso dal paesaggio di via Labico che ci siamo lasciati alle spalle.

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Ci avviciniamo ai palazzi. Da questa posizione non sono visibili, ma al di sotto dei filari abitativi, a mo’ di buco di talpa, si aprono dei varchi, dei fori, che spezzano l’apparente monoliticità dell’alveare.

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Eccoci quindi dinanzi al primo varco su via Banal. A Roma la soluzione del ponte incluso in strutture abitative non è molto praticata e quindi, quando incontrata, diviene sempre elemento di curiosità. Riflettiamo sulla frustrazione provata dell’inquilino del primo piano sulla sinistra, circa il ridimensionamento del proprio balcone.

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Giusto il tempo di rendersi conto di una certa varietà nel motivo architettonico dominante (si vedano le tre foto precedenti) che conferma quell’idea di “non troppo dispiacere” rispetto a un così ampio e uniforme complesso abitativo, che avrebbe potuto sicuramente riservare delle brutte sorprese. Giusto il tempo, dicevamo, dato che già ci troviamo dinnanzi il varco d’uscita dell’alveare (foto che segue), intercettato in uno spazio in cui il numero delle abitazioni, e quindi dei passaggi, si assottiglia.
Contiamo di tornare a breve per effettuare un giro più centripeto, laddove i nuclei abitativi, almeno sulla mappa, appaiono più densificati.
Ci scappa un parallelismo con la Via Lattea e la posizione, in essa, del sistema solare. I sottopassi divengono allora dei punti di collasso dello spaziotempo e così via… distorcendo.

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Siamo all’incrocio tra via Banal e via Belmonte Castello dove si apre la piccola via pedonale mostrata nella foto che segue. Il tutto si presenta con una peculiare aria d’incompiuto, con quel minaccioso guard rail lasciato (dimenticato) probabilmente a testimonianza di un tempo in cui questa zona (con ancor meno densità abitativa) si presentava ancor meno conurbata e più selvaggiamente attraversata da indisturbati  flussi automobilistici.
Questa idea fa da trait d’union con quella sensazione d’abbandono della città che avevamo respirato su via Labico. Osservando allora la mappa ci accorgiamo che questa strada è in effetti sempre via Labico, ma con un nome diverso.

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Dalla stradina ciclopedonale si può accedere a un varco del parco Romolo Lombardi (foto che segue) che nel frattempo si è dispiegato sulla nostra strada (nella mappa totale a fine rapporto, il parco Romolo Lombardi è segnato con il nome di giardino Camilli).

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Il pasoliniano varco per il parco Romolo Lombardi

Sappiamo molto poco su questo parco che se osservato da vista aerea appare rosicchiato su tutti i lati da strutture commerciali e industriali come capannoni e tensostrutture, alcune delle quali in stato d’abbandono. Sempre da vista aerea ci si accorge che si tratta di uno spartiacque, un cuscinetto, tra il quartiere Prenestino Labicano e Centocelle. Un pezzo di verde raso al suolo, ridotto a steppa, che resiste alla compressione di due giganteschi quartieri che lo avvolgono. Il transito dall’uno all’altro per via Prenestina (la consolare più utilizzata per questo tipo di passaggio) è invece assolutamente “indolore”, completamente impercepibile, capace di narcotizzare tutte le differenze d’atmosfera che invece il nostro percorso ci sta evidenziando.
Nel percorso fino a questo momento compiuto, il complesso abitativo a raggiera, l’alveare, potrebbe apparire come un separatore. Si tratta di una categoria cartografica simile all’occultatore (incontrato in precedenza), ma opposto di funzione. Cosmeticamente il separatore inscena una discontinuità in uno spazio che discontinuo non è. Le due aree verdi di via Labico e di parco Lombardi possono infatti apparire come un tutt’uno, ma di fatto non è così. Si tratta invece di UDA molto diverse tra loro, esprimenti diverse atmosfere, tenute realmente separate dal complesso abitativo che fino ad ora abbiamo descritto.
L’attraversamento del parco prevede l’immissione su di un viottolo di terra battuta. Anch’esso potrebbe essere letto come una varietà dimensionale, stavolta del tipo 1. Se rigidamente interpretato e intrapreso lo può divenire in effetti, ma di fatto si propone con poca pressione normativa su coloro che lo attraversano. Abbandonarlo in favore del restante spazio circostante è sempre possibile, invertendo la marcia o arricchendola di divagazioni spaziali.

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Siamo dentro il parco Romolo Lombardi e ci siamo appena lasciati alle spalle il varco di via Belmonte Castello. Nella foto è ancora visibile il famoso guard rail

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Il viottolo attraversa il parco simulando una varietà dimensionale d’ordine inferiore. Ma solo di messa in scena si tratta…

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… ecco infatti che un impavido ufociclista ha abbandonato la stradina per fotografare un simbolo avvincente della spettralità del parco

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Qui per sottolineare il concetto di spettralità

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Strutture abbandonate nel parco. Costeggeremo la recinzione in alluminio verso sinistra

Stiamo procedendo a piedi nel parco spingendo a mano le biciclette. Costeggeremo la recinzione in alluminio assecondandola su tre lati.

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Abbiamo raggiunto la fine del lato prima visibile e cammineremo paralleli a quello ora visibile nella foto precedente.

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Ancora intenti a costeggiare il secondo lato della recinzione in metallo. Qui il viottolo inizia a somigliare davvero a una varietà dimensionale d’ordine inferiore

Abbiamo circumnavigato la recinzione e ci troviamo di fronte a uno spettacolare esemplare di quercia (foto che segue).

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Qualcuno l’ha elevata (non senza evidenti ragioni) a tonal del parco, arricchendola con motivi rituali e simbolici che per lo più sfuggono al nostro tentativo d’interpretazione (si vedano le tre prossime foto).

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Procediamo ancora per un centinaio di metri lungo il viottolo come è possibile vedere nella foto successiva…

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… fino a riemergere all’entrata di una struttura sportiva calcistica (foto che segue).

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Attraversiamo il varco e siamo di nuovo in mezzo alla città (foto che segue).

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Alla fine di una discesa ci troviamo su viale della Primavera all’inizio del quartiere Centocelle (foto che segue).
Ufociclisticamente il viottolo, che fin qui ci ha condotti, è uno strappo in quanto passaggio ciclopedonale che connette due UDA (l’abitato a raggiera da una parte e viale della Primavera dall’altra) attraversandone almeno una terza (quella del parco). Gli strappi hanno sempre attributi peculiari data la loro funzione di servizio; si presentano spesso come oggetti decontestualizzati perché accelerano il transito tra atmosfere, consentendo all’attenzione di chi li percorre, di restare avvinghiata al contesto del passaggio, cioè dell’UDA attraversata. Su un piano formale lo strappo è la funzione inversa dell’intersezione.
A differenza dell’occultatore, invece, lo strappo non cela gli elementi di progressivo mutamento del passaggio, ma li velocizza cineticamente tanto da renderli appena percepibili e distinguibili.

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Viale della Primavera: un’altra UDA

pianta intera piccola

La mappa completa. Qui molto ingrandita

Torniamo quindi alla questione iniziale dettagliando anche meglio la collocazione degli oggetti e delle relazioni sulla mappa.
Per oggetti intendiamo qui gli oggetti cartografici, omettendo il concetto più completo di oggetto sequenza che però al momento non ci torna utile approfondire.
Per relazioni intendiamo, invece, gli effetti di senso che si producono dalla messa in struttura degli oggetti.
Fino a questo momento abbiamo elaborato i seguenti modi  per mettere in struttura gli oggetti:
vicinanza a;
contatto con;
allineamento a;
inclusione in;
prossimità da (allontanamento);
in successione;
in opposizione a.
Uno strappo, ad esempio, crea una relazione di “vicinanza a” che ovviamente non è geografica, ma relativa alla struttura. Un tipico modo di rappresentare ufociclisticamente lo strappo è, sempre ad esempio, quello di elidere la UDA di servizio (discontinuità eliminabile) congiungendo le due UDA di partenza e di arrivo. Ciò crea sicuramente confusione, ma in tali casi va rammentato sempre che le mappe ufociclistiche non vengono elaborate per orientare (per quello esistono già le mappe comuni), ma per “produrre” atmosfere o se si preferisce campi (per questo approfondimento di può vedere il testo UfoCiclismo. Tecniche illustrate di cartografia rivoluzionaria).
In ogni caso, una mappa ufociclistica fatta con tutti i crismi non si pone l’esigenza di orientare, ma di descrivere l’irrappresentabile, approssimandocisi il più possibile.
Atmosfere e conflitti atmosferici, ma anche campi e strutture soggiacenti, sono concetti difficilmente trascrivibili, quindi la mappa ufociclistica si concede libertà figurative e narrative che non asservono necessariamente altri scopi (l’orientamento ad esempio).
Nelle mappe ufociclistiche è più importante ciò che non si vede che ciò che è già visto o è visibile a tutti.

tensore

L’immagine precedente si riferisce alla rappresentazione (poco accurata perché solo esemplificativa) dello strappo prodotto dal viottolo del parco Romolo Lombardi. Il tensore, che non rappresenta un oggetto reale ma una semplice funzione, sta a indicare l’avvenuta implosione dello spazio a opera dello strappo.
Questo tipo di descrizione è tuttavia poco utilizzata (o utilizzata prevalentemente come ricombinazione conclusiva di una mappa definitiva), giacché si preferisce coniugare in una unica rappresentazione grafica la funzione orientativa e la funzione combinatoria. Per questa ragione, nel tempo, l’implosione (detta tecnicamente permutazione) è stata sostituita dall’uso di icone.
Torniamo nuovamente alla mappa completa.
In arancione abbiamo segnato il percorso effettuato da via dell’Acqua Bullicante a viale della Primavera. Degli oggetti indicati gli unici di cui non abbiamo ancora dato conto sono:
– il totem d’incongrenza (tensostruttura);
– lo psico-dissuasore;
– la affordance attrattiva (un cancello spalancato).
Dato che nell’UDA del parco abbiamo rintracciato il tonal (la quercia), di conseguenza deduciamo l’esistenza di un totem, posto in struttura come “in opposizione a” al primo. Si tratta dei due oggetti, aventi funzione inversa: i più rappresentativi di un’UDA. L’equilibrio e la pressione atmosferiche di quest’ultima (si veda: Under the UDA), dipendono principalmente dalla funzione aggregatrice e da quella dissipatrice di questi due oggetti. Per il momento non ci soffermiamo oltre su tale opposizione dato che essa torna spessissimo nei nostri rapporti e quindi può essere altrimenti approfondita.
Lo psico-dissuasore c’entra ben poco con questa storia, ma vale la pena menzionarlo.
Poco dopo l’inizio di via Labaro, nel senso di marcia della nostra ricognizione, ci si imbatte in uno slargo aperto, tagliato da un viottolo (si veda la foto seguente).

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C’è un cancello, ma come si può vedere non chiude nulla. Anzi! Si tratta a tutti gli effetti di un’affordance attrattiva, che esplicitamente produce una relazione di “contatto con“.
Quella che ci interessa è la stradina a destra visibile sempre nella foto precedente.
Non l’avevamo mai attraversata e volevamo scoprire se potesse funzionare da strappo o scorciatoia, supponendo fosse capace di mettere in contatto via Labico con via Casilina o spazi ad essa limitrofi. In effetti l’ipotesi è corretta (si veda la mappa che segue).

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Le affordance attrattive sono irresistibili per chiunque, ma ancor più per un ciclista urbano in cerca di propulsori spaziotempo. L’idea che la bicicletta sia un ottimo segugio di questo tipo di varchi è davvero eccitante ed è, per molti ufociclisti e ciclisti urbani, motivo di passione per il ciclomezzo. Figuriamoci quindi se potevamo sottrarci a tale invito all’uso.

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Il viottolo su cui ci siamo appena immessi

Comunque sia, percorsa la strada come illustrato dalla linea arancione nella mappa precedente, ci ritroviamo in un piccolo piazzale su cui, tra le altre cose, si apre l’entrata di un esercizio non meglio identificato, visibile nella mappa come edifici color grigio/viola (i colori sono della mappa originale e non hanno alcuna connessione con il tenore atmosferico rilevato mediante strumenti cromatici ufociclisti che tra poco incontreremo).

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L’uscita dal viottolo. Davanti a noi, in fondo alla discesa, c’è via Casilina. Alle nostre spalle il viottolo che abbiamo appena attraversato

Qui un uomo dai modi non cortesissimi c’intima di andare via, dato che abbiamo, a suo modo di vedere, già violato la sua proprietà privata attraversano la strada in terra battuta e brecciolino.
L’ufociclista Ignazio Stelletsky vorrebbe restare lì a intavolar polemiche, ma preferiamo rimandare la questione per non distrarci dalla ricognizione. Riprendiamo quindi via Casilina e torniamo al punto di partenza. Per quel che riguarda la stradina, si tratta decisamente di uno strappo.
Dicevamo che questa piccola storia vale la pena d’essere raccontata, poiché a Roma, ma forse in ogni città, questi spazi caratterizzati da edilizie ambigue, collocate su terreni di cui non si capisce bene la proprietà (spesso demaniali ma completamente dimenticati dal governo della città), producono sempre questo tipo di situazioni. In questi luoghi c’è sempre qualcuno o qualcosa che “aleggia” e che se vede che hai una macchinetta fotografica in mano, si prende il mal di pancia di venirti a psico-dissuadere, con metodi più o meno intimidatori, spesso sostenendo che lì è vietato fare foto o semplicemente stazionare. Ci è accaduto moltissime volte e, cani a parte, si tratta di uno degli inconvenienti più ricorrenti delle ricognizioni. Si tratta di un elemento da tener presente quando si esplora millimetricamente il tessuto urbano.
La città ideale sembra sempre più quella in cui tutti, nel bene e nel male, si fanno gli affari propri, senza farsi domande, percorrendo le strade note e illuminate: le “ciclabili dell’indifferenza”, le definiamo, non senza tradire una velata polemica verso le piste ciclabili tout court. Se alla fine nessuno si fa più domande, uno può anche decidere arbitrariamente (non necessariamente in questo caso, ma come riflessione generale), decidere che un pezzo di città è suo, che una strada gli appartiene, che se non c’è una ciclabile tu in bici non puoi circolare, esercitando anche dissuasione più o meno violenta.
Si tratta a tutti gli effetti di zone d’interferenza, di miscelazione di più atmosfere, (molto interessanti tra l’altro) in cui si producono atteggiamenti bizzarri e, a volte, molesti. Nelle zone d’interferenza c’è spesso qualcuno che ha qualcosa da “nascondere”, da non mostrare, e che vede nell’altro solo un impiccione o un impiccio.

Torniamo quindi alla mappa. Ci resta da spiegare la relazione messa in scena dal conflitto atmosferico di tipo 2, prodotto dal fronteggiarsi delle isobare (linee che indicano la stessa pressione o dominante atmosferica) nella zona tra via Labico e via dei Gordiani (vedi l’immagine che segue: le linee verdi).

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I fronti atmosferici al momento ci interessano poco al di fuori della loro rappresentazione grafica.
Il conflitto di tipo 2 (quello che in questo caso le isobare evidenziano) è anche definibile come “conflitto in sé” (contrapposto al “conflitto per sé” rappresentato dal tipo 1), e riguarda una condizione non pilotata di conflittualità, che si innesca in modo spontaneo sul limite di congiunzione delle UDA confinanti (zone d’interferenza).
Quello che ci pare più urgente sottolineare è invece cosa questo tipo di conflitto lascia emergere: più precisamente a delinearsi, dapprima come costellazione di oggetti, è proprio l’UDA del complesso a raggiera, l’alveare, che in questo caso si pone come struttura soggiacente. In altre condizioni, in mancanza di un “in opposizione a” con l’UDA di via Labico, con cui la stiamo mettendo in relazione, essa non sarebbe visibile.

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Struttura soggiacente e definizione cromatica dell’UDA dell’alveare a raggiera

Mentre l’UDA generata da via Labico è autonomamente sensibile, perché molto ben sedimentata e, nonostante l’occultatore di via Policastro, nettamente percepibile rispetto al resto circostante della città, quella delle abitazioni a raggiera scomparirebbe all’interno di un panorama tutto sommato omogeneo. Perderemmo così un interessante fronte di conflitto atmosferico, contribuendo a perpetrare un’immagine più indistinta e opacizzata di città. Un’immagine a suo modo statica, a bassissima risoluzione.
L’intuizione sull’esistenza di una struttura soggiacente, invece, ci consente di dettagliare e di cogliere possibili punti di pressione esistenti sul tessuto cittadino, da eventualmente stimolare per transitare da un conflitto atmosferico di tipo 2 a uno di tipo 1: dal conflitto in sé al conflitto per sé.
Nella mappa sopra abbiamo quindi evidenziato il tipo di struttura emersa, dettagliando anche il tipo di atmosfera che consiliarmente abbiamo percepito nell’UDA specifica mediante Tavola cromatica degli stati d’animo.
Il colore su cui i tre ufociclisti si sono sincronizzati emotivamente è il 14 (hex f2e20e) del cluster 13-16: “Frizzante. Ambiance cangiante, volubile scioccante”. Ci pare molto adeguata come descrizione emotiva di questa zona che si presenta ancora variabile nella sua definizione atmosferica: a suo modo vivace.
Sicuramente sarebbe il caso di definire, sempre mediante tavola degli stati d’animo, l’UDA di via Labico, così da coglierne meglio i fronti di conflitto atmosferico, ma al momento non ci pare cosa così urgente da fare (le differenze sono sensibili) e lasciamo che a farlo sia, eventualmente, qualcun altro.
Un esempio interessante d’applicazione di valori cromatici alle UDA lo si può trovare in questa ricognizione oppure in quest’altra.
Non si faccia troppo caso alla perimetrazione delle UDA che nella mappa sopra sono solo indicative e non corrispondono esattamente a una rilevazione precisa dei bordi dell’UDA.

Ci lasciamo con uno stereogramma molto bello su cui, nel frattempo, abbiamo fiducia abbiate fatto molta pratica.

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* Si ringraziano i camminatori dell’iniziativa “La festa di Roma” che il 1/1/2020 hanno attraversato Roma-est venendo intercettati, nel quartiere Quarticciolo, da un ufociclista.
Durante quella deriva si è attraversato il parco Romolo Lombardi che non avevamo mai camminato o pedalato.
A postilla del tutto decontestualizzata aggiungiamo allora una foto scattata durante quella camminata nel quartiere del Quarticciolo:

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Si tratta di uno scooter (probabilmente abbandonato) nel cui bauletto è stato recapitato un masso di cemento. Un buon esempio di trasformazione di un veicolo a motore in una cuspide di quartiere. Le cuspidi sono sempre supporti di memoria.
Molto bella.

XV Ricognizione ufociclistica – pre Ciemmona Interplanetraia 2019

La XV ricognizione ufociclistica è stata di sostegno alla XVI Critical Mass Interplanetaria 2019. Lo scopo della pedalata è stato quello di portare in giro per Roma un piccolissimo anticipo di Ciemmona, comunicando con il tessuto cittadino e diffondendo l’appuntamento del 31 maggio, 1 e 2 giugno. Lo abbiamo fatto oltremodo telepaticamente.
Per l’occasione sono stati impiegati due dei tre risciò (quadricicli autocostruiti) trasformati in dischi volanti dagli xenoingegneri ciclomeccanici della Critical Mass realizzati nelle Area51 di Forte Prenestino e di Porto Fluviale. Quest’anno si è deciso di dare una connotazione ai tre giorni della Ciemmona al motto di No Borders! Per raccontare un tema tanto drammatico, si è scelta la metafora aliena: l’alieno come migrante, ma anche come prodotto residuale delle politiche d’esclusione oggi divenute priorità di molti governi occidentali: pratiche centrifughe all’indirizzo della periferia del sistema solare. Ancora e diversamente, l’alieno come valorizzazione del proprio essere altro da un progetto di città e più complessivamente di spazio, che non ci è mai appartenuto: siamo tutti alieni e nessuno è più alieno degli altri (si veda anche Traces of Extraterrestrial Organic Matter Have Been Found in South Africa’s Mountains e Cause of Cambrian Explosion – Terrestrial or Cosmic?).

Il punto di raccolta era a piazza Vittorio, tradizionale luogo di ritrovo della Critical Mass mensile (ogni ultimo venerdì del mese).
Dell’UDA di piazza Vittorio abbiamo raccontato molte volte. Si tratta di un luogo molto peculiare a Roma: spazio tra i primi a sperimentare forme virtuose di comunità pluriculturali, oggi soprannominata anche la “Chinatown romana” per via del gran numero di esercizi gestiti dalla comunità cinese.
In una Roma in endemico ritardo su qualsiasi innovazione, sorprendeva, ancora una decina di anni fa, vedere giocare assieme bambini di provenienza latino americana, con figli di immigrati asiatici, arabi e africani.

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Disco Volante modello Ufocicletta

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Disco volante modello Invasione Ufo

Ma a due passi da piazza Vittorio c’è anche la tristemente famosa sede fascista  Casapound. Sempre qui c’è l’incontro mensile della CM e per moltissimi anni è stata la sede di uno dei più famosi e caratteristici bazar romani: MAS Magazzini Allo statuto.
Al centro della piazza c’è un giardino in cui anni fa si svolgeva uno dei frammenti più caratteristici dell’Estate Romana. Ancora, nei giardini s’erge la Porta Alchemica (o Porta Magica) monumento esoterico e poco noto agli stessi romani.
Abbiamo più volte raccontato della traslazione della funzione di tonal dalla Porta Alchemica alla sede di Casapound avvenuta negli anni Novanta/Duemila: l’oggetto aggregatore d’atmosfere che disegna le emozioni prevalenti all’interno dell’UDA.
In questa strana atmosfera la CM, anche se solo di passaggio, costituisce un totem d’incongruenza intermittente che si contrappone come conflitto atmosferico (del tipo 1) alla colorazione proposta dal tonal. Anche grazie alla CM questa piazza resta ancora un luogo dall’aria respirabile, nonostante la presenza distopica di un tanto ingombrante residuo della neo-restaurazione.

Partiamo quindi da qui in direzione della nostra prima meta: la festa per i 42 anni di Radio Onda Rossa nel limitrofo quartiere di San Lorenzo.

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Passiamo per via Principe Eugenio con i due risciò disco volante e una massa festante d’alieni a circondarli. Sul lato opposto a quello visibile in foto in un’altra ricognizione scoprimmo un’UDA armonica capace di tonalizzare temporaneamente una limitata parte di spazio. Nello stesso rapporto sopra linkato accennammo all’esistenza degli “ordigni sonici”, oggetti capaci di tonalizzare armonicamente lo spazio attraversato contrastando le atmosfere ivi sedimentate. Nel video che segue è udibile l’ordigno sonico proiettato dal disco volante modello Invasione Ufo circondato da alcuni ricognitori:

Affrontiamo il sottopasso di S. Bibiana. Si tratta, come quasi sempre per i sottopassi, di uno psico-dissuasore. Da poco tempo è stata disegnata una pista ciclabile ufficiale che ha sostituito la ciclabile più volte spontaneamente e clandestinamente tracciata dai ciclisti urbani.
In questo passaggio i pedivellatori si trovano a dover condividere lo spazio con le automobili in costante accelerazione: una sorta di allucinazione da sprint finale. Per questa ragione l’entrata a San Lorenzo da questo lato di Roma si presenta con una sua precisa funzione dissuasiva. Quando la Massa Critica incontra uno psico-dissuasore inizia a urlare e ululare (si veda: Come affrontare uno psico-dissuasore) per contrastarlo (si veda anche: Zone rosse: conflitto cromatico ed esclusione).

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La ricognizione appena varcate le tenebre dello psico-dissuasore

Dopo qualche centinaio di metri la ricognizione giunge sotto la sede di Radio Onda Rossa, dove la festa di compleanno è già iniziata (foto che segue).

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La ricognizione pre-Ciemmonica giunta a via dei Volsci, sede di ROR

Abbiamo anche girato il filmato dell’arrivo trionfale stile Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo come alieni liberatori; gli astanti paiono felici di vederci e di essere “invasi”:

Radio Onda Rossa, come le occupazioni di Cinema Palazzo, di Esc e di Communia  rappresentano (con le loro differenze) gli ultimi avamposti di un quartiere in profondo mutamento. Da “roccaforte antagonista” degli anni Settanta-Ottanta, San Lorenzo sta lentamente mutando aspetto, schiacciato da processi di gentrificazione selvaggia e tentativi ripetuti da parte dei neofascisti di appropriarsi del quartiere, sfruttando in modo sciacallesco gravi fatti di cronaca (si veda questo articolo ad esempio). Ma sono proprio gli spazi sopra citati, luoghi in cui si manifesta un quartiere diverso, che resiste (coadiuvato da tutta l’area antagonista), alla tentazione di ridurre un tessuto cittadino molto più complesso e virtuoso a un racconto horror-grottesco: terreno di gioco privilegiato di fascisti e speculatori.

Nel video qui sopra la ricognizione si allontana dalla festa attraversando il quartiere. Gli astanti che incontra sono visibilmente felici del suo passaggio. Si tratta di un punto di vista privilegiato; spesso nelle cronache degli avvistamenti UFO è quest’ultimo a essere inquadrato e immortalato. Queste sono le prime riprese mai effettuate da un UFO delle persone che lo stanno a guardare. Scopriamo allora che al passaggio degli oggetti volanti non-identificati, le persone sorridono e fanno ciao ciao con la mano. Forse, in fondo, c’è più gente di quella che crediamo in attesa di un’invasione aliena (a questo proposito si legga: Il problema dei tre corpi di Liu Cixin, ma anche Le tre stimmate di Palmer Eldritch di P. K. Dick).
Salutata quindi ROR (ma con la promessa di tornare più tardi), la ricognizione si è messa in moto nella direzione di Scalo San Lorenzo, imbattendosi però subito in una affordance attrattiva.

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Non abbiamo ben capito di cosa si trattasse: una festa, un’inaugurazione, una loggia massonica. Comunque sia la ricognizione accortasi della presenza di un gruppuscolo di gente allegra, l’ha invasa, aggregandosi con lo scopo di distribuire volantini della Ciemmona e di scroccare qualche cosa da mangiare (i ciclisti sono sempre in cerca di cibo, come certi personaggi del neolitico). La cosa è durata poco: subito dopo infatti i ricognitori sono ripartiti in direzione del Pigneto, altro luogo topico della Roma “alternativa”.

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La ricognizione in procinto d’abbandonare l’affordance attrattiva

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Nella foto precedente un po’ di cose: un alieno (grigio) si fa un selfie indossando la maglietta del Luther Blissett Project. Nello stesso istante la sua ufocicletta (biposto) sta transitando per l’omphalos di piazza di Porta Maggiore (si veda anche: Il purismo archeologico di Romano Talone) origine di molte ley line romane nonché dirimpettaia di una potente UDA armonica (si veda Le UDA armoniche – atto primo).
Alle sue spalle è evidentemente visibile un UFO [probabilmente un disco volante modello Invasione UFO – IR1 (incontro ravvicinato del primo tipo)] che da definizione percorre una ley line: la stessa intrapresa dalla ufocicletta del grigio e copilota.
Fin qui nulla di strano quindi, tanto più che, come mostra la mappa, la ley line percorsa è di tipo – – (meno, meno) che nella teoria ufociclistica del contatto denota un oggetto volante non identificato in procinto di rallentare e, quindi probabilmente, intenzionato a entrare in contatto con i terrestri.

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Mappa della ley line percorsa dai dischi volanti (clicca per ingrandire)

Sulla mappa sono visibili: l’omphalos di Porta Maggiore, la ley line (vettore) prodotta dal passaggio dei dischi volanti, direzione e verso del vettore [la freccia – mentre l’intensità data dal potenziale gravitazionale è di tipo – – (meno, meno) – si veda l’atlante per approfondimenti]. L’area (UDA ) tonalizzata in [Hex (#): 0063A5] (si vedano la tavola cromatica degli stati d’animo e questo rapporto) è ben nota agli ufociclisti. Si tratta di uno spazio caratterizzato da un’altissima concentrazione di esomediatori (si veda: Esomediatori – Frascati) di notevole importanza per l’universo cattolico. Dato che una ley line deve essere evidenziata da almeno tre segnalatori, la nostra ley line così si articola: Porta Maggiore, San Giovanni/Manzoni, Villa Celimontana. Su quest’ultima non abbiamo molto da dire se non che si tratta di una importante villa nel contesto della città, ma su cui ancora non abbiamo prodotto ricognizioni e rapporti. Gli altri due segnalatori sono appunto un omphalos e un’UDA esomediatrice (l’esomediatore, per definizione, non è mai un’UDA contattistica).

Ora il fatto anomalo è che pur nella sua condotta pressoché perfetta, la ricognizione ufociclistica senta, ad un certo punto, la necessità di mutare rotta invertendo la direzione del vettore, trasformandosi quindi in una ley line – + (meno, più), ovvero tutt’altro che contattistica. In prima approssimazione potrebbe trattarsi proprio dell’influenza del vicino potente esomediatore che, come dicevamo, non è mai di natura contattistica. In questo caso l’esomediatore assume anche il ruolo topografico di un deflettore o psico-dissuasore.

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Trasformazione del vettore

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La ricognizione ha invertito la direzione del vettore (ley line)

In seconda approssimazione potrebbe più semplicemente trattarsi del fatto che per raggiungere la meta era necessario fare inversione: intercettare il quartiere Pigneto che si trova nel verso opposto dell’esomediatore. Senza voler necessariamente sovrainterpretare, ci accontenteremo di questa seconda (semplicistica) spiegazione, non omettendo però di sottolineare l’anomalia ufologica.

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La ricognizione taglia un altro monumento cittadino: la Tangenziale Est

La tangenziale (visibile nella foto sopra) ufociclisticamente è un’intersezione. Si tratta di un taglio “sociopatico” (si veda la ricognizione Intersezione Togliatti), uno squarcio che si apre nel tessuto cittadino lambendo e tagliando molte UDA (Unità D’Ambiance), ma non restandone mai contaminato. Dal nostro punto di vista si tratta di un oggetto particolarmente interessante proprio perché impermeabile all’influenza atmosferica (delle atmosfere): metaforicamente forse un “ombrello” per i conflitti atmosferici del tipo 1 e 2. .

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La ricognizione tratto poco prima di giungere all’isola pedonale del Pigneto. Sulla sinistra sono visibili i palazzi al limone

Nel video precedente la ricognizione ufociclistica entra nell’isola pedonale del Pigneto. In sottofondo, manco a farlo apposta, le note del brano UfoCiclismo irradiate dal disco volante modello Invasione UFO.

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Una pausa per distribuire materiale informativo e mood esoplanetario

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Nella foto precedente: la ricognizione ha lasciato il Pigneto e si è immesso nuovamente su via Prenestina. La foto inoltre svela uno dei segreti della propulsione del disco volante Invasione aliena, con due (ma spesso più) ricognitori che apportano un surplus d’energia muscolare nei tratti gravitazionalmente impervi.

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Nella foto sopra: la ricognizione giunge a piazza Nuccitelli, attrattore della zona. La piazzetta costantemente sotto attacco da parte di sciacalli che vorrebbero trasformarla in uno spazio privato su cui piantare le radici dei tavolini da bar, è un luogo d’aggregazione e di sperimentazione per quel che riguarda, ad esempio, le aree di verde pubblico.

Spesso a piazza Nuccitelli si ritrovano ciclisti in vena di chiacchiere. Anche questa volta ne abbiamo incontrati alcuni abdotti, poi, per la Ciemmona.
Ci fermiamo parecchio e quando ripartiamo già sta calando la sera. La prossima meta è, di nuovo, la festa di ROR.

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Eccoci nuovamente.
Ci fermiamo un po’ essendo quasi completamente mutata la composizione di compagni e avventori al compleanno della radio, rispetto al pomeriggio. Un’altra occasione per raccontare cosa stiamo facendo e cosa accadrà nei giorni della CM Interplanetaria.
Ma la ricognizione non è ancora finita. Tra poco inizia la festa Mind the Gap nel vicino ateneo La Sapienza.
Ci rimettiamo quindi in cammino (foto che segue).

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In foto è visibile un alieno verde

Non senza qualche difficoltà brillantemente superata riusciamo a entrare a La Sapienza dove la festa è già iniziata. Si stanno esibendo delle band che suonano musiche varie. Proprio vicino al piazzale della facoltà di Fisica, dove la festa si sta svolgendo, c’è il piazzale della Minerva, una piattaforma girevole, oggetto rotante a cui nessun ciclista urbano può resistere. S’innesca così il momento angolare della ricognizione:

Un’ultima foto (sotto) al disco volante modello Invasione UFO atterrato proprio nel bel mezzo del Mind the Gap e da tutti gli astanti ammirato:

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L’intera mappa della ricognizione (clicca per ingrandire)

Sulla festa alla Sapienza, il giorno dopo, la consueta “informazione” distopica e il racconto horror-grottesco che disegna la realtà (foto sotto).

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Nella foto ci finiscono pure i due dischi volanti della ricognizione. Un racconto tremebondo composto (come una pozione) da luoghi comuni e allarmismi un tanto al chilo, scritto forse per invocare il “pugno di ferro” anche sui fenomeni ufologici (come se già non lo facessero gli ufologi di professione: si veda Esomediatori – Frascati e anche Chi sono gli ufologi).
La ricognizione invece ha aperto uno spazio ucronico nelle complesse vicende di questo quadrante di Roma.

Ci vediamo nel futuro!

XIII ricognizione UfoCiclistica – 22-11-2018 Arrivederci Leonidi

22 novembre 2018 giovedì
Addio alle Leonidi posticipato di tre giorni
Report redatto da: Lorena e Dafne.

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Guarda la mappa più dettagliata

La partenza per la deriva disordinante di stasera è insolita: non più piazza San Giovanni, ma il MACRO Asilo di via Nizza a Roma, il debunking degli ufociclisti.
Si parte dal tetto dopo aver fatto un giro all’interno tra gli atelier d’artisti e mostre in corso. Nikky con altri due ufociclisti si sono gettati in un corridoio sollevato riempito di grandi sfere rosse, l’opera di Elena Panarella Vimercati Sanseverino.

Si dibatte fin dall’inizio perché per alcuni il Macro costituisce, ufociclisticamente parlando, un totem d’incongruenza: un luogo che ha subito una trasformazione, per un cambio di gestione, e che spicca in un quartiere residenziale di palazzi signorili, che disgrega l’ambiente intorno e disomogenizza (si veda anche atlante ufociclistico). Per altri, invece, esso è un elemento attrattore, omogeneo col paesaggio intorno, oltre che centro aggregatore e costituisce perciò un tonal (si veda sempre atlante ufociclistico per le definizioni).

La questione resta irrisolta, per i primi comunque, resta il fatto che il Macro potrebbe col tempo diventare un tonal, in quanto non è ancora abbastanza vissuto da essere chiamato tale, e anzi questo è ciò che in generale ci si augura.
Per una serie di congiunzioni astrali, sovrapposizioni di messaggi di gruppo, semafori rossi, e interferenza di psico-dissuasori, l’ufociclista Dafne arriva in ritardo e questo fa ritardare la partenza del gruppo.
Ma appena arriva viene accolta da una cappa d’incenso che brucia sulla bicicletta dell’ufociclista D., e questo la riconcilia col gruppo, così ora si può finalmente partire.

I nostri eroi imboccano viale Regina Margherita, in direzione del Ponte delle Valli come è visibile nella mappa.
Arrivati nei pressi del Quartiere Africano, in prossimità del Parco Nemorense, l’ufociclista Lorena, notando i nomi delle vie, si chiede se esista qualche corrispondenza geografica tra la loro disposizione nel quartiere e i luoghi reali.
E’ una domanda interessante ma a
nche questa questione rimane irrisolta per il momento: sarà oggetto di approfondimento futuro tra gli ufociclisti.

L’ufociclista Cobol inizia a elargire fantamulte ad auto parcheggiate in doppia fila e sul marciapiede.

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Chiariamo: “nell’elevare le fantamulte (inventate da Edoardo) alle automobili non ci sostituiamo al pizzardone astratto (il vigile che vigila) ma c’intromettiamo nello spettacolino surreal-masochista del perseguitato e del perseguitatore che nel rincorrersi e nello sfuggire mantengono in vita gli equilibri della città ostile e alienata”.

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Cobol eleva una fantamulta direttamente a due donne che hanno lasciato l’auto in mezzo alla strada e loro lo minacciano dicendogli che sono fatine, ma evidentemente non hanno la bacchetta magica per rimpicciolire la macchina e non farle prendere così spazio, e soprattutto non sospettano che tra gli ufociclisti si aggiri una strega sotto mentite spoglie.

Arrivano davanti a una storica sede di Forza Nuova. Qui, un’inconfondibile scritta, con tanto di croce celtica per togliere ogni dubbio e ambiguità, troneggia sopra un immenso alimentari/fruttivendolo bengalese. È questo un caso di elemento che genera disordine ambientale e ambiguità, in cui compaiono abbinamenti inattesi, e confonde lo sguardo, che viene definito dall’atlante ufociclista cuspide o retroaggregatore.

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Davanti a questo astratto negozio gli ufociclisti incontrano coraggiosi antifascisti del quartiere più fascista di Roma, che chiedono loro una mano per cancellare quell’inquietante scritta. Gli ufociclisti si limitano a lasciargli una fantamulta per parcheggio in divieto di sosta (o di fermata, qui c’è una diatriba con i due che contestano il tipo di infrazione), ma prendono anche in considerazione l’ipotesi di tornare e mettere insieme un esercito di antifascisti in quelle zone ampiamente fuori dall’aura protettiva del quadrante orientale.

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A un parcheggio, dove nessun auto ha commesso infrazione e dove non c’è nemmeno un briciolo di immondizia per strada, i nostri eroi si rifocillano a base di non meglio identificate noci energizzanti probabilmente africane, e sono raggiunti da un nuovo membro, una ufociclista esperta in atmosfere di montagna e alieni.

A questo punto si pedala per tornare indietro per un pezzo di salita fino a raggiungere la ciclabile Aniene. Qui le luci della città svaniscono e bisogna fare i conti col buio. Ognuno lo affronta a modo suo. D. preferisce la luce rossa a quella bianca, troppo luminosa per lui. Dafne invece, vorrebbe quantomeno evitare di trovarsi a scendere senza controllo lungo un’invisibile larga curva (come è già avvenuto in passato) e poi il buio la affascina, ma la impaurisce anche (si vedano report di ricognizioni precedenti).
La ciclabile Aniene è uno strappo che è anche Varietà dimensionale del tipo 1.

Addentrandosi nel folto dei cespugli arrivano al ponte di ferro.
Su di esso passa l’alta velocità che va a Firenze, e, secondo l’atlante ufociclista, esso costituisce una discontinuità del territorio, agendo da separatore, in quanto taglia in due una (o due) UDA senza assumerne le caratteristiche. Ma esso ha anche un’importanza storica.
L’ufociclista Lorena racconta la storia di Ugo Forno, un bambino di 12 anni ucciso, nel tentativo di difendere il ponte che i nazisti volevano distruggere per fermare l’avanzata degli alleati. Tutto ciò avvenne il giorno prima della liberazione di Roma e solo in anni recenti, lo stato si è ricordato di questo bambino, conferendogli una medaglia e definendolo eroe nazionale.

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Al ponte di ferro i nostri eroi sistemano le biciclette in modo da illuminare l’ambiente con le lucette e preparano quello che si rivela il banchetto più ricco della storia (loculliano) dell’ufociclismo dai tempi di Ivano Mertz.
Vengono fuori doti culinarie inaspettate.

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A pancia piena si ragiona meglio, perciò sorgono spontanee discussioni sugli argomenti più vari, dalla natura degli alieni, alla possibile evoluzione del calamaro da incroci genetici di extraterrestri*, a Mauro Biglino**.
Finora, un’ipotesi accreditata è quella che gli alieni siano piante carnivore capaci di movimento animale. Difficile capire perciò se con l’alimentazione vegana stai mangiando uno di loro (citazione di Philip Dick).
Il treno che passa ogni dieci minuti accompagna le loro animate discussioni.

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Dopo il banchetto, gli ufociclisti continuano il loro percorso. Lorena e Dafne si attardano a fotografare il murale dedicato a Ugo Forno e si concedono un minuto per ripensare alla sua storia. Poi si buttano all’inseguimento degli altri attraverso un fitto canneto sulle sponde dell’Aniene che irrora una fitta nebbia. Passano attraverso una galleria e riemergono in prossimità della strada asfaltata, che costeggia il fiume.
Qui, complici l’umidità, il freddo, l’ora tarda, la stanchezza e un ufociclista che deve assolutamente tornare a casa, decidono di terminare la ricognizione, non senza una puntata a San Lorenzo, quartiere molto caro agli ufociclisti.
Proseguono perciò sulla via Nomentana in lenta risalita, senza badare ai semafori e alle auto rallentate che in alcuni casi nemmeno si prendono il disturbo di suonare il clacson e semplicemente alla prima occasione deviano nella corsia centrale (cosa abbastanza rara per un automobilista che si ritrovi ciclisti sulla sua strada), finché a Porta Pia, il gruppo si separa. Alcuni tornano a casa, mentre Dafne, Lorena, Cobol e Nikky, proseguono verso San Lorenzo.

Legate le bici in piazza, si inoltrano nei meandri della libreria Giufà, dove tra libri insoliti e bicchieri di birra, incontrano Giovan Bartolo Botta noto attore/poeta della scena romana, col quale continuano le discussioni sull’evoluzione, arrivando a discutere il limite tra la vita e la morte… ma questa è un’altra storia.

Presto indiremo la ricognizione diurna per una più completa mappatura della zona esplorata. Seguite sul gruppo fb.

Consigli

Letture:
Lsd. Carteggio 1947-1997Junger e Hoffman – Editore Giometti & Antonello.

Canzoni:
Ponte SalarioFlavio Giurato.

* Cause of Cambrian explosion – Terrestrial or cosmic? – gruppo di scienziati guidati da Edward J. Steel, del Centro dell’astrobiologia dell’Università di Ruhuanera, Sri Lanka

** Mauro Biglino è un traduttore di ebraico biblico, noto per una sua rilettura della Bibbia: egli afferma che leggendo la Bibbia alla lettera, viene fuori che essa non parli affatto di Dio, ma di forme di vita di natura extraterrestre, chiamate appunto Elohim.

Conflitto atmosferico: i bordi dell’UDA – Pietralata – Roma – 5/8/2018

Rapporto redatto da Cobol Pongide
Integrato da Lorena 

Dato l’incomprensibile alto numero di defezioni a questa ricognizione indetta in uno dei giorni più caldi, del mese più caldo, di un mondo avido d’ozono, abbiamo stabilito che le ricognizioni d’agosto sono esse stesse uno psico-dissuasore.
Ciononostante…

iniziamo col concetto di conflitto atmosferico così come l’UfoCiclismo lo mutua dal lavoro dell’APR (Associazione Psicogeografica Romana):
l’acquisizione di un’UDA quasi sempre avviene come sequenza di passaggi e dunque il ricambio della popolazione ha luogo raramente in blocco al pari di una deportazione. In una stessa UDA quindi si vengono a trovare gradualmente gruppi sociali molto diversi: da una parte i nativi, cioè coloro che hanno contribuito costitutivamente (in quanto capitale umano) alla generazione dell’UDA. Dall’altra i pionieri, i primi colonizzatori. Questi due gruppi per un certo periodo di tempo convivranno conflittualmente“.
La definizione è molto importante perché drammatizza, dinamizza e storicizza la figura dell’UDA (Unità d’Ambiance) che altrimenti parrebbe cangiante e mutevole per ragioni d’ordine metafisico. Il conflitto è il motore dell’UDA (come lo è della storia) e col conflitto cambiano o mutano forma anche tonal e totem d’incongruenza (per questi concetti si veda l’atlante, il glossario on line, i rapporti precedenti e quelli a venire).

Partiamo quindi da viale della Serenissima angolo via Prenestina in direzione Pietralata verso via Tiburtina. E’ Pietralata il nostro obiettivo, ma ben presto sorpassato il viadotto della stazione Serenissima notiamo sulla nostra destra un passaggio che non avevamo mai trovato aperto prima d’ora.

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Si tratta di un’affordance attrattiva (si veda questo rapporto): un cancello solitamente chiuso che spalancato “invita” ad entrare. Non possiamo fare altrimenti. Questa zona che costeggia via Collatina e più precisamente via Herbert Spencer è in questo periodo interessata da lavori che ne stanno ridefinendo l’aspetto; quindi non è strano imbattersi in cantieri e strade semichiuse.
Imbocchiamo la strada sterrata bianca:

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Cliccando sul link di via Spencer, poco sopra, si può vedere la vista aerea della zona che però, ad oggi, non è aggiornata e mostra una situazione dei lavori antecedente di qualche mese.
Ci ritroviamo nell’area dei lavori in corso in uno spazio verde che è l’accesso, scopriremo, a piccoli appezzamenti di terreno non visibili da viale della Serenissima. I terreni sono perimetrati con reti e mezzi d’accatto (reti del letto ad esempio) come spesso avviene in queste aree forastiche e in disparte. Se la si guarda dalla prospettiva aerea ci si rende conto che si tratta di una sorta di enclave attorno a cui si è continuata a crescere la città. Se si considera inoltre che l’enclave si situa ad un livello stradale interrato rispetto a tutti gli edifici che la circondano, viene subito in mente il romanzo L’isola di cemento di Ballard.

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Dal basso: il punto del viadotto da cui proveniamo. Sulla sinistra, appena visibile, una struttura appartenente alla stazione FL2 Serenissima. La scala è il tentativo di qualche prigioniero dell’isola di cemento di riemergere.

Ci sono un paio di Obike straziate e abbandonate. Le Obike sono il nuovo marcatore del degrado a Roma: il segno di questo tipo di conflitto incarnato nello sharing ciclistico è evidente in un po’ tutti gli angoli della città.
Quando si accede ad aree come questa è prevedibile trovare carcasse gialle di biciclette cannibalizzate o semplicemente vandalizzate come simbolo e collasso di un’idea di pubblico che è ormai solo proforma se non addirittura vero e proprio simulacro. Ogni bici gialla crudelmente sottratta al suo network urla di un’atomizzazione sempre più cinica che questa città sta vivendo in cui l’idea di collettività sta evidentemente assumendo nuove forme al momento difficilmente codificabili. Almeno da noi…
Le Obike potrebbero essere i segnalatori di conflitto atmosferico. Ne prendiamo nota, anche se al momento non è detto che siano queste il tipo di tracce che stiamo cercando.

Una nuova affordance attrattiva: una casina con la porta aperta. Sembra molto più antica della strutture che la stanno lentamente divorando.

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Siamo all’interno (foto precedente) ma non è chiaro di cosa esattamente si tratti. Quella visibile in foto sembra una valvola idraulica ma non ci sono indicazioni o segnali che lo confermino o lo smentiscano.

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Poco più avanti di casettina ne troviamo un’altra. Forse anche più antica della precedente (ancora visibile a sinistra nella foto) a giudicare dal tipo di mattoni e dalla forma dell’iscrizione.

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L’iscrizione ci conferma, ma era evidente, che si tratta di una casetta molto antica: 1910.

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Ci pare sempre più qualcosa avente a che fare con il controllo del flusso d’acqua. La chiusa visibile in foto è tutt’altro che abbandonata e forse ancora svolge la sua funzione. Non sappiamo quale.
Ma nell’area non sono presenti corsi d’acqua visibili.
Ci torna in mente che poco distante da dove siamo c’è una torre piezometrica nel quartiere di Tor Sapienza, potrebbe quindi trattarsi di una struttura che ha a che fare con un acquedotto. Scopriamo, in un secondo momento, che in quella zona passano tre importanti acquedotti di cui queste antiche strutture dovevano, forse un tempo, controllare o reindirizzare i flussi.
In qualche modo probabilmente le due strutture (casetta e torre piezometrica) sono allineate e quindi comportandoci un po’ come degli psicogeografi estendiamo per curiosità una linea da qui ad un importante punto d’interesse della zona, il centro commerciale Roma Est: attrattore popolar-commerciale in questa parte di Roma. Con nostra sorpresa la torre piezometrica di Tor Sapienza ci cade perfettamente dentro formando di fatto una ley line: guarda la mappa.
Al momento ci limitiamo nel rilevare questo allineamento (forse per future esplorazioni) senza tentare sovrainterpretazioni che ci porterebbero inutilmente fuori strada.

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Procediamo verso una “ziggurat” di blocchi temporaneamente depositati sul terreno.

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Foto con ufociclista arrampicatore per avere una stima delle dimensioni della ziggurat.

Ora in cima:
dall’alto offrono una bella visuale della zona (foto che segue).

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C’avventuriamo lungo una strada che costeggia via Spencer e che s’innoltra in una rada boscaglia:

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Abbiamo il tempo per riprendere il discorso sul conflitto atmosferico: se è infatti vero che la definizione da cui siamo partiti ha un importante ruolo, in questa ricognizione vogliamo verificare un’altra possibile accezione dello strumento.

Partiamo dall’unità minima della mappatura ufociclistica: l’UDA. Una mappa ufociclistica è, macroscopicamente, un insieme, una tassonomia, di UDA.
Abbiamo ipotizzato che l’UDA fosse isotropica da qualunque punto la si osservi. Ciò per noi significa, ad esempio, che essa non presenta “ispessimenti” o “assottigliamenti” atmosferici nell’intorno del tonal o del totem d’incongruenza qualora ci fossero. Ma più realisticamente: cosa accade ai bordi di un’UDA?
Noi intanto ci addentriamo e voi che leggete potete intrattenervi con un interessante articolo sulle “bolle isoglosse” che è stato d’ispirazione per formulare questo quesito.

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Dalla parte di via Spencer il percorso sterrato finisce contro un cancello chiuso. Sul lato destro (non visibile nella foto), c’è una piccola entrata agibile a piedi e in bici.
Giungendo fin qui abbiamo però visto altre diramazioni che, tornando sui nostri passi, esploreremo.

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Sul lato opposto (una delle diramazioni che non avevamo intrapreso), il percorso finisce su un cancello che guarda la centrale elettrica di via di Grotta di Gregna.
Anche qui, sempre sul lato destro, c’e’ un’entrata dalla parte di una pompa di benzina in dismissione.

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Per il resto poco da rilevare se non questo monumento all’attesa e alla solitudine che ci pare bello (foto precedente) e che guarda con pasoliniano scoramento nella direzione della farneticante centrale elettrica.

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Tutt’intorno si comprende che la zona è un’immensa discarica (guarda la foto precedente): il concentramento di decenni di detriti. Si trattasse di detriti autoctoni, autocumulatii, saremo in presenza di una cuspide (guarda questo rapporto). Ma in realtà ci pare trattarsi di scarti lasciati lì da camion provenienti da altrove data la classica forma a piramide che i cumuli hanno assunto. Solo una discarica.
Torniamo quindi indietro.

Nel tempo che ci serve per pedalare fino alla strada sterrata bianca possiamo riprendere il discorso sul conflitto atmosferico là dove lo avevamo lasciato: questa nuova idea proveniente dalla “bolle isoglosse” non ha nulla a che fare con l’isoglossa ma il modello di sviluppo e di espansione della bolla ci pare davvero pertinente a quello dell’UDA. Chi ha letto l’articolo che abbiamo linkato sopra avrà notato che proprio ai bordi di una bolla può accadere qualcosa d’interessante. Lo avevamo accennato nell’atlante ufociclistico a proposito delle UDA definendolo alone d’interferenza. Si tratta dello spazio in cui due UDA entrano in contatto e per una certa porzione di reciproca superficie si sovrappongono. Non avevamo però correlato a questo spazio di contatto l’idea di conflitto atmosferico.
L’ipotesi da verificare è quindi che nei punti di contatto tra UDA (le UDA sono ben più permeabili di una bolla), negli aloni d’interferenza, si creino conflitti tra atmosfere diverse: conflitti atmosferici, addirittura “temporaleschi”. Se così fosse, dovremmo trovare, in prossimità di questi bordi, qualche elemento rivelatore, dei segnalatori, di tali “belligeranti” contrapposizioni. Tutto ciò ci pare consistente con l’immagine di un’UDA isotropica ed espansiva.

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Siamo tornati al punto d’entrata e ci muoviamo nella direzione opposta alla strada bianca, lungo un tratto asfaltato che non è ancora accessibile al traffico ma che lo sarà tra breve a giudicare dallo stato dell’arte dei lavori. Passiamo sotto il cavalcavia della Serenissima (guarda la mappa complessiva alla fine del rapporto) e di nuovo c’imbattiamo in un’affordance attrattiva (foto precedente): irresistibile anche questa.

Purtroppo le foto che seguono non rendono bene l’idea dello spazio che abbiamo trovato. Non eravamo preparati e non avevamo portato con noi torce abbastanza potenti per illuminare lo spazio esplorato (ma forse non sarebbero comunque bastate). Avevamo solo le lucette delle nostre biciclette, del tutto inadatte a squarciare il buio implacabile del sottomondo. Proveremo comunque a rendere l’idea descrittivamente.

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Le scale che s’intravedono costeggiano un enorme tubo (la struttura nera sulla sinistra) seguendolo sia verso l’alto (qui in foto) che verso il basso (due foto sotto).
In alto si salirà per 10 massimo 15 metri.

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Ora siamo in cima alle scale e a questo punto inizia un corridoio che abbiamo seguito solo in minima parte data l’abbondante presenza d’acqua e fango a terra. Ovviamente dopo i primi tre minuti una quantità inenarrabile di zanzare ha iniziato a spolparci.
Siamo scesi nuovamente.

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Foto dal livello più alto della conduttura. Ci apprestiamo a scendere. La luce sulla sinistra è quella proveniente della porta d’entrata. Oltre la luce la zona scura è la scala che consente di seguire il tubo sotto terra.

Anche a scendere il tubo s’interra, da livello terra, per circa 10/15 metri.
Scesi quindi complessivamente 20/25 metri ci ritroviamo di nuovo in un corridoio (foto che segue). A terra c’è meno acqua che in cima alle scale e quindi lo percorriamo. La densità di zanzare invece è rimasta invariata.

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La luce che filtra in alto sulla sinistra proviene (ne siamo ragionevolmente certi) da quell’incavo che si vede nella terza foto di questo rapporto. All’inizio.  Siamo quindi scesi nuovamente al livello delle casettine e dello sterrato: l’isola di cemento ballardiana.

Nella foto che segue siamo nel punto in cui nella foto precedente filtrava la luce.
Si tratta di una passerella:

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Davanti al tubo sul lato destro della foto si apre un nuovo corridoio in cui non ci siamo avventurati (nella foto che segue) dato che eravamo già da qualche decina di minuti fuori portata degli ufociclisti che ci attendevano in superficie.

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Abbiamo invece proseguito oltre la passerella nella direzione originaria dove si è aperta un’enorme stanza lunga almeno cinquanta metri. L’abbiamo percorsa interamente (foto che segue).

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Alla fine di questo ambiente il tubo s’infila in un condotto più piccolo ma comunque percorribile. Ma noi ci siamo fermati al di qua.
Il tubo è davvero enorme ed è probabilmente la condotta di uno dei tre acquedotti che convergono in questa struttura sotterranea.
Tecnicamente si tratta di una varietà dimensionale 2 (si veda anche questo rapporto) un percorso altamente disciplinante, che sarebbe molto interessante seguire interamente per scoprire se conduce a inattese aperture in altre zone di Roma.

Siamo di nuovo fuori e riprendiamo il percorso originario verso Pietralata.
Passato il cavalcavia che supera via Tiburtina sulla nostra destra troviamo subito l’entrata di via Feronia.
Da qui inizia la ricognizione in cerca di tracce di conflitto atmosferico.
Abbiamo scelto scientemente via Feronia perché molto caratteristica.
Si tratta di una stretta strada a senso unico che di per sé è una scorciatoia (non ufociclistica ma in senso tradizionale dato che è percorribile in automobile). La via si sviluppa all’interno di una sorta di piccola enclave caratterizzata da zone di verde e case basse che le conferiscono un aspetto decisamente anomalo rispetto al resto del quartiere. La stessa via Feronia sbuca però su via dei Durantini non prima di aver mutato decisamente aspetto (atmosfera).
La strada quindi s’articola all’interno di due UDA visibilmente ben distinte e con i rispettivi bordi che confinano senza soluzioni di continuità. Una condizione, almeno in teoria, perfetta per verificare la nostra ipotesi circa l’alone d’interferenza.

Prima d’entrare più nel dettaglio nella situazione di via Feronia, cogliamo l’occasione per rettificare una mappa illustrata nell’atlante ufociclistico. Nell’atlante avevamo utilizzato, per esemplificare la voce scorciatoia, uno stretto budello che proprio qui in via Feronia inizia (o finisce a seconda del verso da cui lo si guarda). Eccolo nella foto che segue.

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Di natura esclusivamente pedonale, la bici si può portare a mano, costeggia un campo di calcio e collega via Feronia con via Marica facendo risparmiare molta strada a chi lo percorre.
Nel nostro nuovo sopralluogo via Feronia e via Marica appaiono caratterizzate da due diverse atmosfere. In linea del tutto generale le considereremo come due UDA che esprimono differenti emozioni al contrario di quanto ci era apparso in ricognizioni precedenti.  Questa strettoia collegando due UDA differenti e attraversandone una terza, a sua volta esprimente un’atmosfera diversa, diviene per definizione uno strappo (si veda questo resoconto).
Abbiamo scoperto tra l’altro che questo strappo ha un nome “ufficiale”: vicolo Concordia. Accompagnato “coerentemente” dalla scritta Duce come sempre più spesso a Roma si incontra.

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Abbiamo allora immaginato l’esigenza di chiamarlo in quel modo per via di storiche faide che negli anni si sarebbero consumate in quella striscia di terra tra squadre rivali dopo una partita giocata nell’adiacente campo di calcio. Ma è solo una divertente ipotesi.

Guardiamo ora la mappa della zona per comprendere meglio il concetto di bordo dell’UDA:

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Abbiamo grossolanamente delimitato le due UDA di via Feronia (sulla destra si può vedere il campetto di calcio di vicolo Concordia). A destra c’è l’UDA appena attraversata: l’enclave. A sinistra l’UDA ancora da esplorare. Lo spazio in rosso è l’alone d’interferenza che si forma dal congiungimento senza soluzione di continuità della due UDA di via Feronia. Ci aspettiamo di trovare qualcosa, dei segnalatori, degli indizi di conflitto atmosferico nella zona segnata in rosso. Guardiamola nella foto che segue:

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L’immagine è sfalsata perché malamente ottenuta unendo due foto. Ma poco importa.
Rimaniamo un po’ delusi: non ci pare ci siano evidenti segnali di conflitto atmosferico qui: qualunque cosa questo concetto implichi. E’ però molto evidente il bordo come lo avevamo rappresentato sulla mappa: sulla destra è visibile via Feronia con la sua UDA verde mentre sulla sinistra inizia un complesso di palazzi che produce un’atmosfera del tutto diversa.
Restiamo induisticamente fermi all’ombra in attesa di un’ispirazione e ci guardiamo intorno in cerca di tracce. Nulla.
Di fatto non è detto che i segnali del conflitto siano così palesemente visibili. Nulla ce lo garantisce e nulla ci garantisce che la scelta di questa via sia stata la più adeguata.
Fermiamo un’autoctona e le chiediamo se ha la pazienza di raccontarci qualcosa su quella via. Emergono dei fatti interessanti.
Tanto per iniziare proprio in quel punto, ma dalla foto non è visibile, c’è un’enorme antenna ripetitore telefonico che negli anni è stata al centro di dure battaglie nel quartiere perché sospettata di essere la causa di un incremento in zona di morti per cancro.
L’autoctona ci dice inoltre che pochi metri più avanti c’è un parchetto e che anch’esso è stato per anni oggetto di battaglie tra il locale comitato di quartiere e i proprietari privati. Alla fine, dopo molti anni, il comitato di quartiere l’ha spuntata ed è riuscito ad appropriarsi l’agognato parco (nelle foto che seguono).

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La gentile signora ci dice inoltre che l’ufficio postale di via Feronia (foto che segue) è noto per essere stato oggetto di molte rapine (evidentemente sopra la media).

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Ci dice che i paletti gialli (foto seguente) che sono issati davanti alle vetrine furono installati dopo che, a più riprese e sempre a scopo di rapina, furono accelerate, contro l’entrata a vetri, delle automobili in sosta al fine di appropriarsi del contenuto del bancomat.

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Tutto molto interessante, e se non ci trovassimo già abbondantemente dentro la seconda UDA, troppo distanti dall’alone d’interferenza (ad eccezione dell’oggetto antenna), potremmo in parte, forse, ritenerci soddisfatti. Usiamo un doveroso condizionale perché questa nuova concezione di conflitto atmosferico, di cui ci stiamo sforzando di verificare la consistenza, dovrebbe evidenziare dei sintomi, proporre dei segnalatori, al di là delle informazioni storiche note o reperite circa lo spazio indagato.
Intuitivamente ci saremmo aspettati di trovare smottamenti, interruzioni, crolli, tafferugli, graffi, barricate o evidenze del genere. Ci saremmo aspettati di rinvenire psico-dissuasori, filo spinato, voragini nel terreno, il matto del villaggio, cani forastici e feroci, galeotti in fuga, caduta meteoriti, gente armata e asserragliata. Il tutto suona forse un po’ ingenuo e scenografico e a pensarci bene, con le debite differenze e misure, assomiglia un po’ alla descrizione di una cuspide. E che quindi una cuspide nasconda anche un alone d’interferenza e viceversa? Per il momento non aggraviamo la situazione con ulteriori insondabili domande.
L’antenna in realtà è un buon indicatore ed è anche collocato laddove il “modello teorico” prevedeva di rinvenire oggetti del genere. Tuttavia ci pare che la sua comprensione contestuale, come segnalatore, richieda ancora una certa internità ai “fattacci” del luogo. Spesso la realtà sperimentale cozza con le attese previsionali.
Restiamo quindi (incomprensibilmente) insoddisfatti perché ancorati ad un un’idea molto teatrale di conflitto atmosferico. E’ forse la parola conflitto a trarci in inganno.
La concezione di conflitto atmosferico dell’APR, al di là dell’operare per tutt’altro scopo, è fuor di dubbio di matrice storiografica. Essa richiede una conoscenza del territorio pertinente e il meno possibile intessuta di buchi cronologici. In un certo senso sono lo psicogeografo e l’ufociclista che indossano le lenti dello storico.
La concezione che stiamo verificando ha invece più a che fare col lavoro dell’archeologo sperimentale: a partire da certe tracce, da certi segnalatori reperibili sul territorio (quali?), l’ufociclista dovrebbe poter ragionevolmente ipotizzare di trovarsi all’interno di un alone d’interferenza anche non sapendo nulla sullo spazio che sta attraversando.
Si tratterebbe di uno strumento davvero potente.

Ringraziamo la signora che è stata molto paziente e che ci vede andar via delusi. Avrà pensato di averci scoraggiati qualora fossimo stati intenzionati ad acquistare una casa in zona. E in effetti con quell’antenna…

Riprendiamo via dei Durantini e giriamo su via di Pietralata fino a via dell’Acqua Marcia. Anche qui s’avvicendano concomitanti due UDA. Applichiamo un ragionamento analogo a quello adottato per via Feronia e diamo un’occhiata all’alone d’interferenza (foto che segue) che si trova proprio all’incrocio tra Pietralata e l’Acqua Marcia.

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C’e’ una sorta di piccola Tunguska proprio lì dove ci aspettiamo di trovare qualcosa. Un boschetto raso al suolo, forse da un meteorite, e una baracca fatiscente e arrugginita. Tutt’attorno non ci sono segnalatori simili. Solo lì. Solo in quel preciso  e circoscritto punto.

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La baracca da un’altra angolazione. La fotografia è presa da via dell’Acqua Marcia

Ma una “prova” non basta ovviamente: ammesso che questa lo sia. Ci rincuoriamo forse un po’ e rimandiamo la verifica sperimentale della nuova categoria ad altre ricognizioni dove staremo attenti e vigili nel cogliere questo tipo di segnali. Su via dell’Acqua Marcia ci fermiamo ad ammirare un bel lavoro di ricolorazione dei palazzi (foto che segue):

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Il verde del primo palazzo è bellissimo. Il giallo del secondo lo è anche, ma il giallo (più ocra però suggerisce un’ufociclista) è già più comune a Roma.
Ci ripromettiamo di tornare a lavori finiti e di sperimentare qui la Tavola cromatica degli stati d’animo (si veda questo rapporto) per rilevare la tonalità emotiva dell’UDA: potrebbe essere molto interessante scontrarsi con colori così caratterizzanti e fuorvianti.
Condizionatori ovunque. Condizionatori come se piovesse.

Proseguiamo per via delle Messi d’Oro. Incontriamo il parcheggio sopraelevato della metro di Ponte Mammolo. E’ deserto in questo periodo. Un deserto composto da roventi placche di metallo.
Un ufociclista suggerisce trattarsi di una cuspide (foto che segue).

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Non è escluso che lo sia tanto più che in alcuni angoli si concentrano mucchi di stracci e altri tipi di detriti sicuramente originari. Contigua al parcheggio c’è anche un isola ecologica dell’AMA. L’isola ecologica non è una cuspide per le medesime ragioni per cui non lo era il parco di detriti incontrato all’inizio della ricognizione.
Ci soffermiamo un attimo a ragionare su questo fatto. L’ufociclista suggerisce trattarsi di una cuspide prioritariamente perché nel capitolo dell’atlante ufociclista che riguarda le cuspidi si dice che un parcheggio può esserlo.
La natura degli oggetti è sempre contestuale mai elettiva. L’ufociclismo mutua l’idea di una vocazione circostanziale degli oggetti incontrati dalla psicogeografia delle origini; mentre l’idea dell’inserimento dell’oggetto all’interno di relazioni gli proviene decisamente dallo strutturalismo. L’oggetto si trasforma quindi in un oggetto/sequenza (si veda l’atlante) il cui stato percepito è sempre momentaneo e circostanziale (situazionale). A questo proposito abbiamo già accennato in altri rapporti alla natura trans-oggettuale degli oggetti/sequenza (si veda anche questo rapporto), al loro mutare di ruolo nel tempo nello spazio ma anche entro le specifiche circostanze in cui esso è euristicamente inserito. Questo significa, in sostanza, che un oggetto può ricoprire più ruoli contemporaneamente che emergono isolatamente a seconda dell’angolazione e della prospettiva circostanziali da cui li si guarda.
Un parcheggio non è mai una cuspide per definizione quindi. Tuttavia può esserlo (e spesso un parcheggio lo è) in un dato momento della propria sequenza d’esistenza. Anche in questo caso è probabile che lo sia.

Risaliamo sul marciapiede contromano via Tiburtina nella sua parte sopraelevata. E’ un marciapiede per modo di dire. In quel tratto non interessato da abitazioni si è pensato che il passaggio di esseri bipedi o quadrupedi fosse opzionale. Un tratto di strada costruito abbastanza di recente immaginato solo ed esclusivamente a misura d’automobile.
Raggiungiamo una rampa da sempre chiusa di quel tratto (foto che segue) di via Tiburtina che in questo frangente assomiglia a un’autostrada:

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Si tratta di una scorciatoia vera e propria chiusa da barriere new jersey che impediscono l’entrata a automobili e moto. Le bici e i pedoni possono scavalcare.
Ci immette sul tratto finale di viale Palmiro Togliatti facendoci risparmiare un lungo tratto di percorrenza su via Tiburtina.

Risaliamo viale Togliatti per infilarci, invertendo la marcia, nuovamente sulla Tiburtina in direzione opposta rispetto a prima così da intercettare immediatamente un’altra rampa da sempre chiusa:

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Si tratta anche in questo caso di una scorciatoia che però a differenza della prima intercetta inizialmente una discarica:

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e poi una cuspide (foto che segue):

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La cuspide inizia sotto i piloni della sopraelevazione del tratto della metro B: Ponte Mammolo-Rebibbia. Risaliamo il dislivello verso le strutture di cemento laddove le sue tracce s’intensificano:

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Ci sono i segni dei generatori autoctoni della cuspide perché le intercapedini dei piloni sono saltuariamente abitate.

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Nella foto precedente abbiamo scavalcato i piloni nella direzione del fiume Aniene che però da questo punto non è visibile. E’ proprio davanti a noi al di là coperto alla vista dalla vegetazione.
Abbandoniamo questa scorciatoia.

Ci immettiamo nuovamente su viale Palmiro Togliatti in direzione di via Prenestina. All’altezza dei piloni della bretella Roma-l’Aquila (circonvallazione orientale: l’avevamo già incontrata qui a proposito del “parchetto sonico”) si apre un indecifrabile luogo (anch’esso probabilmente una cuspide in mancanza di altre definizioni o ipotesi migliori) che confina con un parco giochi. Di nuovo ci torna in mente Ballard:

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E’ uno spazio immenso e la foto non rende la sua ampiezza.
Lo attraversiamo per EVItare il “pericolosissimo” cavalcavia della Togliatti che scavalca la ferrovia FL2 (anche questa l’avevamo già incontrata qui) e c’addentriamo nel parco Baden Powell (il padre dello scautismo):

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Parco Baden Powell e canetto diffidente

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Ancora parco Baden Powell verso la fine

fino a via Grotta di Gregna. L’avevamo già incontrata all’inizio perché è la via dove abita la centrale elettrica che vedevamo dal parco che costeggia via Spencer.
Stiamo tornando al punto di partenza.
Ancora pochi metri e siamo su via Collatina e poi di nuovo via della Serenissima.

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Qui la mappa completa del percorso.

 

Collezioni e Tassonomie – La Rustica – Roma – 29/07/2018

Rapporto redatto da Cobol Pongide
Integrato da Lorena

Questa ricognizione/esplorazione ha avuto il compito di testare la consistenza di due categorie “minori” dell’UfoCiclismo: le collezioni e le tassonomie.
Spieghiamo immediatamente cosa intendiamo per minori.
Entrambe hanno una funzione di raccolta di oggetti/sequenza presenti sul territorio. In entrambi i casi le collezioni e le tassonomie preparano il terreno per l’analisi vera e propria selezionando preliminarmente gli oggetti che compongono il percorso analizzato o l’UDA studiata. Si tratta in altre parole di insiemi.
L’interrogativo che con questa esplorazione volevamo risolvere è il seguente: dato che la collezione si struttura come un insieme generale mentre la tassonomia come sottoinsieme (specializzato), è pensabile che la collezione, una volta organizzata in tassonomie, perda la sua funzione euristica e che quindi sparisca dall’orizzonte di un rapporto (un resoconto) definitivo?
Al contrario: la collezione può mantenere una sua funzione euristica nella decifrazione delle caratteristiche del territorio anche una volta che sia stato fatto un lavoro tassonomico di organizzazione sugli oggetti?

Partiamo dalle definizioni:
Tassonomia: “Raccolta di <<oggetto/sequenza>> tra loro omologhi. Idealmente tali oggetti sono tutti trasformabili l’uno nell’altro senza ricorrere ad azioni come strappi e cuciture (deformazione continua – omotopia).
Un insieme di <<tonal>> può ad esempio costituire una tassonomia“.
Collezione: “Raccolta di <<oggetto/sequenza>> somiglianti: non omotopici. Ad esempio <<tonal>> e <<totem d’incongruenza>>, <<affordance conflittuali>> e <<affordance attrattive>>. Si tratta di congruenze molto meno forti rispetto alla <<tassonomia>>“.
Lasciamo intatti i caporaletti presenti nell’atlante ufociclistico da cui abbiamo tratto le definizioni.

Siamo partiti da via di Tor Cervara angolo via Costi. Tecnicamente ci troviamo nel quartiere di Tor Cervara sulla tradotta che ci condurrà presso il quartiere La Rustica.
Non possiamo fare a meno di “collezionare” il primo oggetto/sequenza che ci si para dinnanzi:

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Il New York 777 – cafè – casinò, scommesse e lotterie… tanto. Tantissimo tutto concentrato in un solo edificio.
Emotivamente ci cattura e lo infiliamo nel nostro “sacchetto” che chiamiamo Collezione.
Ogni inizio è complesso: una ufociclista fa notare che l’oggetto dirimpettaio del New York 777 è però forse più interessante: “perché non partire da quello?“.  Lo riportiamo nella foto che segue:

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Nel sostenere la sua tesi l’ufociclista si lascia scappare un: “l’altro fa schifo!“… prendendosene anche la responsabilità giuridica.
E’ proprio quel “fa schifo” che supporta la scelta d’includerlo nella Collezione mentre ci spinge a non considerare degno di nota quello appena mostrato che, nella sua seppur più accettabile decenza, non esprime alcuna forza tonale. Lo schifo è invece una risposta ambientale ben più interessante, capace di caratterizzare un luogo fino ad arrivare a costituirne o a disgregarne la compattezza timica: quell’aura emotiva che esso compattamente emana.
L’ufociclista non sembra troppo convinta.

Procediamo quindi su via Costi e subito c’imbattiamo negli ex edifici del comando della guardia di finanza. Foto che segue.

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L’edificio è spettralmente abbandonato (per una mappa generale sulle occupazioni abitative si veda questo lavoro di Luca Brignone e Chiara Cacciotti.
inseriamo l’edificio nel sacchetto Collezione.
Via Costi è molto caratteristica. Si tratta di una larga strada senza abitazioni ma con edifici commerciali e amministrativi: una sorta di area neutrale posta tra Tor Cervara e La Rustica. Tecnicamente si potrebbe trattare di una enclave ma non è questa la sede per accertarlo.

In un cumulo di rifiuti poco più avanti troviamo Luigi il fratello di Super Mario.

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C’e’ anche Winnie The Pooh ma recuperiamo solo Luigi (che è qui nella sede ufociclistica pronto ad essere adottato da chiunque ne faccia richiesta).

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Ancora un oggetto da infilare nella Collezione: un ulivo che, non ce ne intendiamo, ma ci pare secolare. Ci viene in mente sempre a Roma la zona dell’Alberone che prende il nome da un leccio che non esiste più (qui ce ne parla Romano Talone accennando ad altre zone di Roma caratterizzate da altre specie di albero).
Ancora non azzardiamo ipotesi sul ruolo degli oggetti che stiamo incontrando; ci limitiamo invece a resocontarli.
Non siamo ancora a La Rustica ma questa inclusione di oggetti al di fuori dell’area che ci siamo preposti come caso di studio ha un senso che emergerà più avanti.
Proseguiamo per via Virgilio Guidi e poi finalmente per via della Rustica.
Poco prima ancora su via Guidi entriamo nel parco Fabio Montagna de La Rustica.
Non siamo in cerca di qualcosa in particolare ma continuiamo nella nostra raccolta.

Il parco è molto ben tenuto. All’interno è arredato con attrezzi ginnici e guide all’uso. Le abbiamo raccolte:

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Si tratta di oggetti molto interessanti che esprimono una forma morbida di comando e di disciplinamento. Nel loro incedere numerico progressivo formano quello che Foucault definirebbe un Ordine del Discorso che sofficemente disciplina il corpo, lo sottomette ed esclude, su di esso, altri discorsi imponendo la propria volontà di verità:
Ora, questa volontà di verità, come gli altri sistemi d’esclusione , poggia su un supporto istituzionale: essa è riconfermata, e rinforzata insieme, da tutto uno spessore di pratiche come la pedagogia, certo, come il sistema dei libri, dell’editoria, delle biblioteche, come i circoli eruditi una volta, i laboratori oggi. Ma essa è anche riconfermata, senza dubbio più profondamente, dal modo in cui il sapere è messo in opera in una società, dal modo in cui è valorizzato, distribuito, ripartito, e in un certo qual modo attribuito“.
Possiamo scorgere una sorta di sistema d’esclusione in ogni istruzione per l’uso che morbidamente invita ad un utilizzo “superiore” segnando il territorio dei comportamenti non convenzionali, degli esercizi disfunzionali. In questo caso in particolare possiamo immaginare che gli esercizi “comandati” poggino su un sapere ginnico sopra la media, tuttavia che sia per il bene comune, sia che non lo sia, esso imbastisce un efficace sequenza di comportamenti che in questo specifico è molto ben esemplificato. Non a caso si chiamano percorsi, proprio come i percorsi di vita, le rette o non rette vie, le strade che qualcuno ha costruito per portarci da qualche parte o le passerelle che conducono al patibolo.
Ci viene in mente che potremo proporre l’aggiunta di una nuova voce ufociclistica: ritmi. Così in via del tutto informale si tratterebbe di oggetti/sequenza capaci di stabilire un ordine prioritario di segnali sul territorio ricorrendo a continue (e ritmiche) riproposizioni dello stimolo: una tabulazione della coazione a ripetere (abbiamo trovato una cosa non dissimile durante una ricognizione precedente a proposito degli specchi convessi stradali) che con cadenza più o meno stabile impongono una certa punteggiatura allo spazio quotidiano.
Nel sacchetto quindi.

Il parco dal lato più a sud/est costeggia ordinatamente la ferrovia FL2 (foto che segue) in una sorta di confine naturale apparentemente invalicabile. Lo è di fatto da questo lato del parco.
La ferrovia sappiamo essere una varietà dimensionale 2 (si veda anche questo resoconto) oppure l’atlante ufociclistico.

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Procedendo c’imbattiamo letteralmente in una fogna a cielo aperto che attraversa in più punti il parco (foto che segue) e qui nella veduta aerea.

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L’odore è nauseabondo ancor più in questa stagione di rapide fermentazioni. L’oggetto è comunque interessante e lo inseriamo nel sacchetto Collezione.
La fogna (o marana) segna il limite del parco oltre il quale si apre un parcheggio.
Lo attraversiamo e notiamo che al momento è accessibile ma ancora chiuso.
Su un lato di questo si apre un cancello (un’affordance attrattiva – si veda l’atlante ufociclistico) che dà sulla ferrovia. C’infiliamo restando da questo lato del passaggio (foto che segue).

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In invito esplicito a entrare che noi non possiamo non accettare.
Contempliamo come significativa anche questa affordance attrattiva che consegniamo alla nostra Collezione dato che essa ha un carattere più che semplicemente soggettivo. Un cartello (foto che segue) infatti invita a non entrare mentre un cancello spalancato ci urla esattamente il contrario. Non si tratta quindi semplicemente di un passaggio ma di una sorta di “trappola” a cui è difficile resistere: “Le affordance attrattive attraggono per definizione e spesso l’ufociclista si lascia catturare pur sapendo d’incorrere in una possibile trappola; e questo perché talvolta è saggio e intelligente farsi intrappolare investendoci tutta la propria soggettività“.
Anche questa nel sacchetto.

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Alla fine del percorso calpestabile (foto che segue) in lontananza scorgiamo gli ex studi televisivi della TVR Voxson di Tor Cervara da dove siamo venuti.

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Foto con mano e reperto ferroviario. Sta diventando una specie di classico.

Abbiamo abbandonato la ferrovia e siamo tornati nel parco perché avevamo lasciato in sospeso un percorso (foto che segue).

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Di nuovo al confine tra il parcheggio e il parco. Di nuovo di fronte alla fogna che avevamo poco prima incontrato. L’odore è insopportabile al limite del mancamento. Davanti a noi si apre una misteriosissima ciclabile che continua a seguire imperterrita il corso della marana. Eroicamente c’infiliamo sprezzanti dell’epatiti.

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Scopriamo che la ciclabile costeggia la ferrovia proprio dalla parte che, precedentemente, dal parco sembrava inaccessibile.
Nella foto precedente il sottopasso che scavalca le rotaie. Qui l’intero tracciato.

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Incontriamo due campi da tennis in buono stato e tutta la ciclabile sembra manutenuta non di recentissimo ma comunque presidiata.

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Siamo giunti alla fine della ciclabile. Chiusa. Si affaccia su via della Stazione di Tor Sapienza. Ci siamo imbattuti nuovamente in una varietà dimensionale d’ordine inferiore (1 dato che si tratta di una ciclabile) che è anche uno strappo (si veda anche questo resoconto). Ancora una volta ci rendiamo conto che urge una ridefinizione del concetto di varietà dimensionale così come era stato presentato nell’atlante ufociclistico.

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I fruitori dello strappo hanno comunque trovato una soluzione al dato di fatto che esso è ancora chiuso: come si può vedere nella foto precedente con la grata divelta. Ciò ci conferma l’importanza strutturale di questi oggetti all’interno del contesto urbano.
Secondo noi si tratta di uno strappo e non di una scorciatoia (si veda l’atlante ufociclistico) perché ci troviamo in presenza almeno di due UDA (il parco Montagna e Tor Sapienza) uniti da una ulteriore UDA con proprietà irriducibili alle precedenti (la ciclabile).

Siamo tornati indietro, di nuovo nel parco, dato che ancora dobbiamo inoltrarci verso La Rustica vera e propria.
Incontriamo un centro estivo con piscina (nella foto che segue):

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Ghiacciolo all’arancia nel chiosco che sa di mare e poi torniamo rapidamente sulle tracce di un’antica via romana (forse la vecchia Collatina):

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Qui la via dalla vista aerea.
La strada romana è interessante e anch’essa finisce nel nostro sacchetto Collezione.
Usciamo finalmente dal parco Fabio Montagna.

Siamo su via della Rustica e ci imbattiamo nel murales in ricordo di Lucio Conte:

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Anche questa sorta di cenotafio è di particolare interesse.
Facciamo l’ennesima sosta al nasone (fontanella) così da constatare che nella squadra un’ufociclista in particolare ha esigenze idriche fuori dalla norma.
Procediamo e c’imbattiamo nella interessantissima parrocchia di S. Czestochowa la Madonna Nera (foto che segue):

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La chiesa ha un aspetto compatto e minaccioso che ricorda una sorta di bunker.
Due reperti quelli appena incontrati (il cenotafio a Conte e la parrocchia) che si affrontano a poca distanza l’uno dall’altro ricordandoci la lotta tra Peppone e Don Camillo.

Più prosaico il murales della ASR Roma a largo Crivelli a pochi metri di distanza. Probabilmente storico.

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Siamo giunti al limite de La Rustica. La via finisce su un campo di calcio qui mostrato nella foto aerea.
Al lato destro del campo sportivo (venendo da via della Rustica) si apre un parco che abbiamo visitato. Termina dietro al campo con una sorta di sotto-parco recintato e arredato con belle panchine verdi in metallo.
Vale la pena visitarlo assolutamente (nella foto successiva):

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Affaccia sulla circonvallazione orientale che dista pochissimi metri dalle panchine come è visibile in foto. La circonvallazione orientale è una sorta di autostrada in cui sfrecciano automobili di continuo e il frastuono che ne deriva obbliga gli avventori a urlare per parlarsi. Surreale.
Mettiamo anche il sotto-parchetto nel sacchetto Collezione.

Torniamo indietro. Abbiamo già raccolto parecchi oggetti/sequenza.
Percorriamo via Galatea che costeggia il campo di calcio per riprendere, con un giro largo, via della Rustica. C’imbattiamo in un enorme cunicolo piantato sotto i piloni della circonvallazione orientale (foto che segue) che conduce al sottosuolo:

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E’ così ampio che potrebbe entrarci tranquillamente e comodamente un adulto strisciando. Potrebbe essere il Santo Graal della speleologia urbana romana. Non ne sappiamo niente e attorno a noi non c’e’ nessuno a cui chiedere. Quante generazioni di palloni ci saranno finiti? Quanti animali domestici scomparsi? Il tubo ha l’aspetto di una fàuce spalancata pronta a divorare il quartiere.
Pericolosissimo.
Anche questo nella Collezione.

Improvvisamente via Galatea diventa via Damone che termina su una strada sterrata posta a pochi metri dalla circonvallazione orientale (si veda la foto successiva):

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Si tratta di una scorciatoia (la struttura sulla destra sono i pannelli frangi rumore che danno sulla circonvallazione orientale). La scorciatoia sbuca su via Delia ed è notevolissima perché le due strade, attraverso altri percorrimenti, risultano invece molto distanti.
Si tratta di una scorciatoia (e non di uno strappo) perché le tenute tonali di via Damone e di via Delia paiono, almeno ad una prima ricognizione, identiche.
Ottimo: anche questa archiviata e messa nella Collezione.

Fin qui il lavoro “bruto”  di raccolta degli oggetti/sequenza incontrati durante una ricognizione.
Fin qui il ruolo svolto dalla collezione così come previsto, ma che poco ci dice circa l’interrogativo iniziale.
Lo ricordiamo:
tirati fuori dal “sacchetto” tutti gli oggetti/sequenza incontrati e tassonomizzati in varie categorie avremo ancora bisogno della collezione come strumento euristico o potremo dichiarare il suo ruolo terminato ai fini della compilazione del rapporto?

Procediamo con la tassonomia sperando che emerga in autonomia la risposta.
Svuotiamo il sacchetto Collezione:

1) l’inquieto New York 777 – totem d’incongruenza/flap (si veda l’atlante ufociclistico o il glossario on line);
2) il fortino ex comando della guardia di finanza – psico-dissuasore (si veda anche questo resoconto o il glossario on line);
3) l’ulivo centenario – attrattore;
4) il percorso ginnico disciplinante – affordance consce/flap;
5) la marana repellente – psico-dissuasore (si veda anche questo resoconto o il glossario on line);
6) l’attrattiva FL2 – affordance attrattive;
7) la varietà dimensionale 1 (ciclabile) – strappo (si veda anche questo resoconto);
8) la anonima strada romana – cuspide (si veda anche questo resoconto);
9) il murales a Lucio Conte – attrattore/tonal;
10) la parrocchia di S. Cezstochowa – attrattore/tonal;
11) l’ASR di largo Augusto Corelli – attrattore;
12) il parchetto sonico – cuspide (si veda anche questo resoconto);
13) l’accesso al sottomondo della circonvallazione orientale – varietà dimensionale 1 (si veda anche questo resoconto);
14) lo sterrato di via Damone – scorciatoia.

Per le categorie non note si consulti l’atlante ufociclistico.

Abbiamo proceduto ad una prima attribuzione di ruoli che in caso di rapporto andrebbe ulteriormente approfondita.
Tra l’altro stiamo sommando oggetti/sequenza che tagliano trasversalmente più UDA e che si estendono anche oltre l’area d’indagine prefissata: come abbiamo spiegato all’inizio, questa ricognizione ha uno scopo “didattico” più che realmente conoscitivo quindi ci siamo calati in una condizione estrema mentre molti di questi oggetti potrebbero non essere associabili per definizione.
Procediamo quindi con la tassonomia:

Gruppo 1) 1, 2, 5.
Gruppo 2) 4, 6.
Gruppo 3) 3, 9, 10, 11.
Gruppo 4) 8, 12.
Gruppo 5) 7, 14.
Gruppo 6) 13.

Siamo stati incerti se unificare il gruppo 5 e il gruppo 6. Questo tipo di semplificazioni riguardano il contesto d’uso dell’oggetto e quindi appartengono ad una sorta di pragmatica contestuale o situazionale.
Rileggendo la definizione di tassonomia (all’inizio di questo rapporto) si comprende infatti l’esistenza di una sorta di trans-oggettualità perché gli oggetti possono appartenere a gruppi diversi a patto che tale apparentamento rispetti l’unica condizione posta, cioè quella della omotopia. La decisione è quindi pragmatica e funzionale alla coerente costruzione della mappa. In questo senso, ad esempio, avremmo potuto creare un gruppo con varietà dimensionale 1 e scorciatoia se avessimo voluto “sottolineare” questa caratteristica “filiforme” per lo spazio indagato.

I gruppi 1 e 3 si pongono all’apice del vertice di una ipotetica piramide valoriale sfidandosi, nel caso delle UDA ad esempio, sull’asse più importante: quello di aggregazione vs disgregazione.

A questo punto saremo pronti per organizzare gli oggetti entro specifici contesti di studio rilevando quali funzioni peculiari essi assolvano nella determinazione di UDA o di ley line.  Non lo faremo ovviamente.
Il problema che rimane senza soluzione è quello di che fine faccia lo strumento collezione ora che è stato, per così dire, svuotato.

Ci torna quindi utile aver forzato l’inclusione di oggetti al di fuori dell’area prescelta per il nostro esperimento e cioè gli oggetti 1, 2, 3.
A rigore essi non andrebbero contemplati entro lo spazio de La Rustica invece noi li abbiamo inclusi perché “attrattori” percettologici insiti nel complessivo percorso tracciato. Più semplicemente potremo affermare che i confini artificiali di un qualunque spazio non vanno mai intesi alla lettera perché ovviamente essi si sfrangiano in zone d’interferenza (alone d’interferenza). Lasciare fuori per principio (o per troppo perfezionismo) gli oggetti che popolano tali aree potrebbe compromettere l’analisi dello spazio. Ecco che allora la collezione ci torna utile come una sorta di “registro di lavoro” in cui includere al margine gli oggetti che potremo non necessariamente immediatamente tassonomizzare. Mancando di categorizzazione essi rimarrebbero disponibili, “aperti”  come possibili caratterizzatori timici dello spazio. La collezione mantiene quindi una funzione di “scorta”, da cui ripescare ruoli che potrebbero non essere contemplati nello spazio circoscritto che è il nostro nucleo d’analisi.

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Guarda la mappa completa.

 

 

 

Rapporto sulla settima ricognizione UfoCiclistica (UfoCiclismo revolution 1) + Associazione Psicogeografica Romana [10/6/2017]

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La settima ricognizione UfoCiclistica è stata la piattaforma girevole d’una sperimentazione radiofonica in collaborazione con l’Associazione Psicogeografica Romana e con Radio Città Aperta.
Contravvenendo al principio che le ricognizioni s’effettuano in concomitanza con eventi astronomici l’appuntamento è stato fissato per sabato 10 giugno giornata non particolarmente significativa dal punto di vista astronomico.

Il consueto punto di raccolta s’e’, per l’occasione, frammentato in tre locazioni cosi’ da formare tre diverse squadre di ricognitori impegnati su percorsi indipendenti (elaborati dalla Associazione Psicogeografica Romana) convergenti su un unico punto dedicato al picnic esoplanetario e allo skywatching.
Come punto d’incontro è stato scelto il galoppatoio di Villa Borghese, un luogo situato al centro di Roma: per forma particolarmente adatto tanto alla pratica dello skywatching che all’eventuale atterraggio di cosmonavi aliene.

Ulteriore variante, quella di una “centrale operativa ufociclistica” situata presso Radio Città Aperta strumento di coordinamento tra squadre di ufociclisti, d’approfondimento tematico (ufologia, e ciclismo urbano) e d’intrattenimento per i radioascoltatori.
Compito della radio quello di creare una triangolazione tra le squadre di ciclisti urbani in ricognizione e ascoltatori curiosi o impossibilitati nel partecipare.
La radio ha avuto inoltre il compito di svincolare le squadre dalla “dittatura” del segnale satellitare (il navigatore satellitare è infatti un robot situato nell’esosfera che impartisce ordini agli esseri umani) pur garantendo alle squadre un supporto tattico nella corretta percorrenza dei tragitti suggeriti.

In studio alla conduzione Carolina Cutolo e Edoardo De Falchi sostenuti da Antonio Pedivella alla regia (l’uomo al di la’ del vetro) e dalla suddetta Associazione Psicogeografica Romana rappresentata da Daniel De Riva e Alessandra Girotti.

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Antonio Pedivella e al di là del vetro Edoardo De Falchi

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In studio (da sinistra) Alessandra Girotti (APR), Daniel De Riva (APR), Edoardo De Falchi e Carolina Cutolo

Inviato speciale il giornalista internazionale Andrea Cangioli esperto ricercatore di segnali di vita altri in missione presso il Gay Village nella giornata del Gay Pride.

Ospiti in collegamento telefonico:
L’astrologa Astronza con il suo oroscopo ufociclistico (minuti: 0:50:34 – 1:34:08 – 2:17:32), Vanni Santoni scrittore e narratore (Minuto: 1:10:30), Riccardo Balli dj musicista e ex componente della Associazione Astronauti Autonomi sezione Italia, nonché skaterista (minuto: 2:00:05).

Caposquadra (referenti) delle pattuglie UfoCiclistiche:
Federica, Francesco e Cobol.

I tre punti di raccolta scelti in modo da coprire i raggi di un semireticolato erano:
– Largo Preneste (Colombario di largo Preneste – coordinate 41.892145, 12.541533);
– Via Giacinto Carini (Teatro Vascello – coordinate 41.882494, 12.460694);
– Via Val di Cogne (Metro Conca D’Oro – coordinate 41.939928, 12.528349).

Ci preme ringraziare inoltre Tamara della Tamara Lorenzi Communication nel supporto della comunicazione legata all’evento e Dynamis storici fiancheggiatori degli eventi ufociclistici.
Ringraziamo anche Valentino De Luca per l’apporto ai social durante la diretta.

Prima d’addentrarci nei particolari del rapporto rilasciamo il podcast UfoCiclismo Revolution del 10 giugno in cui è possibile riascoltare l’intera trasmissione.

Quelli che seguono sono i link ai percorsi elaborati dalla Associazione Psicogeografica Romana. I primi due percorsi sono divisi in tre tappe mentre il terzo percorso è inserito in una mappa unica.

Ogni percorso è strutturato in tre tappe (la terza per tutti è la tappa finale del Galoppatoio). Ogni tappa è stata l’occasione per “marcare il territorio” mediante adesivi e multe creative (azioni disordinanti): facsimile di un verbale della polizia municipale di Roma da apporre “criticamente” sul parabrezza delle automobili: vera e propria armata d’invasione.

Percorso 1: tappa1tappa2raccolta
Percorso 2: tappa1tappa2raccolta
Percorso 3: percorso unitario

Le tre squadre hanno lasciato i rispettivi punti di raccolta circa quindici minuti dopo l’inizio di Ufociclismo Revolution subito dopo il primo giro di contatti con i caposquadra. Complessivamente le tre squadre erano composte da circa venti ufociclisti.

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Alieno presso il punto di raccolta della prima squadra

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Segno lasciato presso Largo Preneste

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Cesti di bici pieni di patatine vegan

Mentre la prima squadra percorreva le strade della periferia sud-est di Roma nella straniante zona tra via Labico e via dei Gordiani, la seconda squadra discendeva lungo via delle Fornaci verso le sponde del fiume Tevere.
Allo stesso tempo la “centrale operativa” perdeva definitivamente il contatto con la terza squadra per problemi d’ordine tecnico.
Proprio in via dei Gordiani la prima squadra si smarriva richiedendo assistenza all’Associazione Psicogeografica Romana (minuto 43:02) nella zona di Villa De Sanctis.

Tra gli eventi rilevanti la deriva non prevista della seconda squadra che incontrava le difficoltà in un fuori tracciato d’attraversamento delle sponde del Tevere laddove in estate si consuma un brutto pezzo della movida romana (minuto 01:43:16).

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Autoritratto della seconda squadra sulle sponde del Tevere

 Mentre la terza squadra proseguiva alla cieca non riuscendo più a comunicare con la centrale operativa e operando degli istrionici tagli sul percorso previsto, la prima squadra di passaggio presso la ley line di via del Mandrione ne approfittava per una breve pausa utile a far recitare alla poetessa Fedra un breve componimento realizzato proprio in previsione della ricognizione stessa (minuto 1:06:10):

 SOGNO
DIMENSIONI NUOVE S’INCONTRANO
ATTESA

Dopo circa quindici/venti minuti la prima squadra raggiungeva la prima tappa presso Porta Maggiore (minuto 1:24:54) dove dava avvio alle pratiche di stickering e alle disordinazioni tramite multe creative.

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Prima squadra presso Porta Maggione. All’UfoCiclista Fedra brilla il capo

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L’UfoCiclista Lorena notifica multe creative agli automobilisti

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Multe creative apposte per principio sui parabrezza

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Dettaglio di multa creativa

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Palo conquistato dalla terza squadra – Conca D’Oro

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Prima squadra: gli UfoCiclisti piu’ alti performano

I percorsi indicati dalla Associazione Psicogeografica Romana sono risultati un po’ abbondanti rispetti alla durata di due ore prevista per UfoCiclismo Revolution. Cosi’ sullo scoccare dei centoventi minuti la centrale operativa ha invitato i ciclisti urbani ad accelerare convergendo sulla tappa finale lambendo solo marginalmente lo stop della seconda tappa.

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Esplode in studio la felicità alla notizia del ritrovamento della terza squadra (Conca D’Oro)

Colpo di scena sullo scoccare delle due ore riappariva la terza squadra coordinata da Federica (minuto 1:52:10) che nel tragitto da Conca D’Oro al Galappatoio aveva integrato nel proprio organico anche Luciano col suo ciclobar (visibile nella foto sottostante per le luminarie da incontro ravvicinato del primo tipo).

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Foto ricordo del punto di raccolta finale (foto Sem)

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Il ciclobar di Luciano e mimetizzato tra gli UfoCiclisti l’inviato Andrea Cangioli

L’arrivo al galoppatoio è avvenuto in circa due ore e quaranta.
Nessuna delle squadre ha segnalato avvistamenti di luci nel cielo ne tanto meno contatti (ir) di alcun tipo.
Solo la prima squadra nella già citata circostanza di via Labico riporta di un misterioso avvistamento di sfere giacenti su un prato che però, a prima vista, avrebbero con ogni probabilità origini terrestri.
Approfondiremo e sapremo dirvi meglio nella seconda puntata del 24.

Un racconto interessante ci è stato riportato da un ufociclista testimone, qualche anno fa, di un avvistamento UFO nella zona del centro-sud dell’Italia.
L’ufociclista ha infatti raccontato di aver visto per parecchi secondi un oggetto iridescente di forma lenticolare stazionare nei cieli del proprio comune d’origine.
La caratteristica dell’UFO era quella d’esser un oggetto praticamente immobile nel cielo. Il testimone racconta dell’aver percepito, anche se a distanza, una sorta di “sensazione di silenziosità” dell’oggetto.
Dopo alcuni secondi l’UFO è sparito alla vista come se fosse progressivamente stato cancellato in una sorta di processo di mimetizzazione con lo sfondo azzurro circostante.
Il testimone ufociclista ci riferisce inoltre che nell’averne parlato col padre; quest’ultimo gli avrebbe confermato che da molti decenni quella zona è interessata da inspiegati fenomeni UFO e di essere stato anche lui testimone di un avvistamento.
In sostanza nella zona su cui cercheremo in seguito di essere piu’ precisi sembra vigere una sorta di “realismo magico” il cui fulcro sono le continue apparizioni di oggetti volanti non identificati ormai parte stessa del paesaggio semi rurale.

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UFO lenticolare (immagine esemplificativa)

Piazza del galoppatoio era chiusa per via di una vetusta manifestazione equestre; cosi’ le squadre si sono accomodate dinnanzi la suddetta piazza dove, dopo aver atteso ancora qualche minuto l’eventuale arrivo di navi aliene, ha consumato il picnic esoplanetario a base di cibarie vegan/vegetariane.
Immancabile l’humus vegano.

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Il banchetto di benvenuto

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Le bici prefigurano i dischi volanti

Per il momento è tutto. Vi rimandiamo all’ascolto del podcast e alla puntata del 24 giugno di UfoCiclismo Revolution.

Vi lasciamo sottolineando la scaletta musicale curata da Antonio Pedivella e Edoardo De Falchi col contributo di tutta la redazione:

Franco Battiato –  No time no space
Tomorrow   – My white bicyle
Caterina Caselli – Le biciclette bianche
The UFO Club – Surf city
Syd Barrett / Pink Floyd cover by The Farmingdale Sound Machine – Bike
Mungo Jerry  – Push Bike Song
Brainiac – Go Freaks Go
Jonathan Richman – Cosi Veloce
Piney Gir – Blixa Bargeld’s Bicycle
The Intelligence – Sailor Itch
J’ai acheté – Un vélo
Boards of Canada – Happy cycling
Lemon Jelly – Spacewalk
Freddie Sandy – The Bicycle Song
Madness – Riding on my bike

ad1

Adesivo UfoCiclistico

ad2

Un altro adesivo UfoCiclistico

Ci vediamo nel futuro.