Separatore Torre Spaccata – Roma – 24/6/2018

Rapporto redatto da Cobol Pongide

Il separatorepuò essere considerato come l’operazione inversa dell’occultatore […] si tratta di strutture che apparentemente funzionano da conclusori di un’UDA (Unità D’Ambiance) mentre invece hanno una funzione esclusivamente d’intermittenza” da UfoCiclismo. Atlante tattico ad uso del ciclista sensibile.

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Qui sopra la mappa contenuta nel libro.
In bicicletta abbiamo raggiunto il separatore principale, quello evidenziato nella mappa dal doppio tratteggio, di viale Antonio Ciamarra provenendo da via Casilina e passando per via delle Rondini.
Per accedere a viale di Torre Maura, che poi diventa viale Ciamarra, ci sono molte strade ma abbiamo scelto via delle Rondini perché contenente uno strappo, ovvero un passaggio tra due UDA intervallato da uno spazio che non appartiene a nessuna delle unità d’ambiance coinvolte. Si tratta del modo più rapido per passare da via Casilina a viale di Torre Maura, com’è nelle caratteristiche di uno strappo, se si proviene da quella parte della città.

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Via delle Rondini (nell’immagine qui sopra) è la strada più grande a destra che taglia la mappa quasi verticalmente. All’incrocio con via della Cicogna girando a sinistra (sempre osservando la mappa) si raggiunge un pezzo di terreno demaniale in cui sono visibili tre strade “bianche” prodotte dal frequente attraversamento da parte degli autoctoni e utilizzate appunto per giungere su viale di Torre Maura. In alternativa quest’ultima sarebbe raggiungibile solo percorrendo un lungo tratto di strada che vede via delle Rondini sfociare infine su via del Fosso di Santa Maura (qui la mappa più generale per farsi un’idea della zona).
L’immagine qui sopra è una veduta aerea che risale al 2012 e da allora tutta la parte che dà su viale di Torre Maura è stata razionalizzata e risistemata. Tra la zona di via delle Rondini e viale di Torre Maura si assiste ad una brusca discontinuità di UDA con la zona di Torre Maura vera e propria (Via delle Rondini) caratterizzata da case basse e ex baracche condonate e la zona oltre viale di Torre Maura che inizia a prendere le sembianze dell’adiacente e più moderno quartiere Don Bosco (Palmiro Togliatti-Tuscolana). Le due UDA, nell’area che stiamo esaminando, sono divise da questo spazio non asfaltato che produce il suddetto strappo.
Tra l’altro, come da definizione, esso non è attraversabile per mezzo d’automobili ma solo in modalità ciclopedonale.
Vediamolo più nel dettaglio:

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Questa è l’entrata dello strappo provenendo da via della Cicogna. Oltre il prato si vedono gli alti palazzi che appartengono all’UDA adiacente al quartiere di Don Bosco.

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Subito dopo l’entrata mostrata nella foto precedente ci troviamo nel mezzo dello strappo. Se si paragona questa immagine alla precedente veduta aerea  è possibile intravedere a sinistra il ramo che per primo si distacca dalla strada principale. E’ questo il braccio che a noi interessa.

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Percorso tutto il ramo a sinistra si sbuca su viale di Torre Maura attraverso un’uscita non agevole da percorrere.

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Qui abbiamo cambiato visuale. Ora ci troviamo su viale di Torre Maura guardando dalla strada l’uscita dello strappo. In cielo scie chimiche 😉
Da notare (prossima fotografia) come immettendosi sul marciapiede di viale di Torre Maura lo strappo stia producendo una piccola cuspide sedimentaria che però per via dei passaggi di bici (infatti sul marciapiede c’è anche una ciclabile) e pedoni non ha modo di affermarsi una volta per tutte .

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La cuspide finisce per strada dove il passaggio delle automobili la disperde definitivamente.
Lo strato proprio sotto il marciapiede (visibile nella prossima foto) è il deposito più vecchio in cui potrebbe essere interessante scavare alla ricerca della genealogia dello strappo.

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Dopo poco più di un chilometro giungiamo finalmente al separatore di viale Ciamarra – zona Torre Spaccata.
Si tratta di un’isola pedonale della larghezza non costante di circa 7/10 metri e della lunghezza esatta di un chilometro.

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La posizione mostrata nella foto qui sopra è la parte iniziale del separatore (o finale dipende dal senso di percorrenza) con a destra e sinistra l’UDA continua resa intermittente (come da definizione) del separatore che stiamo analizzando.

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Nella mappa sopra l’esatto punto in cui è stata scattata la foto precedente e la direzione di marcia che stiamo percorrendo. Alle spalle ci siamo lasciati lo strappo e la cuspide di Torre Maura.
In questa mappa che evidenzia sopratutto le unità abitative il separatore è appena visibile. Qui la stessa mappa da veduta aerea e col separatore più evidenziato.

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Procedendo nel verso della freccia mostrata nella mappa, incontriamo un altro separatore (nella prima mappa all’inizio del post indicato come secondo separatore) che taglia perpendicolarmente quello su cui stiamo pedalando. Si tratta quindi di un sistema di separatori.

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Più nel dettaglio: i separatori s’incrociano ma la colorazione dell’UDA rimane invariata.
Quella messa in scena del separatore è una quinta teatrale, un’operazione di cosmesi, su un’UDA che non perde d’integrità nonostante appaia visivamente frammentata e spezzettata.

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Ancora più nel dettaglio: il sottopasso del sistema di separatori.
Il separatore che corre nel mezzo di viale Ciamarra (quello principale) inserisce al proprio interno interessanti elementi (arredi urbani) di discontinuità rispetto all’atmosfera dell’UDA Torre Spaccata. Il separatore prevede delle aree “tematiche” attraversate da una ciclabile. Ecco gli eso-elementi utilizzati per disarmonizzare l’UDA:

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Panchine disergonomizzate. Belle ma con seduta molto scomoda. Lo schienale è esageratamente alto e non permette lo spostamento indietro della nuca.

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Specchi deformanti “ostili” in cui non si riesce a non comparire rovesciati.

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Bellissimo: megafono rotante, orientabile (vedi il filmato) per comizi d’infanti umani. Nella foto non è percepibile ma l’imbuto d’ingresso del segnale è posizionato a 50 massimo 60 centimetri da terra: inutilizzabile per un adulto a meno di non accovacciarsi.

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Il gioco delle freccette, ma senza punteggi (e senza freccette). Un tale bersaglio può facilmente innescare una affordance vandalica o conflittuale. Il suo compagno (non fotografato) è di fatti stato menomato.

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Sistema di comunicazione attraverso tubi sotterranei onde scambiare messaggi segreti cifrati e isolarsi dal resto del contesto.

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Il gioco lo “Orecchio di Dioniso” con emittente e ricevente o viceversa (in foto anche un “nasone” libero). Anche in questo caso si rimanda a una forma di comunicazione che atomizza i giocatori e li isola dal contesto.

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La guida c’informa che il separatore ha un nome specifico (ufficiale nell’urbanistica tradizionale): spazio parapedonale che da definizione contempla, non a caso,  dissuasori e barriere.

Il separatore parapedonale di Torre Spaccata è uno spazio abbastanza unico nel panorama romano in cui generalmente l’horror vacui è colmato tutt’al più dal classico trittico: scivolo, altalena, terriera. La scelta è quindi molto interessante e anche molto bella a dire il vero; ricorda più l’arredo urbano delle città del nord europa che quello di un quartiere periferico romano.
Al suo interno s’integrano spazi di socializzazione, su disarmoniche panchine, spazi per i cani e giochi molto (anche troppo) sofisticati per bambini. Manca una guida ai giochi che in questo contesto sarebbe stata molto utile.
In questa lingua di terra si confrontano assi valoriali e simbolici tra loro opposti e in aperta competizione. Di fatto si tratta a tutti gli effetti di un separatore (funzione cosmetica) ma la sua morfologia “aliena” rispetto al resto dell’UDA ne fa anche un vero e proprio Totem d’incongruenza (si veda l’atlante o il glossario on line) ovvero un elemento disgregativo della compattezza dell’UDA.
All’opposto ci aspettiamo di trovare un Tonal (aggregatore) con ogni probabilità rappresentato dalla vecchia torre (Torre Spaccata) che in questa ricognizione non abbiamo però intercettato ma che ci riproponiamo di individuare in un prossimo sopralluogo.
In questa doppia funzione il separatore/totem assume un ruolo nuovo molto poco coerente con quanto inizialmente sostenuto circa la sua funzione esclusivamente dissimulatoria e cosmetica. Da totem il ruolo del separatore potrebbe essere ben più decisivo per la tenuta dell’UDA stessa.  Un indizio del suo essere anche totem d’incongruenza ci viene dall’evidenza che nonostante esista da poco tempo (nelle carte del 2012 al suo posto c’era solo un piccolo marciapiede), il separatore mostra già i segni di una continua e ripetuta vandalizzazione da parte del quartiere che potrebbe percepirlo come elemento destabilizzatore.
Un altro elemento marca la possibilità di questo doppio ruolo. Da separatore parapedonale l’apparato contempla dei curiosi sistemi di espansione del verde congegnati come dei veri e propri muri invalicabili così da rimarcare con forza la sua vocazione bisettrice e di rottura della continuità udale: dei muri verdi con strutture in metallo accompagnati da belle abat-jour stradali.

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Ancora, la natura “aliena” del separatore/totem entro il contesto dell’UDA è evidenziato dalla presenza di strutture ufomorfiche generali che spuntano misteriosamente dal terreno (si tratta probabilmente di sfiatatoi):

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Non è raro che strutture apparentemente assimilabili a certe funzioni (il separatore) possano al contempo svolgerne altre (totem). In questo caso si tratta di applicazioni omologhe dato che tra separatori e totem d’incongruenza esiste un qualche tipo di parentela.
I totem d’incongruenza (nascosti anche sotto le sembianze d’innocui separatori) possono diventare potenti alleati qualora lo scopo sia disgregare un’UDA o temibili nemici qualora lo scopo sia preservarla.
Abbiamo provato ad assegnare un colore a questa UDA basandoci sulla Tavola cromatica degli stati d’animo: ci è parso che la nostra scelta s’orientasse spontaneamente sul gradiente 32. Dall’Atlante correliamo il gradiente e il sapore: aspro, nel suo valore più alto dato che il cluster è limitato dai valori 29-32. Si tratta di “un’ambiance resistente, vivida” (leggiamo dall’atlante UfoCiclistico). L’impressione fenomenica coincide col valore atteso; coerentemente siamo in presenza di una UDA molto caratterizzata e ben sedimentata sotto attacco da parte di un totem che le si sta sviluppando dentro. Non affatto è certo alla fine quale forza avrà il sopravvento nell’asse aggregazione/disgregazione. Da quel che possiamo vedere il totem è, purtroppo, costantemente sotto l’attacco degli autoctoni. Ciò ci spinge a pensare che il totem nel giro di pochi anni finirà per sparire tornando ad essere solo un separatore

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Nella mappa qui sopra il TCSD è il riferimento alla Tavola Cromatica degli Stati d’Animo (il colore differisce un po’ per via del livello di trasparenza).

Ci salutiamo con la simpatica Valeria:

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Bau a tutti!!!

 

 

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XI Ricognizione UfoCiclistica – Sciame delle Liridi

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Rapporto redatto da Dafne.

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Il percoprso della ricognizione ufociclistica

Si parte come al solito dalla metro di Piazza San Giovanni, un po’ in ritardo sulla tabella di marcia per cause di forza maggiore che hanno impossibilitato un’ufociclista ad essere in orario all’appuntamento, e in un numero ridotto, di quattro persone, forse per la stagione, forse per i motivi politici della passeggiata che tengono lontani le persone, forse per il giorno della settimana, non molto indicato per uscire la sera.
Dopo aver controllato la disponibilità di cibo e luci, si parte alla volta di Roma Est, verso il punto dove il 9 dicembre scorso ci sono stati degli avvistamenti di UFO.

I quattro ciclisti imboccano subito viale La Spezia occupando un’intera corsia riservata alle auto.
Passano vicino alla leggendaria fermata della metro gialla che, dicono, un giorno aprirà le sue porte ai cittadini, e arrivano fino alla piazza rotonda, passano sotto gli archi, costeggiano la ferrovia e scendono giù per un tratto di strada contromano fino all’isola pedonale del Pigneto.
Qui, sotto la gli occhi vigili di due divise, uno degli ufociclisti fa la prima sosta per dare un’occhiata in giro alla ricerca di biciclette sulle quali lasciare volantini e tentare di abbordare qualche ciclista che passa di lì. Uno di questi ciclisti per l’appunto viene attratto dall’idea di pedalare con loro e sta quasi per abbandonare i suoi amici, peraltro incitato dagli stessi, ma il suo senso di colpa è più forte e così promette di tornare la prossima volta col suo apparecchio fotografico, per lui anche strumento di lavoro, ad immortalare eventuali incontri con esseri extraterrestri.
Non fanno in tempo a passare il ponticello sopra la ferrovia che incontrano un altro aspirante ufociclista: “Venite da Zazie!” gli dice. Zazie è uno degli ultimi avamposti ufociclistici sulla via che porta a Roma est, e i quattro ciclisti lo conoscono bene.

Dopo il ponte comincia un saliscendi che porterà i quattro ciclisti giù per la via del Pigneto percorsa rigorosamente contromano e col rischio di essere colpiti dai rami degli alberi sul marciapiedi che pendono pericolosamente verso la strada, poi sempre più giù per via Malatesta e su per la ripida via Teano, per poi ridiscendere da via Anagni. Attraversata Tor de Schiavi, i quattro risalgono per via Delpino e imboccano via dei Castani seguendo la linea del tram. Qui incontrano presenze notturne ambulanti che li salutano gioiose in mezzo alla strada innalzando una bottiglia di birra alla loro salute.

Il saliscendi continua e, attraversata piazza dei Gerani a rischio di essere travolti da un tram che arriva dalla direzione opposta, i quattro ufociclisti entrano nel parco Madre Teresa. Qui c’è una sosta importante per rifornimento di acqua, ma non ne approfitteranno a dovere rischiando di patire la sete più avanti. Il saliscendi continua e i quattro scendono giù verso quello che una volta era il fosso, la marrana, attraverso sentieri sterrati, costituiti da avvallamenti e dossi creati dalle radici dei grandi pini, fino all’uscita dal parco che da direttamente sulla via Togliatti. Si entra ora in un’atmosfera di fumo e rombo costante di motori che sfrecciano avanti e indietro. Percorrono la Togliatti sull’unica “isola felice” (per così dire), la ciclabile più pericolosa del mondo, dall’asfalto dissestato, sterrata in alcuni punti, interrotta da incroci senza semaforo, frequentata a seconda dell’orario della giornata da passanti, cani, motorini e persino automobili.

All’incrocio con via dei Meli c’è una sosta per rifornirsi di accendini all’unico tabaccaio aperto a quell’ora notturna, poi si continua per via Togliatti fino all’acquedotto Felice. Qui, da sotto gli archi altre presenze notturne compaiono dal buio, femminili o maschili con parvenze femminili, seminude, invisibili alla luce del sole, evidenti nell’oscurità. Un’ufociclista le saluta festosa.

Si sale ora verso viale Alessandrino, del quale percorrono un breve tratto prima di entrare nel parco omonimo e perdersi per i vialetti circondati dall’erba e dagli alti alberi. Qui i quattro si separano per la prima volta. Due di loro si perdono nei prati e invece di seguire il sentiero che porta in alto, si lanciano per una buia discesa seguendo una lunga curva, ma scoprono di aver sbagliato strada. Proseguono ugualmente, ansiose di perdersi. Poi, si buttano in mezzo all’erba alta e umida e trascinando la bici a mano camminando sulla terra bagnata, salgono su per riprendere il sentiero, seguendo la luce di due lucciole che brillano in lontananza.
Così arrivano in un’ampia conca semicircolare che brilla sotto di loro alla luce delle stelle che risplendono chiare quella notte e di uno spicchio di luna semicoperto dalle nuvole. Luci lontane si muovono in cielo: sono aeroplani.

I quattro entrano dentro la conca che li accoglie. Si siedono, tirano fuori il cibo rigorosamente vegano, pane, humus e arance, e lì, nel silenzio più assoluto si fermano a contemplare il paesaggio e chiacchierare.
Una luce illumina la notte a poca distanza da loro e si perde nell’oscurità poco più in là. Un ufopassante diretto chissà dove.
I loro discorsi sono vari, riempiono il vuoto di opinioni e idee che c’è in giro da qualche tempo a questa parte: dal recupero di luoghi abbandonati, passano al senso della rivoluzione, costruiscono teorie sul clima e sul rapporto di esso con le opere costruite dagli esseri umani.
Poi tirano fuori gli strumenti e a quel punto la musica parla per loro. La musica richiama versi che parlano di corpi che attraversano il tempo diventando suoni e poi immagini, quindi curve sovrapposte…

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Ascolta l’editto musical poetico notturno ispirato dalla serata agli UfoCiclisti: Onde.

Ad interrompere questo momento ci pensano dei botti che risuonano nel cielo e delle luci colorate che si rispecchiano in lontananza nel cielo nero.
A quel punto l’aria si è fatta più umida e fredda e le zanzare si sono abbondantemente fatte sentire.
I quattro decidono che è ora di tornare indietro.
Si buttano giù per i sentieri in mezzo all’erba e arrivano su via Molfetta, quindi si ritrovano di nuovo su Via Togliatti. Non si fermano troppo a riflettere sul repentino passaggio che hanno appena vissuto, dalla quiete del parco al mondo di luci artificiali e auto rombanti, e salgono per via dei Gelsi per poi gettarsi in discesa sulla stessa via, una volta attraversata via dei Castani. Alla base della discesa, un’ufociclista rivela al gruppo il segreto delle conche scavate nelle strade in discesa, di solito per trattenere l’acqua piovana ma che aiutano anche i ciclisti a frenare.
Quindi risalgono per Via Anagni, e arrivano in via Teano. Qui l’ufociclista che gli ha appena spiegato l’uso delle conche e precedentemente gli ha illustrato la teoria meteorologica sul Gra, saluta i compagni. Gli altri tre continueranno fino a San Giovanni, al punto di partenza per accompagnare per un tratto l’ufociclista che vive dall’altro lato della città al di là del fiume.

Rimasti in tre, dunque, continuano il percorso a ritroso, passando vicino alla discarica e al campo Rom di via Teano, risalendo poi verso il Pigneto da via Conte di Carmagnola e costeggiando il campo sportivo verso la piazzetta senza targa, che fu un tempo battezzata dagli abitanti del quartiere con il nome di due partigiani.
Tornati all’isola pedonale, i tre fanno una nuova sosta, per mettere nuovi volantini sulle bici, ma anche e soprattutto per bere alla fontana.
Ritorno verso Piazza Lodi e da lì di nuovo si percorre viale La Spezia per concludere il viaggio alla metro, dove la compagnia si scioglie.

Consigli di letture/film per saperne di più su incontri alieni e comunicazione con gli extraterrestri:
Il quinto giorno (Der schwarm), Frank Shätzing, Editore Nord, 2005
Sfera (Sphere), film del 1998, diretto da Barry Levinson

 

Cosa è l’UfoCiclismo

Teoria Critica sullo spazio

L’UfoCiclismo si propone come teoria critica che ruota attorno alla bicicletta. Per fare ciò si pone prioritariamente come teoria critica sullo spazio urbano (più in generale sugli spazi antropici).

La vocazione critica della bicicletta la sperimenta ogni giorno il ciclista urbano, non tanto nelle percorrenze più rapide e abituali, quanto in quelle esplorative, che scovano nuovi passaggi, che ne aprono di nuovi. La bicicletta sprona a non percorrere necessariamente la strada più veloce, quella più consigliata, ma apre alla possibilità concreta che lo spazio sia sorretto da altre strategie, oltre quelle note e riconducibili alla brevità, alla velocità, all’utilità e via discorrendo.
Questa è la vocazione cartografante della bicicletta.

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Illustrazione di CROMA

Ma tutto ciò non basta. Non è ancora abbastanza.
Anche qualora il cicloattivismo riuscisse nella sua battaglia in favore di un uso più generalizzato e consapevole della bici e di modalità più sostenibili di trasporto, anche allora ci ritroveremmo tutti insieme a pedalare nuovamente all’indirizzo delle fabbriche capitaliste, imprigionati nel lavoro schiavista e nelle nubi tossiche che ormai fanno stabilmente parte della nostra biosfera. Avremo così inciso davvero poco sulla realtà.
Occorre quindi una teoria critica con ambizioni più generali.
Necessitiamo di una teoria critica capace d’armonizzare più fronti di lotta, tutti compatibili e arricchiti dalla scelta d’utilizzare la bicicletta.
Come ufociclisti crediamo che le varianti di tali lotte siano riassunte nei principi dell’antifascismo, dell’antirazzismo, dell’antispecismo, dell’antisessismo.
Molti “anti” che però spalancano un universo di possibili alleanze.
Come ufociclisti troviamo ad esempio incoerente che tanti cicloattivisti impegnati anche in campagne per la sensibilizzazione sulle sofferenze di popoli oppressi, così come per i diritti dei ciclisti quali anello più fragile della mobilità, non sentano la necessità d’esprimere concretamente la stessa solidarietà per l’oppressione di altre specie animali, considerate come cibo per gli esseri umani e costrette a vivere in lager. Il fascismo che si pratica sulle strade è lo stesso che opprime i popoli e che segrega, tortura e uccide gli animali.
La lotta per la mobilità sostenibile è anche una lotta contro lo specismo!

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Oggetti volanti (e non) non-identificati

Gli ufociclisti non sono ufologi, semmai (se il termine non fosse terribilmente cacofonico) potremmo definirci ufofili, perché impegnati a valorizzare l’oggetto non identificato, a volerlo preservare come tale: ineffabile.
Gli ufologi sono esattamente il contrario: gendarmi dell’identificazione, di tutto ciò che sfugge alle maglie strette del controllo generalizzato (si veda anche: Chi sono gli ufologi).

Ma cosa sono gli UFO? Qualcuno lo sa? Consideriamo un’opportunità  il fatto di non saperlo. Consideriamo un valore aggiunto il fatto che esista qualcosa che sfugge alla identificazione coatta, all’incasellamento tassonomico, al controllo, aprendo, per questo, su mondi possibili, su alternative perseguibili.

Se pensassimo quindi l’UFO esclusivamente come oggetto di provenienza terrestre, se supponessimo quindi che tutto fosse spiegabile approssimandolo (prima o poi) a fenomeni noti, avremmo perso un’occasione: l’occasione di sperimentare un principio di concreta alterità.
Non è utile altresì ipotizzare dogmaticamente che gli UFO siano cosmoveicoli d’origine aliena.
La ricchezza dell’UFO sta nel suo essere un “oggetto aperto“, flessibile, non ergonomicamente funzionale o riconducibile a uno specifico scopo: un apparato senza il libretto delle istruzioni.

Vale forse allora proporre una “scommessa” (si veda anche UfoCiclismo e scommessa di Pascal): che almeno una parte di questa fenomenologia possa essere considerata come qualcosa di totalmente diverso; così diverso da originarsi altrove, in condizioni e forme sociali a noi terrestri (e alle nostre organizzazioni sociali) non riducibili. Tale scommessa ci pone, allora, nella “scomoda” situazione di dover fare qualcosa, di dover agire, forse mutare, trasformarci, per entrare in contatto con tali forme di alterità.
La spiegazione di ciò ce la fornisce Dante Minazzoli (si veda: UfoCiclismo: perché gli alieni non prendono contatto pubblicamente?) che per primo ha affrontato la questione UFO-alieno in senso politico: i presunti alieni potrebbero intraprendere un contatto ufficiale con i terrestri solo a patto che noi si risolva la più grande contraddizione che ci caratterizza: la sperequazione (inter e intraspecifica) tra sfruttati e sfruttatori. In altri termini: che si proceda verso la trasformazione rivoluzionaria dei rapporti sociali.

L’esito della scommessa è sempre virtuoso. Anche qualora gli UFO fossero esclusivamente fenomeni di tipo terrestre (cioè solo momentaneamente non-identificati), anche allora avremmo comunque contribuito al mutamento di condizioni sociali oggettivamente ingiuste e in alcun modo sostenibili.

Gli ufociclisti contribuiscono a questa trasformazione (quindi ai presupposti per il contatto, potremo dire) per mezzo della bicicletta, della sua capacità ricartografante, intaccando quelle sclerotizzazioni della realtà che comunemente chiamiamo mappe.

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Teoria critica sul cosmo

Il mutamento dei rapporti sociali passa, per gli ufociclisti, per la ridefinizione più profonda del principio di realtà: la mappa. Orientare (ovvero: la funzione della carta topografica) non è mai un atto avulso da una precisa visione del mondo, e come tale va considerato e criticato (si veda: Carte, sapere e potere di John Brian Harley).
La nostra cartografia critica è quindi innanzitutto un atto politico non di ri-orientamento, ma di messa in discussione del comando, della norma, insiti nelle forme di scrittura simbolica (di reificazione) del reale, di cui le mappe fanno parte e di cui costituiscono una delle essenze più profonde. E’ uso dire, ad esempio, “farsi una mappa mentale” per indicare il più basilare criterio per orientarsi in una data situazione. Le mappe, una volta istituzionalizzate, operano a un livello molto profondo ponendo limiti alla conoscenza e alla flessibilità mentale.
Ricartografare con la bicicletta è: 1) atto connaturato al mezzo bicicletta e 2) necessario perché la bici offre il miglior rapporto tra efficienza esplorativa e contatto con l’ambiente (esplorare un’ampia parte di spazio mantenendo il contatto sensoriale con l’ambiente). A questo proposito parliamo di ciclismo sensibile.
Ricartografare includendo anche possibili oggetti volanti prevenienti dall’oltre biosfera significa estendere la teoria critica sullo spazio antropico a tutto il cosmo, tanto più oggi che il capitalismo inizia concretamente a interessarsi dello spazio extraatmosferico (space economy) divenendo sempre più multiplanetario (si veda anche Marte oltre Marte. L’era del capitalismo multiplanetario).

UfoCiclismo

L’UfoCiclismo non è un collettivo identificabile, anche se i suoi militanti possono costituirsi in gruppi e collettivi di ciclisti. Chiunque condivida (anche criticamente) gli assunti e i principi dell’UfoCiclismo può costituire un collettivo o gruppo ufocilista, partecipando e ampliando il lavoro di cartografia critica con la propria militanza attiva.
In questi anni di attività e militanza abbiamo costruito una nostra teoria cartografica costituita da specifiche categorie e poggiata su un metodo. Per scelta non abbiamo mai prodotto un documento scritto definitivo sul metodo, in quanto riteniamo prioritaria la vocazione a voler guardare e raccontare lo spazio in maniera alternativa, e solo secondario il fatto di farlo nel modo in cui noi abbiamo scelto di farlo. Il metodo è quindi inscritto (e da lì assorbibile) nei nostri rapporti, nei racconti, nelle nostre mappe (quelli contenuti in questo blog) e nei libri che abbiamo scritto. Pensiamo comunque che forme anche meno strutturate di analisi e riscrittura (come ad esempio la Psicogeografia o le mappe sensoriali) siano utilissime per iniziare a modificare la realtà dei rapporti sociali.
Per quel che riguarda la metodologia, l’uso della bicicletta è sicuramente una priorità, tanto perché promuove una pratica alternativa al più comune (almeno nelle città italiane) modo per spostarsi su base d’idrocarburi, che per mantenere un’equilibrio tra efficienza della media oraria e percezione sensibile dell’ambiente circostante.
Le ricognizioni che promuoviamo sono di due tipi: 1) diurne, specificatamente cartografiche e 2) serali/notturne, in cui alla cartografia uniamo più esplicitamente l’aspetto di ricerca del contatto con altre forme di vita e approcci ludico-creativi di varia natura.
Le uscite serali/notturne prevedono sempre il momento conviviale del picnic vegan [si veda: Perché quello esoplanetario è cibo vegetariano o (meglio ancora) vegan?] di benvenuto per tutti coloro che si sono uniti alla ricognizione. Le uscite sono pubbliche e aperte a chiunque a patto di portare con sé una sensibilità antifascista, antirazzista, (almeno contestualmente) antispecista e antisessista. Su ciò non si transige.

Illustrazione di Andro Malis


Per comprendere nello specifico le peculiarità ufociclistiche, cioè cosa facciamo e come operiamo, la cosa migliore è quindi leggere i rapporti redatti a seguito delle ricognizioni, ed esplorare le mappe che in essi incontrerete.
Troverete tutto su questo blog.

Il blog organizza gli argomenti esclusivamente in ordine cronologico. I primi rapporti che incontrerete scrollando, sono anche i più recenti. Ovviamente, pur facendo costantemente riferimento a un glossario interno cliccabile per quel che riguarda le nostre categorie cartografiche (ad esempio: UDA), è possibile che i rapporti più recenti diano per scontati strumenti o passaggi teorici che nei primi rapporti sono invece trattati con più dovizia di particolari. Potete allora fare riferimento al nostro sito, ufociclismo.org, che può essere utilizzato anche come indice degli argomenti di questo blog e di altre cose che qui non hanno trovato collocazione.

Buona lettura.

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UfoCiclismo e scommessa di Pascal

Quali gli argomenti a favore dell’attribuzione aliena al fenomeno UFO.
Nessuno inamovibile e definitivo.
Però con Pascal potremmo dirla così:
1) Ritenendo i fenomeni UFO (almeno una parte di essi) attribuibili a forme di vita aliena avremmo, con l’UfoCiclismo, messo in campo strategie in favore del contatto e ci avremmo “guadagnato” molte utili risposte, nuovi amici, giri in bici, cibo, una città meno inquinata.
2) Ritenendo i fenomeni UFO nella loro totalità affatto attribuibili a forme di vita aliena avremmo perso l’occasione di farci bei giri notturni in bicicletta, osservare il cielo, conoscere persone e condividere cibarie esoplanetarie.

Cosa accadrebbe poi in effetti se scoprissimo che sono/non sono degli alieni:

PASCAL

Attribuendo la natura aliena al fenomeno ci “guadagnamo” comunque qualcosa e non ci “costa” nulla [a patto di non intenderla come una verità rivelata e definitiva].

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Blaise Pascal