XVI ricognizione ufociclistica – in cerca di psico-dissuasori – 23/09/2019

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La sedicesima ricognizione (notturna) ufociclista è stata indetta in coincidenza con l’equinozio d’autunno (si veda: UfoCiclismo: perché praticarlo in concomitanza con eventi astronomici?)
Il tema (da seguire in modo blando) che ci eravamo proposti era quello dell’individuazione di psico-dissuasori (nella fattispecie il design ostile) collocati lungo il percorso pedalato.
“Blando” non perché il tema non sia importante ma per via del fatto che affidiamo questo tipo di approfondimenti alle ricognizioni diurne, mentre quelle notturne hanno sopratutto un carattere ludico anche se, a loro modo, analitico.

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Ufociclisti a piazzale Appio, il tradizionale punto di raccolta.

L’idea che sta dietro all’individuazione degli psico-dissuasori è quella che la città, quando esplorata liberamente, produca, forzi, dei percorsi che sono la somma tra psico-dissuasori (respingenti e centrifughi) e attrattori (seduttivi e centripeti).
La metafora che spesso evochiamo è quella della pallina d’acciaio nel flipper e il suo movimento sul piano: attratta e strattonata dagli oggetti che incontra durante il suo cammino.
Di sovente attrattori e psico-dissuasori sono oggetti immateriali (ad esempio l’affezione per una strada, l’illuminazione di un quartiere eccetera) altre volte si tratta di oggetti veri e propri come nel caso di quelli qui descritti.
Esistono vari modi di forzare degli psico-dissuasori (si veda anche: Zone rosse: conflitto cromatico ed esclusione e/o Come si ritonalizza una zona rossa – Sea Watch 3 e si vedano anche le azioni del collettivo Design For Everyone) o di resistere (qualora se ne senta il bisogno) a degli attrattori. Tuttavia, tutto ciò,  non era l’obiettivo della ricognizione che si è limitata a intercettare pezzi di unpleasant design in giro per la città, al fine di documentali e “pesarli”.
Nel breve tratto percorso e nello sguardo un po’ distratto e non troppo approfondito non abbiamo trovato moltissimi casi di design ostile; segno forse che Roma rimane, detto in senso un po’ improprio, una città ancora abbastanza aperta.
Tutto l’unpleasant design che abbiamo intercettato si concentra attorno alla stazione Termini, da sempre luogo di rifugio per senzatetto, per passeggeri sostanti e per sostanti attraversatori, più o meno abituali, della città.
D’altro canto, le stazioni, non solo a Roma, sono da sempre in “guerra” contro l’uso abitativo di fortuna che la loro affordance (l’invito all’uso che un oggetto più o meno consapevolmente esprime) sprona a sfruttare.  In questo senso, anche una stazione può essere vista come la somma delle forze attrattive (sale d’attesa, panchine, tettoie, l’inizio di un viaggio eccetera) e forze respingenti (design delle suppellettili studiato per ridurre al minimo la sosta, videosorveglianza, controlli eccetera) che la compongono. L’atmosfera che ivi risiede è evidentemente prodotta dallo squilibrio di una forza rispetto all’altra. Una stazione è sicuramente, nella sua complessità di meccanismi, una UDA in cui prevale un’atmosfera rispetto ad altre considerabili come trascurabili o triviali.

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Gli ufociclisti di fronte l’entrata della stazione Termini

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Torri dissuasori mobili per dissuadere all’entrata di non si sa bene cosa. Se ti ci siedi (la loro affordance invita la fugace seduta) si avvicina un addetto che ti fa spostare

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Dissuasori piramidali onde evitare che le persone sostino sul muricciolo

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Grate impediscono ai senzatetto di ricavarsi una nicchia per la notte negli spazi immediatamente esterni alla stazione

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Per qualche ragione, forse pudore, ad una delle grate dissuadenti è stato appeso un cartello relativo alle norme dei lavori in corso… per mitigare forse pubblicamente la vergogna dell’impedire a persone bisognose di trovare riparo. Più probabilmente, il cartello era già apposto sulla grata e non è stato tolto nonostante il cambio d’uso

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Panchine inclinate per limitare i tempi della sosta ed evitare lo stazionamento sdraiati

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Prove di usabilità

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In questa foto, falliti i test di usabilità, gli ufociclisti sperimentano usi alternativi delle panchine ostili

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Il sottopasso della stazione Termini. Dissuasori impediscono il pernottamento dei senzatetto che un tempo, in questo passaggio, trovavano riparo dal freddo e dalle piogge invernali

Il senso degli psico-dissuasori, così come delle zone rosse, dei daspo urbani, è quello di rendere tutti gli abitanti della città virtualmente alienabili, o nella migliore delle ipotesi degli ospiti, entro certi limiti, tollerati. Le misure di controllo sempre più operano nel senso di una sospensione temporanea (emergenziale) della cittadinanza.
Le tecniche di design ostile oggi si sono evolute passando dalla dissuasione dello stazionamento (pernotto e lunga sosta) a quelle della riduzione dei tempi del passaggio (ad esempio le panchine inclinate). L’attraversamento della città s’avvia alla regolamentazione tramite disco orario.
Le pratiche di respingimento, allontanamento, alienazione, somigliano sempre più a quelle di un capitalismo che ci vuole fuori dal pianeta, a non intralciare i suoi piani d’occupazione finale, in una estrema prefigurazione di un futuro in cui la forza lavoro avrà diritto s’esistenza solo se multiplanetariamente specializzata e adattata a vivere su altri pianeti del sistema solare.

Documentati un po’ di psico-dissuasori della stazione Termini gli ufociclisti, in ritardo sulla tabella di marcia, si sono diretti verso l’iniziale punto di raccolta a piazzale Appio. Nel fare ciò sono passati per un pezzo di via Casilina vecchia, adiacente a Porta Maggiore, che spesso viene citata nei rapporti sulla zona est/sud-est di Roma.

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Gli ufociclisti (illuminati a giorno) fermi lungo l’intersezione di Casilina vecchia

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Ci si rimette in cammino

Si tratta di una intersezione, ovvero di un tratto “sociopatico” (si veda anche: Intersezione Togliatti) di strada che pur immerso in molte atmosfere che attraversa (molte UDA), riesce a non contaminarsi, restando sempre avulso da qualsiasi tipo di caratterizzatine emozionale. Questo il senso dell’attributo della sociopatia.
Sono pezzi di città molto peculiari che costituiscono delle specifiche soluzioni di continuità in sezioni di territorio che altrimenti potrebbero apparire del tutto omogenee. Costitutivamente aiutano molto bene a comprendere i radicali cambi d’atmosfera nel passaggio da un’UDA all’altra.
La foto sopra è stata scattata nel momento in cui collettivamente si approfondisce la storia di questa intersezione. Qui un tempo c’era l’occupazione dell’Ex Pastificio Pantanella, retta da migranti (la cronaca di Radio Radicale dell’epoca) e oggi divenuta un residence per classi altolocate (ironia della sorte?).

Infine la ricognizione è giunta a via della Travicella, obiettivo finale della pedalata.
Si tratta di una piccola strada (una traversa di via Appia antica, situata poco dopo porta San Sebastiano), inclusa in due piccoli muriccioli e pavimentata con sanpietrini. Ufociclisticamente si tratta di una varietà dimensionale d’ordine inferiore, un “budello” di spazio che esprime prioritariamente il comando del dover-fare o del non-poter-non fare, vista la sua carenza di dimensioni spaziali. Lungo una varietà d’ordine inferiore si può procedere avanti, indietro; al più fermarsi o accelerare. Varietà d’ordine inferiore sono anche i tunnel, le funi, gli ascensori o una vita retta da sani e inamovibili principi.
Un modo di combattere questa prevaricazione è quella d’occupare una varietà dimensionale con un picnic ad esempio.
Essendo disertata da automobili, via della Travicella è perfetta per picnic esoplanetari (banchetti vegan di benvenuto per extraterrestri) e soste per skywatching a rimirar stelle, pianeti e lune.
L’ufociclista Diego s’è intrattenuto a individuare le costellazioni facendo volontariamente a meno di google skymap.

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via della Travicella. In cielo è visibile un UFO. Ci troviamo infatti vicinissimi a una importante ley line: via Appia antica

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Sul momento non ci eravamo accorti. Lo abbiamo visto solo molto più tardi riguardando le foto di Francesco (qui in dettaglio e più contrastata).  Si potrebbe trattare di un UFO a forma triangolare… molto caratteristico nelle descrizione di questi fenomeni

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via della Travicella

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via della Travicella, il picnic esoplanetario

Durante l’abbondantissima cena a base di hummus, insalata di echinacea, cicerchia patate e peperoncini, s’è avvita una accesissima discussione sul senso dell’Antropocene evocato da un’ufociclista che consigliava la visione del film Antropocene, l’epoca umana.
Rapidamente il venire meno di una netta distinzione tra Antropocene e Capitalocene (distinzione che tra le tante annovera anche uno scarto quantitativo dell’intervento umano sul pianeta) ha dirottato le osservazioni degli astanti sulle responsabilità delle civiltà fin dal neolitico e, se plausibile, anche prima, finendo per assumere i toni della divaricazione tra occidente e resto del mondo.
Pericoli in cui ci si può imbattere quando l’analisi transita dalle responsabilità degli specifici modi di produzione a quelle “personali” (opinione del compilatore del rapporto).

A fine cena i ricognitori si sono avviati nuovamente verso il punto di raccolta iniziale onde dichiarare conclusa la sedicesima ricognizione.
Anche questa volta nessun alieno ha accettato l’invito a cena. Sarà certamente per la prossima volta.

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Mappa del percorso e operatori (clicca qui per ingrandire)

Legenda:

UDA armonica (si veda: Le UDA armoniche)
Occultatore
Omphalos
Tonal
Piattaforma girevole (si veda: Gilets Jaunes a bordo di dischi volanti. Le piattaforme girevoli)

 

 

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XV Ricognizione ufociclistica – pre Ciemmona Interplanetraia 2019

La XV ricognizione ufociclistica è stata di sostegno alla XVI Critical Mass Interplanetaria 2019. Lo scopo della pedalata è stato quello di portare in giro per Roma un piccolissimo anticipo di Ciemmona, comunicando con il tessuto cittadino e diffondendo l’appuntamento del 31 maggio, 1 e 2 giugno. Lo abbiamo fatto oltremodo telepaticamente.
Per l’occasione sono stati impiegati due dei tre risciò (quadricicli autocostruiti) trasformati in dischi volanti dagli xenoingegneri ciclomeccanici della Critical Mass realizzati nelle Area51 di Forte Prenestino e di Porto Fluviale. Quest’anno si è deciso di dare una connotazione ai tre giorni della Ciemmona al motto di No Borders! Per raccontare un tema tanto drammatico, si è scelta la metafora aliena: l’alieno come migrante, ma anche come prodotto residuale delle politiche d’esclusione oggi divenute priorità di molti governi occidentali: pratiche centrifughe all’indirizzo della periferia del sistema solare. Ancora e diversamente, l’alieno come valorizzazione del proprio essere altro da un progetto di città e più complessivamente di spazio, che non ci è mai appartenuto: siamo tutti alieni e nessuno è più alieno degli altri (si veda anche Traces of Extraterrestrial Organic Matter Have Been Found in South Africa’s Mountains e Cause of Cambrian Explosion – Terrestrial or Cosmic?).

Il punto di raccolta era a piazza Vittorio, tradizionale luogo di ritrovo della Critical Mass mensile (ogni ultimo venerdì del mese).
Dell’UDA di piazza Vittorio abbiamo raccontato molte volte. Si tratta di un luogo molto peculiare a Roma: spazio tra i primi a sperimentare forme virtuose di comunità pluriculturali, oggi soprannominata anche la “Chinatown romana” per via del gran numero di esercizi gestiti dalla comunità cinese.
In una Roma in endemico ritardo su qualsiasi innovazione, sorprendeva, ancora una decina di anni fa, vedere giocare assieme bambini di provenienza latino americana, con figli di immigrati asiatici, arabi e africani.

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Disco Volante modello Ufocicletta

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Disco volante modello Invasione Ufo

Ma a due passi da piazza Vittorio c’è anche la tristemente famosa sede fascista  Casapound. Sempre qui c’è l’incontro mensile della CM e per moltissimi anni è stata la sede di uno dei più famosi e caratteristici bazar romani: MAS Magazzini Allo statuto.
Al centro della piazza c’è un giardino in cui anni fa si svolgeva uno dei frammenti più caratteristici dell’Estate Romana. Ancora, nei giardini s’erge la Porta Alchemica (o Porta Magica) monumento esoterico e poco noto agli stessi romani.
Abbiamo più volte raccontato della traslazione della funzione di tonal dalla Porta Alchemica alla sede di Casapound avvenuta negli anni Novanta/Duemila: l’oggetto aggregatore d’atmosfere che disegna le emozioni prevalenti all’interno dell’UDA.
In questa strana atmosfera la CM, anche se solo di passaggio, costituisce un totem d’incongruenza intermittente che si contrappone come conflitto atmosferico (del tipo 1) alla colorazione proposta dal tonal. Anche grazie alla CM questa piazza resta ancora un luogo dall’aria respirabile, nonostante la presenza distopica di un tanto ingombrante residuo della neo-restaurazione.

Partiamo quindi da qui in direzione della nostra prima meta: la festa per i 42 anni di Radio Onda Rossa nel limitrofo quartiere di San Lorenzo.

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Passiamo per via Principe Eugenio con i due risciò disco volante e una massa festante d’alieni a circondarli. Sul lato opposto a quello visibile in foto in un’altra ricognizione scoprimmo un’UDA armonica capace di tonalizzare temporaneamente una limitata parte di spazio. Nello stesso rapporto sopra linkato accennammo all’esistenza degli “ordigni sonici”, oggetti capaci di tonalizzare armonicamente lo spazio attraversato contrastando le atmosfere ivi sedimentate. Nel video che segue è udibile l’ordigno sonico proiettato dal disco volante modello Invasione Ufo circondato da alcuni ricognitori:

Affrontiamo il sottopasso di S. Bibiana. Si tratta, come quasi sempre per i sottopassi, di uno psico-dissuasore. Da poco tempo è stata disegnata una pista ciclabile ufficiale che ha sostituito la ciclabile più volte spontaneamente e clandestinamente tracciata dai ciclisti urbani.
In questo passaggio i pedivellatori si trovano a dover condividere lo spazio con le automobili in costante accelerazione: una sorta di allucinazione da sprint finale. Per questa ragione l’entrata a San Lorenzo da questo lato di Roma si presenta con una sua precisa funzione dissuasiva. Quando la Massa Critica incontra uno psico-dissuasore inizia a urlare e ululare (si veda: Come affrontare uno psico-dissuasore) per contrastarlo (si veda anche: Zone rosse: conflitto cromatico ed esclusione).

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La ricognizione appena varcate le tenebre dello psico-dissuasore

Dopo qualche centinaio di metri la ricognizione giunge sotto la sede di Radio Onda Rossa, dove la festa di compleanno è già iniziata (foto che segue).

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La ricognizione pre-Ciemmonica giunta a via dei Volsci, sede di ROR

Abbiamo anche girato il filmato dell’arrivo trionfale stile Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo come alieni liberatori; gli astanti paiono felici di vederci e di essere “invasi”:

Radio Onda Rossa, come le occupazioni di Cinema Palazzo, di Esc e di Communia  rappresentano (con le loro differenze) gli ultimi avamposti di un quartiere in profondo mutamento. Da “roccaforte antagonista” degli anni Settanta-Ottanta, San Lorenzo sta lentamente mutando aspetto, schiacciato da processi di gentrificazione selvaggia e tentativi ripetuti da parte dei neofascisti di appropriarsi del quartiere, sfruttando in modo sciacallesco gravi fatti di cronaca (si veda questo articolo ad esempio). Ma sono proprio gli spazi sopra citati, luoghi in cui si manifesta un quartiere diverso, che resiste (coadiuvato da tutta l’area antagonista), alla tentazione di ridurre un tessuto cittadino molto più complesso e virtuoso a un racconto horror-grottesco: terreno di gioco privilegiato di fascisti e speculatori.

Nel video qui sopra la ricognizione si allontana dalla festa attraversando il quartiere. Gli astanti che incontra sono visibilmente felici del suo passaggio. Si tratta di un punto di vista privilegiato; spesso nelle cronache degli avvistamenti UFO è quest’ultimo a essere inquadrato e immortalato. Queste sono le prime riprese mai effettuate da un UFO delle persone che lo stanno a guardare. Scopriamo allora che al passaggio degli oggetti volanti non-identificati, le persone sorridono e fanno ciao ciao con la mano. Forse, in fondo, c’è più gente di quella che crediamo in attesa di un’invasione aliena (a questo proposito si legga: Il problema dei tre corpi di Liu Cixin, ma anche Le tre stimmate di Palmer Eldritch di P. K. Dick).
Salutata quindi ROR (ma con la promessa di tornare più tardi), la ricognizione si è messa in moto nella direzione di Scalo San Lorenzo, imbattendosi però subito in una affordance attrattiva.

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Non abbiamo ben capito di cosa si trattasse: una festa, un’inaugurazione, una loggia massonica. Comunque sia la ricognizione accortasi della presenza di un gruppuscolo di gente allegra, l’ha invasa, aggregandosi con lo scopo di distribuire volantini della Ciemmona e di scroccare qualche cosa da mangiare (i ciclisti sono sempre in cerca di cibo, come certi personaggi del neolitico). La cosa è durata poco: subito dopo infatti i ricognitori sono ripartiti in direzione del Pigneto, altro luogo topico della Roma “alternativa”.

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La ricognizione in procinto d’abbandonare l’affordance attrattiva

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Nella foto precedente un po’ di cose: un alieno (grigio) si fa un selfie indossando la maglietta del Luther Blissett Project. Nello stesso istante la sua ufocicletta (biposto) sta transitando per l’omphalos di piazza di Porta Maggiore (si veda anche: Il purismo archeologico di Romano Talone) origine di molte ley line romane nonché dirimpettaia di una potente UDA armonica (si veda Le UDA armoniche – atto primo).
Alle sue spalle è evidentemente visibile un UFO [probabilmente un disco volante modello Invasione UFO – IR1 (incontro ravvicinato del primo tipo)] che da definizione percorre una ley line: la stessa intrapresa dalla ufocicletta del grigio e copilota.
Fin qui nulla di strano quindi, tanto più che, come mostra la mappa, la ley line percorsa è di tipo – – (meno, meno) che nella teoria ufociclistica del contatto denota un oggetto volante non identificato in procinto di rallentare e, quindi probabilmente, intenzionato a entrare in contatto con i terrestri.

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Mappa della ley line percorsa dai dischi volanti (clicca per ingrandire)

Sulla mappa sono visibili: l’omphalos di Porta Maggiore, la ley line (vettore) prodotta dal passaggio dei dischi volanti, direzione e verso del vettore [la freccia – mentre l’intensità data dal potenziale gravitazionale è di tipo – – (meno, meno) – si veda l’atlante per approfondimenti]. L’area (UDA ) tonalizzata in [Hex (#): 0063A5] (si vedano la tavola cromatica degli stati d’animo e questo rapporto) è ben nota agli ufociclisti. Si tratta di uno spazio caratterizzato da un’altissima concentrazione di esomediatori (si veda: Esomediatori – Frascati) di notevole importanza per l’universo cattolico. Dato che una ley line deve essere evidenziata da almeno tre segnalatori, la nostra ley line così si articola: Porta Maggiore, San Giovanni/Manzoni, Villa Celimontana. Su quest’ultima non abbiamo molto da dire se non che si tratta di una importante villa nel contesto della città, ma su cui ancora non abbiamo prodotto ricognizioni e rapporti. Gli altri due segnalatori sono appunto un omphalos e un’UDA esomediatrice (l’esomediatore, per definizione, non è mai un’UDA contattistica).

Ora il fatto anomalo è che pur nella sua condotta pressoché perfetta, la ricognizione ufociclistica senta, ad un certo punto, la necessità di mutare rotta invertendo la direzione del vettore, trasformandosi quindi in una ley line – + (meno, più), ovvero tutt’altro che contattistica. In prima approssimazione potrebbe trattarsi proprio dell’influenza del vicino potente esomediatore che, come dicevamo, non è mai di natura contattistica. In questo caso l’esomediatore assume anche il ruolo topografico di un deflettore o psico-dissuasore.

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Trasformazione del vettore

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La ricognizione ha invertito la direzione del vettore (ley line)

In seconda approssimazione potrebbe più semplicemente trattarsi del fatto che per raggiungere la meta era necessario fare inversione: intercettare il quartiere Pigneto che si trova nel verso opposto dell’esomediatore. Senza voler necessariamente sovrainterpretare, ci accontenteremo di questa seconda (semplicistica) spiegazione, non omettendo però di sottolineare l’anomalia ufologica.

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La ricognizione taglia un altro monumento cittadino: la Tangenziale Est

La tangenziale (visibile nella foto sopra) ufociclisticamente è un’intersezione. Si tratta di un taglio “sociopatico” (si veda la ricognizione Intersezione Togliatti), uno squarcio che si apre nel tessuto cittadino lambendo e tagliando molte UDA (Unità D’Ambiance), ma non restandone mai contaminato. Dal nostro punto di vista si tratta di un oggetto particolarmente interessante proprio perché impermeabile all’influenza atmosferica (delle atmosfere): metaforicamente forse un “ombrello” per i conflitti atmosferici del tipo 1 e 2. .

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La ricognizione tratto poco prima di giungere all’isola pedonale del Pigneto. Sulla sinistra sono visibili i palazzi al limone

Nel video precedente la ricognizione ufociclistica entra nell’isola pedonale del Pigneto. In sottofondo, manco a farlo apposta, le note del brano UfoCiclismo irradiate dal disco volante modello Invasione UFO.

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Una pausa per distribuire materiale informativo e mood esoplanetario

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Nella foto precedente: la ricognizione ha lasciato il Pigneto e si è immesso nuovamente su via Prenestina. La foto inoltre svela uno dei segreti della propulsione del disco volante Invasione aliena, con due (ma spesso più) ricognitori che apportano un surplus d’energia muscolare nei tratti gravitazionalmente impervi.

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Nella foto sopra: la ricognizione giunge a piazza Nuccitelli, attrattore della zona. La piazzetta costantemente sotto attacco da parte di sciacalli che vorrebbero trasformarla in uno spazio privato su cui piantare le radici dei tavolini da bar, è un luogo d’aggregazione e di sperimentazione per quel che riguarda, ad esempio, le aree di verde pubblico.

Spesso a piazza Nuccitelli si ritrovano ciclisti in vena di chiacchiere. Anche questa volta ne abbiamo incontrati alcuni abdotti, poi, per la Ciemmona.
Ci fermiamo parecchio e quando ripartiamo già sta calando la sera. La prossima meta è, di nuovo, la festa di ROR.

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Eccoci nuovamente.
Ci fermiamo un po’ essendo quasi completamente mutata la composizione di compagni e avventori al compleanno della radio, rispetto al pomeriggio. Un’altra occasione per raccontare cosa stiamo facendo e cosa accadrà nei giorni della CM Interplanetaria.
Ma la ricognizione non è ancora finita. Tra poco inizia la festa Mind the Gap nel vicino ateneo La Sapienza.
Ci rimettiamo quindi in cammino (foto che segue).

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In foto è visibile un alieno verde

Non senza qualche difficoltà brillantemente superata riusciamo a entrare a La Sapienza dove la festa è già iniziata. Si stanno esibendo delle band che suonano musiche varie. Proprio vicino al piazzale della facoltà di Fisica, dove la festa si sta svolgendo, c’è il piazzale della Minerva, una piattaforma girevole, oggetto rotante a cui nessun ciclista urbano può resistere. S’innesca così il momento angolare della ricognizione:

Un’ultima foto (sotto) al disco volante modello Invasione UFO atterrato proprio nel bel mezzo del Mind the Gap e da tutti gli astanti ammirato:

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L’intera mappa della ricognizione (clicca per ingrandire)

Sulla festa alla Sapienza, il giorno dopo, la consueta “informazione” distopica e il racconto horror-grottesco che disegna la realtà (foto sotto).

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Nella foto ci finiscono pure i due dischi volanti della ricognizione. Un racconto tremebondo composto (come una pozione) da luoghi comuni e allarmismi un tanto al chilo, scritto forse per invocare il “pugno di ferro” anche sui fenomeni ufologici (come se già non lo facessero gli ufologi di professione: si veda Esomediatori – Frascati e anche Chi sono gli ufologi).
La ricognizione invece ha aperto uno spazio ucronico nelle complesse vicende di questo quadrante di Roma.

Ci vediamo nel futuro!

Esomediatori – Frascati

Rapporto redatto da Cobol e Evi.

Nella generazione di una cartografia alternativa l’UfoCiclismo si da come compito ultimo quello dell’individuazione della UDA contattistica, ovvero di quello spazio che più di altri si predispone all’intercettazione di xenoalterità d’origine terrestre ed extraterrestre.
Il contatto con tali forme di vita non presuppone in nessun caso un rapporto di intermediazione. Su questo l’Ufologia Radicale è stata molto chiara.
Ancora oggi miserabili esseri umani come il sedicente ufologo (si veda: Chi sono gli ufologi) Roberto Pinotti (evidentemente destrorso fino al midollo), digeriscono con estrema difficoltà questo richiamo all’autonomia (tanto da dover affermare pubblicamente la propria estraneità alle caratteristiche politiche del fenomeno. Si legga questo passo). Per costoro, impavidi fiancheggiatori della normalizzazione, lobotomizzati estimatori della repressione, anche il contatto alieno deve transitare per le istituzioni repressive dell’esercito e della polizia. Neanche perdiamo tempo a  sbeffeggiarli dato che ci ha già magistralmente pensato Tinto Brass – si veda il video che segue).

Dalle pagine del sito ufficiale del CUN, costoro spronano chiunque abbia avvistato un UFO, un fenomeno inspiegabile, un’epifania irriducibile, a rivolgersi con serenità ai carabinieri. Saranno poi questi ultimi a far quadrare il cerchio riducendo, di nuovo, tutto alla noia: tutto al silenzio.

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La pagina del CUN (Centro Ufologico Nazionale) dove s’invita a fare la spia ai carabinieri

Nello stesso passo già evidenziato, sempre costui e costoro, s’arrogano il diritto di sentenziare su ciò che l’ufologia è o non è. Intendiamoci: vadano alla malora loro e tutta l’ufologia. Non ce ne frega un benemerito niente. Ma per coloro, invece, che in buona fede si definiscono ufologi, c’è parecchio da rimuginare circa l’essenza dei propri infami capi popolo.
Noi dalla nostra saremo sempre dalla parte di chi combatte a fianco dell’irriducibile, dell’UFO, perché rimanga non-identificato e non-identificabile.
UFOfilia autonoma e radicale!

Abbiamo così tentato di estendere questa riflessione annoverandola nella proposta di una nuova categoria ufociclistica, che per il momento definiamo come esomediatore.
Per esemplificarla avremmo potuto scegliere un qualsiasi luogo, ma abbiamo approfittato di una recente, breve, ricognizione a Frascati.

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Eccoci quindi in quel di Frascati in una bella giornata di marzo.
Ci stiamo recando in direzione di Monte Porzio Catone intraprendendo viale Bonaparte. Il primo artefatto d’interesse lo intercettiamo a largo Pentini.

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Si tratta di una piattaforma girevole che ruota attorno a cinque direttive. Le sue ridottissime dimensioni la dotano di un elevato momento angolare, rendendola evidentemente un vortice. Le piattaforme girevoli hanno questa caratteristica di spazzare i flussi cittadini rigenerandoli, producendo traiettorie inattese. Non è un caso il fatto che se una massa critica di ciclisti ne individua una, inizierà a gravitarci più e più volte attorno, producendo quell’ebrezza da smarrimento tipica dei vortici emozionali accidentali, degli incontri inattesi, delle loquacità mai prima d’allora proferite.
Il carattere disarmonico di questa struttura è qui sottolineato dal praticello in pseudo-erba al suo interno, forse adattissimo per picnic sintetici che ci proponiamo presto di sperimentare.
Come sa bene chi studia i tornado (ma anche chi ha visto un film catastrofista), nell’occhio del ciclone s’assiste ad un’irreale calma: una calma plastica e artificiale, quasi c’avessero steso un praticello verde sintetico. Qui a largo Pentini abbiamo trovato il perfetto prototipo (la “tempesta perfetta” per rimanere in ambito di metafore cinematografiche) di questa alienata (nel senso di “posta altrove“) topologica condizione. Viva l’alienazione!, allora.
In una piattaforma girevole di grandi dimensioni, spesso questa condizione non è percepibile; i flussi scompaginanti si generano lontano, nella periferia, e chi si trova nel mezzo percepisce esclusivamente la condizione alienata, scambiata per emozione o atmosfera preponderante e generalizzata. Solo con l’approssimarsi al bordo emerge il traumatico e repentino cambio d’ambiance che ci scompiglia i capelli e ci strappa di dosso le vesti.
In questa piccola UDA (un’UDA giocattolo), invece tutto è a portata di mano, e il cambio d’ambiance è percepibile così come lo è, al contempo, l’atmosfera dominante al suo centro. Il comune centro di massa delle due atmosfere genera a tutti gli effetti una schizo-esperienza e un’ebrezza non dissimile da quella che il ciclista prova segando di netto un ingorgo stradale mummificato.
Ci spingiamo oltre ipotizzando, proprio sul bordo, il generarsi di un conflitto atmosferico di tipo 2, rilevabile, date le contenutissime dimensioni della piattaforma girevole, forse con una lente o più propriamente con un microscopio sentimentale.
Ci proponiamo di tornare nuovamente per scandagliare nel profondo i limiti di questa circonferenza, seguendone la circolarità in vernice bianca stradale, così da scoprire il conflitto atmosferico che ivi si cela. Tuttavia, già la foto ci suggerisce qualcosa. Se analizzata. Analizzatela. Si, ovvio. La sua eccentricità.
La rotazione eccentrica produce allora una pulsazione, un ritmo. Il ritmo è una categoria ancora in fase di studio nell’UfoCiclismo. A essa però è già possibile attribuire elementi propri del far-fare che generalmente transita dal generatore (di ritmo) direttamente al corpo percipiente, che compulsivamente risponde. Probabilmente se ne genererà una danza, una contrazione e il suo rilascio, forse un’epilessia; ma al momento su tutto ciò non esiste un punto di vista largamente condiviso tra gli ufociclisti.

Procediamo su via Borgo San Rocco e poi per via Gregoriana fino a incontrare la rotatoria SS Sacramento Frascati. Su quest’ultima piattaforma girevole, meno interessante della precedente, non abbiamo molto altro da dire. Tuttavia essa si posiziona al centro di due oggetti molto importanti. Il primo è un un separatore (foto che segue).

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La funzione del separatore è di tipo cosmetica. Esso simula, recita, la fine della continuità atmosferica dell’UDA mettendo in scena una discontinutà pluri-atmosferica: ma si tratta di un sotterfugio o di un gioco di prestigio. In questo caso esemplare, la discontinuità è ulteriormente rafforzata dalla muratura della porta, come a sottolineare l’impenetrabilità e l’irriducibilità di due (o più) atmosfere. In realtà di una sola atmosfera si tratta, anche se dalla foto non è percepibile. Facciamo quindi che vi affidate sulla base della fiducia (oppure recatevici, che è anche meglio).

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Mappa della piattaforma girevole SS Sacramento Frascati

Poco più avanti, ma sempre nell’area d’influenza della piattaforma girevole SS Sacramento Frascati, troviamo la parrocchia del Santissimo Sacramento Frascati (nella foto che segue).

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Si tratta di un bunker a forma di torre che ricorda un panopticon. D’altro canto d’istituzione totale si tratta.
Lo abbiamo detto molte volte: chiese e parrocchie spesso coprono il ruolo di tonal provvisori, qualora il tonal originario abbia perso il suo ruolo (si veda questa ricognizione, ad esempio). Diciamo che molto indicativamente la parrocchia del Santissimo Sacramento Frascati può assurgere a tonal dell’UDA che molto velocemente stiamo attraversando. Ci pare un’ipotesi plausibile, anche se non avvalorata da un’analisi abbastanza approfondita. Ma al momento poco importa perché tutto ciò ci serve solo per dire d’altro.

Torniamo quindi all’inizio di questa ricognizione, alla polemica tra contatto autonomo e contatto mediato. Torniamo quindi a quell’esomediazione a cui abbiamo solo accennato, ma che costituisce l’argomento di questo intervento.
Al di là del ruolo di tonal debole che abbiamo spesso imputato alle chiese, per molto tempo ci siamo interrogati sulla possibilità che questi edifici altamente simbolici potessero assumere una funzione specifica. Alcuni ufociclisti insistono sulla funzione attrattore che giustificherebbe inoltre la loro capacità di fare le veci del tonal vero e proprio (un attrattore è sempre un tonal in progress). Non c’è dubbio sul fatto che questo attributo rientri a pieno tra le caratteristiche di tali edifici. Tuttavia si tratta nuovamente di una funzione accessoria, derivata, mentre noi ne cerchiamo una di tipo costitutiva: magari esclusiva nell’ambito delle architetture e degli spazi antropizzati.
Procediamo allora a una semplificazione concettuale.
Un edificio religioso (diciamo sopratutto nella tradizione monoteista) è un luogo in cui gli umani si recano per dialogare con una o più entità aliene, ovvero con esseri non appartenenti a questo pianeta. Ovviamente non ci interessa addentrarci nella questione sull’esistenza o meno di tali entità. Ciò che c’interessa invece rilevare è che tali edifici funzionano da amplificatori, da antenne, nell’ipotetico dialogo tra umani ed extraterrestri. Tale forma di contatto, inoltre, avverrebbe attraverso la mediazione di una precisa gerarchia che, in questo caso, è quella ecclesiastica (nella religione cristiana addirittura i santi rappresenterebbero ulteriori mediatori tra proferenti e ascoltatori). Si tratta quindi, a tutti gli effetti, di un’esomediazione.
Se quindi gli edifici sacri costituiscono degli esomediatori, essi si contrappongono costitutivamente alle UDA contattistiche, in cui il contatto con altre forme di vita non necessita, per definizione, di alcuna mediazione.

Si faccia molta attenzione: da apolidi senza dio quali siete, tenderete a pensare che l’esomediatore sia una categoria stabilmente negativa (oddio! I preti!) in quanto contrapposta ad una tradizionalmente ritenuta “positiva” nell’UfoCiclismo: la riottosa e desiderante UDA contattistica. Come più volte si è cercato di dimostrare, non esistono categorie buone e categorie cattive. Il classico dualismo che spiega questa condizione è quella di tonal vs totem d’incongruenza. Gli ufociclisti novizi tendono a credere che il tonal materializzi una qualche forma di concrezione del bene, mentre il totem, del male. In realtà sarebbe facile dimostrare l’esistenza di tonal davvero perfidi e odiosi, e di formidabili alleati tra le fila dei totem. Al contempo non si può tacere sul fatto che le UDA contattistiche posso essere luoghi pericolosi (spesso lo sono), disorientanti, traumatici financo, e che le alterità non sempre gradiscano essere intercettate, avvicinate, magari fraintendendo le nostre intenzioni. La costruzione di “un mondo possibile” è una dolorosa e pericolosa gioia.
Se siete in cerca di una netta separazione tra il bene e il male, allora forse è meglio che scegliate le chiese e i sermoni.
Ma per tutto ciò rimandiamo ai rapporti ufociclistici precedenti, e a un po’ di studio (ovviamente per coloro che vogliano incautamente approfondire).

Nel campo degli esomediatori non rientrano solo le religioni monoteiste. C’è l’ufologia tradizionalmente intesa (quella che necessita di mediatori come gli “ufologi di professione” o le forze di polizia), le attività medianiche, gli psicologi per animali, i mediatori culturali, l’ayahuasca e i suoi sciamani (a questo proposito si veda l’intervento di Sara D’Uva al Mars Beyond Mars 4) e in generale alcune forme d’interfaccia. Anche i trasformatori elettrici sono degli esomediatori (molto utili).
Un corrimano è un esomediatore. Quindi un esomediatore è anche una varietà dimensionale del tipo 1. Un esomediatore + varietà dimensionale del tipo 1 è, ad esempio, un cane per ciechi. Come sempre un oggetto può ricoprire più funzioni, e quella predominante è solo situazionale e dipendente dal sistema di riferimento utilizzato.

Allora, qualora la categoria di esomediatore fosse accettata dalla comunità ufociclistica, essa diverrebbe l’opposto funzionale dell’UDA contattistica e ne fornirebbe una definizione più rigorosa rispetto a quella finora proposta:
un’UDA contattistica non è un’esomediatore.
Semplice ed elegante.

Tutto ciò spalanca conseguenze su cui abbiamo timore, al momento, di sporgerci. Ad esempio: un trasformatore elettrico non può essere mai un’UDA contattistica?
Preferiamo invece chiudere rapidamente con la foto di due biciclette.

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Le bici sul treno della linea Roma-Frascati

 

 

Roma nord-est sul lungo Aniene – 8/12/2018

Rapporto redatto da Dafne e Cobol Pongide.

Siamo nuovamente partiti dal Macro Asilo di Roma per ripercorrere in diurna la ricognizione notturna del 22/11/2018.
Abbiamo originariamente scelto il Macro come punto di partenza per “esplorare” Roma nord-est perché molto interessati alla proposta contenutistica che questo spazio ha proposto sin da subito con l’insediamento della nuova direzione. Siamo interessati inoltre all’influenza (se mai ci sarà) che esso eserciterà sull’area metropolitana che lo comprende, tradizionalmente d’estrazione alto borghese.

Ripercorrere lo stesso tracciato (ampliandolo come vederemo) è invece l’occasione per coniugare la raccolta di due tipi diversi di input: 1) una percezione menosguardo-centrica” per quel che concerne l’attraversamento notturno atta a favorire l’acuirsi di altri sensi come l’udito e l’olfatto nella registrazione delle impressioni ambientali e 2) una percezione prosaicamente più cartografante che emerge invece con la vista e che ci consente di documentare fotograficamente il percorso e di riportarlo su una carta.
In questo rapporto cercheremo di coniugare i due assetti percettivi mescolandoli.

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Partenza da via Nizza alla ore 11.00 in direzione di viale Regina Margherita. E’ una rilassata mattina romana con poco traffico automobilistico.
Sabato di festa per chi crede, di mercati all’aperto, di ciclisti da weekend un po’ scoraggiati dal gelido sole invernale e dalla pioggia. Giornata di manifestazioni di piazza dei tre mali del paese: Salvini, il Papa e l’albero di Natale di Piazza Venezia. Ma anche giorno di ufociclisti che si muovono lontani dalle trafficate strade del centro.

Per quel che concerne il Macro resta sospesa la domanda che ci eravamo già posti durante la ricognizione precedente ovvero se esso si stia configurando già come un tonal di quell’area, quindi se esso regga e consolidi una atmosfera già definita, oppure se in questo momento esso lavori come un totem d’incongruenza per minare e disfarsi di una atmosfera già consolidata da tempo.
La questione è “sottile” e forse al momento non ben delineabile. Per ora optiamo per la ragionevolezza della seconda opzione misurabile, da un punto di vista empirico, osservando, ad esempio, l’estrazione di alcuni di coloro che oggi fruiscono di questo spazio che, proprio come noi, in tanti anni ad esso non si erano mai approssimati. Sul fatto che  questo travaso della “periferia” verso il “centro” possa avere effetti duraturi se non permanenti nutriamo ben poche speranze; crediamo piuttosto che il Macro sia un simbionte delle scelte politiche di Giorgio de Finis e che con la conclusione del suo mandato esso potrà velocemente assumere nuove cangianti identità. Ma non potrebbe essere altrimenti, dato che una istituzione museale come questa è una scatola vuota riempita dalle visioni di chi l’anima. Ciò non toglie che l’interrogativo sulla natura contestuale del Macro nel sostenere o disgregare un’atmosfera rimanga circostanzialmente valida e per noi di gran interesse. Al più nel giro di pochi anni assisteremo, come in condizioni di laboratorio, ad un rapido susseguirsi di ruoli e funzioni che in circostanze meno sperimentali richiederebbero tempi più lunghi di gestazione.
Ed qui il punto: partigianamente a noi il Macro sta, in questo momento, molto simpatico e la tentazione di definirlo un tonal è davvero forte (lo abbiamo fatto ad esempio nella prima mappa della ricognizione in cui abbiamo lasciato aperta l’opzione tonal/totem). Questo perché come abbiamo spiegato nell’atlante ufociclistico si tende spontaneamente a guardare  all’azione aggregante come qualcosa di positivo mentre a quella disgregante come ad un fatto negativo. Ma anche volendo faziosamente posizionarsi sull’asse bene vs male (cosa che rifuggiamo) è facile comprendere come anche la funzione disgregante del totem d’incongruenza possa assumere, a seconda delle circostanze, un valore, o segno, alternato. La funzione disgregante della Porta Alchemica di piazza Vittorio o la concentrazione della Critical Mass ogni ultimo venerdì del mese sempre a piazza Vittorio, ad esempio, hanno per noi connotazioni di gran lunga più positive e assolutamente non commensurabili rispetto a quelle dell’attuale centro aggregatore retto dalla sede di CasaPuond.
E che macerie siano quindi!

La funzione di totem d’incongruenza ci viene confermata anche da un’altra evidenza: a pochi metri dall’ingresso principale del Macro rileviamo una cuspide in formazione (foto che segue).

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Neo-cuspide di via Nizza a pochi metri dal Macro.

Pur non esistendo ragioni necessariamente causali, negli anni di ricognizioni ci siamo accorti che le cuspidi tendono a concentrarsi (anche se non solo) nei dintorni dei totem d’incongruenza. Le cuspidi come retroaggregatori, depositi sedimentari, stratificazioni, si alimentano probabilmente dei detriti prodotti dai totem nel loro lavoro di smembramento il che, però almeno sul piano teorico, le rende spesso cuspidi temporanee, non necessariamente archeologiche (per approfondimenti si consulti l’atlante ufociclistico).
Come dato euristico ne abbiamo tratto una massima pragmatica: “cerca una neo-cuspide e probabilisticamente t’imbatterai in un totem d’incongruenza“.

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Consiliarmente in riferimento alla tavola cromatica degli stati d’animo abbiamo associato all’UDA formatasi attorno al Macro il valore 12 (esadecimale di riferimento: c5912f) del cluster 9-12. Leggendo dall’atlante: “Amaro: ambiance inquieta, tremebonda“. Il valore è il limite superiore del cluster quindi di questo particolarmente significativo. La sensazione tonale conferma ancora una volta l’ipotesi Macro = totem d’incongruenza collocandolo all’interno di uno spazio non più o non ancora solidamente sedimentato in cui un nuovo totem sta disgregando l’atmosfera che esisteva precedentemente.

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Dafne su viale Regina Margherita libera dal solito sovraffollamento automobilistico.

Procediamo per viale Regina Margherita quindi concedendosi addirittura il lusso di pedalare parallelamente per chiacchierare e scambiarsi impressioni sull’ambiente circostante. Dafne come sempre parla a bassa voce. All’altezza di piazza Buenos Aires giriamo a destra su via Tagliamento e subito, ancora a destra, su via Dora per un rapido passaggio nel quartiere Coppedè.
Dafne non ci era mai passata e come tutti coloro che c’accedono per la prima volta rimane incantata dalla sua composizione architettonica.
Non si tratta di un quartiere vero e proprio ma più propriamente di un quadrante composto da una piazza monumentale, piazza Mincio con la fontana delle rane, e un gruppo di palazzi che attorno alla piazza ruotano. Il quartiere Coppedè è piuttosto straniante per via degli stili architettonici che lo compongono e arredano.

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L’entrata del quartiere Coppedè col famoso lampadario ornamentale.

Spesso lo stile architettonico del Coppedè è definito liberty ma nella composizione delle facciate dei palazzi s’intravedono anche richiami al gotico ed elementi presi dalla classicità.

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Sempre nel quartiere Coppedè su un lato della piazza.

Ci accordiamo per il valore tonale 5 del cluster 5-8 (esadecimale di riferimento: 00663A). Leggiamo dall’atlante: “Basico: ambiance stabile, quieta, essenziale“. Il 5 rappresenta il limite inferiore del cluster e questo se ben s’accorda con la poca essenzialità architettonica (il quartiere Coppedè è esteticamente molto chiassoso) un po’ meno restituisce la sensazione di un’estrema stabilità del quadrante dotato di una sua fortissima e indiscutibile personalità. Forse il valore 8 non ci avrebbe del tutto soddisfatti per motivi inversi ma avrebbe consolidato l’attributo della stabilità che appare come una della caratteristiche emotive più forti dello spazio che stiamo percependo. Per il Coppedè non abbiamo un riferimento alla ricognizione notturna del 22/11/2018 dato che non ci eravamo passati. Ci manca quindi una collezione di sensazioni e atmosfere con cui ponderare quello che al momento percepiamo, onde sperare di spostarci verso un valore più vicino a quello atteso.

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Quartire Coppedè

Riprendiamo per via Tagliamento procedendo in direzione del quartiere Trieste anche noto come quartiere Africano per via della toponomastica.
Una bella vista da piazza Verbano che riassume visivamente tutto l’incedere di via Tagliamento (foto che segue) restituendoci un leggero scoramento per la monotonia:

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Giungiamo senza troppe sorprese a piazza Acilia lungo una sempre identica e poco significativa atmosfera che non ci prendiamo in carico di analizzare. A poche decine di metri da noi corre villa Ada una famosa ed estesa macchia di verde in questa parte di Roma. Dalla posizione in cui procediamo non è però visibile. Non è improbabile che villa Ada costituisca il tonal di questa zona ma non abbiamo per il momento modo d’approfondire.  Più realisticamente la villa assume in sé con ogni probabilità più di un ruolo divenendo in alcune sue parti, ad esempio, una scorciatoia ufociclistica o uno strappo tra diverse UDA.

Piazza Acilia spezza la monotonia della strada fin qui percorsa con una piattaforma girevole che mette un po’ disordine in questo tragitto. A sottolineare questo aspetto c’è un radicale cambio d’architettura della zona che da classica (lungo via Tagliamento) assume i connotati razionalisti delle linee moderniste e di quelle del ventennio fascista a Roma come è possibile vedere nella foto sotto.

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Piazza Acilia

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Palazzo d’architettura fascista

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Lo stile architettonico ci segue per tutta via Novella (le due foto successive) che abbiamo intrapreso girando a sinistra da piazza Acilia. Man mano che saliamo per questa strada il quartiere assume caratteristiche sempre più residenziali che rimangono più o meno tali fino a piazza Vescovio.
In mezzo a questi palazzi, incontriamo un’area verde che ci fa credere di essere in un ulteriore parco, forse la continuazione del Parco Nemorense o Villa Ada. In realtà si tratta di un’area militare. Si potrebbe definire uno psico-dissuasore, come elemento scoraggiante che ti invoglia a tornare sui tuoi passi. Ma non ci facciamo intimorire e proseguiamo.

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Intercettiamo anche un interessate inizio di sedimentazione, forse una cuspide in divenire (foto che segue):

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Siamo nel quartiere storicamente più a destra di Roma. A piazza Vescovio troviamo il monumento dedicato al fascista Francesco Cecchin (foto che segue) con l’incisione dei versi di Ernst Jünger : “L’Uomo è un essere animato da una speranza, da un bagliore di eternità. Un raggio d’immortalità lo ha penetrato. Questo distingue anche il suo modo d’amare da ogni altra specie d’amore”.

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Piazza Vescovio è un’altra piattaforma girevole ancora più tentacolare rispetto a piazza Acilia ma dotata di minore momento angolare. Su questo si genera spesso molta confusione: la forza di una piattaforma girevole non è valutabile in base alla direttive di fuga che produce ma alla lunghezza del vettore e alla quantità di moto (che in generale è una variabile e dipende dalle affordance, gli inviti all’uso, della piattaforma stessa). In questo caso tanto vettore che affordance assumono valori molto contenuti sopratutto rispetto a piazza Acilia.
Potremo intendere il monumento al camerata Cecchin come psico-dissuasore. Tutta questa zona appare come un enorme psico-dissuasore ai nostri occhi, votato come è alla violenza fascista e a tutto ciò che essa comporta. Scritte in onore di fascisti morti sopratutto negli anni Settanta sono un po’ ovunque. Eppure ci tornano in mente le parole di quei due uomini incontrati nella ricognizione precedente che ci invitavano a tornare in zona a cancellare quelle scritte (si veda la ricognizione del 22/11/2018) e non possiamo non domandarci perché non siano loro a farlo.
Dopo poco arrivano dei nonni con i nipoti e i bambini si mettono a fare lo scivolo sul disonorevole monumento alla memoria.

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Un chiarissimo caso di affordance conflittuale (si veda l’atlante ufociclistico) in cui gli inviti all’uso vengono più o meno consapevolmente violati e reinterpretati (a volte sbeffeggiati). Ci vengono in mente le pagine de La struttura assente di Umberto Eco e della sua guerriglia semiologica a cui l’UfoCiclismo ha attinto in materia di simbolismo conflittuale e deturnamenti simbolici.
La “sacralità” simbolica di questo oggetto svanisce al cospetto di una delle sue utilità pratiche (ludiche in questo caso) destituendo il segno in favore della granitica impellenza all’uso.

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Piazza Vescovio

Lasciamo lo psico-dissuasore/giostra di piazza Vescovio per ritrovare, restando in tema, uno degli oggetti che nella precedente ricognizione ci aveva più incuriositi e resi inquieti. Poco vicino: in via Montebuono. E’ la vecchia sede di Forza Nuova ora trasformata in un fruttivendolo.
Qui incontrammo i due uomini precedentemente citati e qui la situazione si ribalta rispetto a piazza Vescovio. Quando chiedemmo loro il perché non fosse il quartiere a cancellare i simboli inneggianti al fascismo ci dissero che la zona è “tenuta sott’occhio” e che spingersi in una tale azione avrebbe prodotto delle ritorsioni. Qui lo psico-dissuasore è ancora forte è gioca un ruolo di controllo sociale tanto decisivo da assumere le caratteristiche di un attrattore nella tenuta timica di questo quadrante romano. Attorno ad esso continuano ad aggregarsi atmosfere, memorie, pratiche.
I ruoli di attrattore e di psico-dissuasore sono spesso mutevoli: un cancello socchiuso può per alcuni rappresentare un invito ad entrare mentre per altri un rischio da evitare. Si tratta di attributi spesso soggettivi che assumono una valenza definitiva solo se connessi al tonal o al totem d’incongruenza di cui sono espressione. La forza repressiva espressa da questa scritta (più in generale dai segni prepotentemente visibili nel quartiere Trieste), nonostante il radicale cambio d’uso dell’edificio che la ospita, funziona da psico-dissuasore ai nostri occhi comportandosi come un attrattore nel campo gravitazionale dello specifico tonal che rappresenta. Non abbiamo indagato ulteriormente per scoprire il tonal di questa unità d’ambiance che immaginiamo però coerente con la simbologia che osserviamo.

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La mappa che indica l’attrattore di via Montebuono

Con Dafne ci consultiamo e cerchiamo rapidamente di cogliere il perimetro dell’UDA appena scoperta. Ne diamo una descrizione di massima nella mappa che segue. Non è il compito che ci siamo dati quello di individuare i precisi contorni delle unità d’ambiance che incontriamo, ci interessa invece ricavarne delle impressioni tonali.

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Ci accordiamo per il colore 36 della tavola cromatica degli stati d’animo (esadecimale di riferimento: 869FB1) del cluster 33-38. Leggiamo dall’atlante ufociclistico: “Insipida: ambiance deprivata, traumatizzata“.
A questo punto non possiamo non soffermarci sulla impellente necessità di una excusatio non petita.
Il valore mediano 36 sembra rispecchiare più i nostri orientamenti esistenziali che non le nostre impressioni sensoriali, e di fatto non è detto che le due cose, almeno in certi casi, non coincidano. Tuttavia la scelta del colore viene metodologicamente effettuata prima della lettura degli attributi. Sul manuale ufociclistico la tavola cromatica degli stati d’animo e gli attributi per cluster di colore sono separati proprio per evitare tale sovrapposizione intenzionale. Ovviamente sussiste, a lunga andare, la possibilità che inconsciamente tonalità e attributi si associno automaticamente nella mente dell’ufociclista. La verifica a tre ricognitori (il numero perfetto per una ricognizione cartografante) dovrebbe prevenire questo inconveniente.
Vero è che la tavola cromatica degli stati d’animo (se correttamente utilizzata) è uno strumento molto potente e spesso euristicamente molto indicativo. Da che mondo è mondo per gli esseri umani l’associazione tra colori e stati d’animo è parsa assolutamente naturale anche se nessuno strumento tradizionalmente scientifico può spiegare il nesso di causa-effetto.
Lo strumento nacque qualche anno fa proprio dall’esigenza di dare un senso oggettivo all’esperienza. Restano semmai aperte le questioni della sua perfettibilità, sia nel campo degli attributi che in quello della ulteriore segmentazione dei colori.
Ancora più importante resta in discussione il senso di quell’oggettività che esso vorrebbe esprimere. Si tratta di connotazioni che l’osservatore proietta verso l’ambiente o viceversa di attributi che l’ambiente trasmette all’osservatore? La questione è aperta… ma a ben vedere lo è da secoli nella contrapposizione tra immanentisti e trascendentalisti e in maniera più o meno radicale essa attraversa tutti gli istituti conoscitivi umani.
Come ufociclisti crediamo si tratti di una falsa opposizione dato che sarebbe impossibile per chiunque osservasse dall’esterno (un alieno ad esempio) distinguere l’osservato dall’osservatore. Ma tenteremo di tornare più approfonditamente sulla questione in altra sede.
Ci soddisfa la percezione tonale nel cluster 33-38. Anche l’attraversamento notturno, l’incontro con i due testimoni a cui avevamo elevato la fantamulta, ci riporta a quelle specifiche sensazioni: un’UDA fortemente traumatizzata, retta dai vessilli fascisti dei “martiri” Francesco Cecchin e l’onnipresente Paolo Di Nella. Un’UDA che si coagula, è proprio il caso di dire, attorno al sangue versato e ai corpi straziati non può che esprimere atmosfere traumatizzate, pavide e emozionalmente prosciugate: deprivate.
Questo è evidentemente il mondo a cui i fascisti aspirano.

Ci allontaniamo per immetterci su viale Somalia in direzione di via Salaria. Ora villa Ada è alle nostre spalle. Ci inseriamo sulla Salaria intravedendo quel groviglio di sopraelevazioni e di vettori che è un tipico tratto di quella zona. La città fatta di abitazioni e persone sembra terminare d’improvviso per fare spazio al “mondo delle automobili” in cui l’accelerazione la fa da padrone e ti sovrasta sensorialmente da ogni direzione del visibile. Ci restiamo poco fortunatamente. Questa parte della Salaria non è pensata per pedoni e biciclette ma solo ed esclusivamente per sfreccianti automobili: per esseri umani abitacolati. Un estremo esempio di varietà dimensionale del tipo 2.
La lasciamo immediatamente, dicevamo, poiché qui inizia una varietà dimensionale di tipo 1, una ciclabile (visibile nelle due foto che seguono la successiva mappa).

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La varietà dimensionale del tipo 2 è l’intreccio tra la tangenziale di Roma e via Salaria. Il tipo 1 è invece la ciclabile che ci apprestiamo a percorrere.

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Incrociamo via Catalani su cui inizia a emergere una vegetazione un po’ diversa da quella finora incontrata (foto seguente). Le abitazioni si rarefanno. Sulla sinistra c’è Dafne su un lato della ciclabile che osserva una sedia in plastica bianca in una posizione che sarebbe difficile descrivere.

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Attraversiamo il sottopasso della circonvallazione Salaria (quello visibile in foto) e attraverso una scorciatoia arriviamo in via del Prato della Signora.
La sera della ricognizione notturna (leggi qui) ci avevamo incontrato due giovani in atteggiamento infrattologico (per un più corretto senso del concetto di infrattologia si guardi l’opera dell’Associazione Psicogeografica Romana).

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La scorciatoia per del Prato della Signora.

Giungiamo al tratto di ciclabile lungo Aniene sbarrato da cancello che lo preserva ciclopedonalmente. Sulla nostra sinistra s’intravede via Salaria (foto che segue).

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Entriamo e ci accoglie questa desolata panchina pericolosamente posta in prossimità del pendio che s’affaccia sull’Aniene (foto che segue).

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Con lei, un desolato e malconcio palo della luce (foto che segue). Nessuno degli impianti d’illuminazione presenti funziona. Lo avevamo verificato la sera della ricognizione notturna e per noi va anche bene così dato che l’inquinamento elettromagnetico ci impedirebbe altrimenti di scrutare il cielo in cerca di segnali alieni. Forse per altri ciclisti e avventori del percorso va invece meno bene.

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Ci addentriamo incrociando qua e là ciclisti più o meno tecnicamente attrezzati: chi impegnato nella rilassante passeggiata della domenica e chi invece in estenuanti allenamenti.

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Giungiamo al ponte ferroviario su uno slargo che qualcuno sta trasformando in qualcosa che al momento non ci è chiaro. E’ probabile si tratti di uno spazio dedicato a Ugo Forno il bambino antifascista in cui ci eravamo già imbattuti durante la ricognizione notturna del 22/11/2018.
Avevamo eletto questo spiazzo a luogo per il picnic di benvenuto per gli alieni che anche quella volta non erano atterrati. Senza badare al fatto che potesse trattarsi o meno di un’UDA contattistica ci era parso il luogo più adatto ad una pausa ludico-riflessiva. In effetti il continuo sopraggiungere di treni rende quello spazio un po’ troppo rumoroso e frenetico. Tuttavia l’incontro con Ugo Forno è stato illuminante e a tutti gli effetti s’è trattata di una interessantissima scoperta e di un proficuo IR3 (incontro ravvicinato del terzo tipo) con un essere umano particolarmente interessante.
Attorno a noi un murale e una targa ricordano il giovane Forno.

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Il murale dedicato a Ugo Forno.

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Costeggiamo la struttura del ponte ferroviario che scopriamo essere stato realizzato dalla Fioroni s.p.a. nel 1988… vabbè…

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E giungiamo fino a questo curioso antro dall’aspetto ciclopicico che è il preludio a un sottopasso non illuminato.
Ragioniamo sul fatto che il possente muro che si staglia sopra di noi possa essere abitato da centinaia di migliaia di esseri viventi, dalle dimensioni più varie, dagli scorpioni alle lucertole, alle miriadi di insetti, oltre alle innumerevoli piante che possono mettere radici tra le crepe e le fenditure. Si potrebbe parlare insomma di un interessante esempio di ecosistema creato, anche involontariamente, dall’uomo e questo ci da ragione di credere che l’essere umano non sia nato solo per distruggere tutto quello che ha intorno.

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Siamo perplessi sul fatto che possa trattarsi di una scorciatoia. In effetti non esiste altro passaggio che congiunga quest’area segata dalla ferrovia. Non si tratta quindi tanto di una via ciclopedonale alternativa, quanto piuttosto dell’unico passaggio che permette a due punti di connettersi.

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La funzione separatore

Sospendiamo il giudizio e rileviamo invece la sua funzione di separatore, una sorta di messa in scena che emula l’esistenza di due unità d’ambiance distinte quando invece si tratta della stessa. I separatori spesso inducono in inganno l’ufociclista intento a rilevare le unità d’ambiance che prende fischi per fiaschi e inizia a vederci doppio.
Dall’altra parte del sottopasso, infatti, troviamo la stessa identica atmosfera (foto che segue). Sulla nostra sinistra scorre silenzioso l’Aniene. Se non lo sapessimo e fossimo troppo distratti a scrutare il cielo neanche ce ne accorgeremmo.

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Dopo pochi metri incrociamo una struttura in disfacimento (foto che segue). L’atmosfera che questa ciclabile emana in questo momento è molto diversa da quella che percepimmo durante la ricognizione notturna precedente. Il buio e la nebbia ci avevano restituito l’impressione di uno spazio decisamente più impervio, quasi occluso da una più energica e avvolgente natura. Ci ricordiamo inoltre che la sera della ricognizione lo scorrere dell’Aniene era percepibile e ciò delimitava e limitava ulteriormente lo spazio circostante. L’atmosfera che respiriamo visivamente ora è invece molto diversa. Permane invece quella straniante sensazione di trovarsi ormai fuori dal contesto cittadino fortemente urbanizzato in chi, ovviamente, non frequenta troppo spesso questa ciclabile. Ma si tratta solo di un’impressione perché dalla vista aerea è possibile comprendere come questa striscia di terra preservata attorno all’Aniene sia invece funzionalmente incapsulata nella città. In un certo modo, come è ovvio che sia, questo aspetto viene completamente a dissolversi la notte mentre nelle ore diurne qua e là fanno capolino le cime degli edifici più alti che ci rammentano dove stiamo pedalando.

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D’improvviso la vegetazione si fa più folta (foto che segue) fino a circondarci. Si tratta di un bellissimo canneto che probabilmente la notte precedente ci aveva fortemente condizionati percettivamente. E’ piuttosto lungo e Cobol decide di documentarlo con un video nel tentativo di rendergli giustizia.

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La qualità del video è inqualificabile (quello che segue): tutto completamente sfocato… ma il tunnel del canneto rende perfettamente l’idea e la sensazione della varietà dimensionale del tipo 1 che di notte è ulteriormente amplificata.
Le varietà del tipo 1 sono fortemente irrigimentate. Nel loro diversificarsi possono essere pensate (in modo inversamente proporzionale alla numerazione) come un “dover-fare” foucaultiano. Il tipo 1 è quindi la dimensione più intransigente, quella in cui l’aspetto atmosferico, l’ambiance, schiaccia gli elementi spaziali riducendo drammaticamente la libertà dai vincoli. Spesso in una varietà del tipo 1 risulta complesso tornare sui propri passi, riconsiderare una decisione, prendere in considerazione alternative. In questo esse offrono una certa “schiettezza” sullo stato delle cose in coloro che le affrontano consapevolmente.
Il tunnel di canne è anche una meravigliosa “camera atmosferica” (alcuni ufociclisti lo definiscono: ponte ologrammi o camera d’aria), un ambiente che genera miraggi sensoriali vividi e in cui le atmosfere si presentano con una concretezza oggettiva che lascia sbalorditi. In questi luoghi è possibile sperimentare shock emotivi controllati, proprio come consigliavano i situazionisti, cambi improvvisi d’ambiance e momenti psicotici che ci disallineino da una condizione d’alienazione permanente. Consigliamo di percorrerla di notte per ottenere un effetto più lacerante.

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Un dettaglio del canneto con lo specchio d’acqua dell’Aniene inquinato.

Ci avviciniamo al sottopasso del ponte delle Valli. Nelle prossime tre foto non accade nulla ma servono per mostrare come muta l’ambiente circostante.
Per discrezione non ci avventuriamo lungo le miriadi di stradine che si aprono sul lato dell’Aniene onde non creare situazioni scomode nella già scomoda esistenza di tutti coloro che vi dimorano.

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Sotto il cavalcavia del ponte delle Valli

Sotto il cavalcavia del ponte delle Valli (foto sopra), lungo un grande murale, attira la nostra attenzione questa icona della Madonna Nera (foto che segue). E’ stata appesa intenzionalmente: unica disposizione non casuale tra molti cumuli d’oggetti che si trovano lì accidentalmente. Attorno traccie d’insediamenti abitativi sempre sul lato del lungo Aniene.

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Sempre sotto il cavalcavia in un accesso al fiume troviamo una cuspide ben sedimentata (foto che segue). Ci sono molti oggetti di scarto che tendono rovinosamente a crollare verso le acque sottostanti.

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In mezzo al cumulo curiosamente anche delle lenti di prova da oculisti. Recuperiamo quelle rimaste intatte e le portiamo via con noi.

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Giungiamo alla fine di un primo tratto di questa ciclabile su via dei Campi Flegrei. E’ la strada che ci immette direttamente su via Nomentana.
Nella ricognizione notturna del 22/11/2018 ci eravamo fermati qui per poi tornare indietro verso Porta Pia in direzione del centro.
Questa volta proseguiamo per il ponte Nomentano (foto che segue) un antico transito d’epoca romana.

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Prima di attraversarlo ci sporgiamo. La prima cosa che ci si para innanzi è la consueta scena di O-bike vandalisticamente gettate nel fiume. Ce ne sono due.
Ci eravamo già domandati qui il senso più generale di questo tipo di comportamento riservato al servizio di bike-sharing.

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Attraversato il ponte (foto che segue) ci troviamo nella zona di Sacco Pastore in un panorama completamente autunnale.

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Troviamo l’accesso (foto che segue) al Parco dell’Aniene dove potremo riprendere a seguire il fiume fino a via Tiburtina nella zona est/sud-est di Roma.

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Da questo momento in poi non ci aspettiamo di trovare oggetti cartograficamente rilevanti lungo il nostro percorso. Ci godremo il panorama e il sole ora caldo. Le ambiance “naturalistiche” offrono molti meno appigli interpretativi delle zone fortemente urbanizzate: antropizzate.
Il parco dell’Aniene può esser considerato come un lungo strappo che unisce una generica ambiance Nomentana ad un’altrettanto generica ambiance Tiburtina. Su quest’ultima abbiamo compiuto un lavoro molto più dettagliato di mappatura che è possibile seguire nei rapporti precedenti.

La notte prima è piovuto e le biciclette si riempiono di fango attraversando le numerose pozze che incontriamo strada facendo. Prudentemente infatti non incrociamo praticamente nessun ciclista dato che a quest’ultimi è bene noto il grado di possibile impantanamento a cui si può arrivare.
Nelle due foto che seguono due sguardi al panorama offerto dal parco.

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Dalla parte opposta dell’Aniene (foto sopra) s’intravede un insediamento abitativo come tanti incontrati durante questa ricognizione. Qui la nostra attenzione è catturata dall’incresparsi del fiume che per quasi tutto il tragitto da noi compiuto ha proceduto silenziosamente.
Ci accorgiamo solo adesso della direzione dell’acqua. Essa scorre nel verso che non ci aspettavamo. La bussola conferma: direzione est fino a congiungersi col Tevere.

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Tutto il sentiero che costeggia l’Aniene è segnato da un percorso il cui centro è evidentemente ripulito dal ripetuto passaggio delle biciclette. In alcuni punti più avanti verso via Tiburtina si forma una sorta di stretta corsia in mezzo al prato (un binario) in cui per le biciclette può diventare anche difficoltoso muoversi evitando di sbandare.

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Dafne, con la sua bici ibrida con stretti pneumatici, perplessa sul modo d’infangarsi ragionevolmente il meno possibile guadando il pantano.

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La cartellonistica ci avvisa che lungo quel sentiero dalla Nomentana alla Tiburtina sono esattamente sei chilometri e cento metri. Ponte Mammolo è il nome della zona della Tiburtina in cui sbuca il sentiero ciclabile che stiamo pedalando.

Ci rimettiamo in moto.
Dopo qualche metro a Cobol si stacca d’improvviso la ruota anteriore.  Le sue parole ancora a caldo, ancora a terra: “meglio qui che sull’asfalto“. Vai a capire come è andata. Sta di fatto che è sempre meglio verificare con una certa periodicità lo stato dello sgancio rapido delle ruote. La rovinosa caduta sul cerchione lo rimodella nel modo che è possibile vedere nel filmato.

Neanche troppo male. La bici con molte cautele, è ancora utilizzabile.
Poche escoriazioni. Procediamo quindi prudentemente con un movimento ondulatorio che a tratti ci procura qualche risata.
La ricognizione finisce un po’ bruscamente qui.
Tutta l’attenzione rivolta verso l’ambiente che ci circonda finisce per essere catalizzata dalle difficoltà di procedere con la ruota in quello stato.
Veniamo anche bloccati da un gregge di pecore con a capo una pecora di vedetta particolarmente loquace, ma nessuno dei due ha la prontezza d’immortalare un fatto tanto raro a Roma. Ci domandiamo anzi in quali circostanze un gregge di pecore possa sentirsi minacciato e caricare. C’è grande confusione sul mondo animale in questo momento.

Raggiungiamo la fine del parco dell’Aniene su via Furio Cicogna e scavallata la Tiburtina giù per la Palmiro Togliatti ci dirigiamo verso casa: Roma est.
In enorme ritardo sulla tabella di marcia si torna nel quadrante a noi più familiare in cerca di un cerchione per la sostituzione. Domani la bici deve essere già perfettamente funzionante.

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L’entrata ciclopedonale al parco dell’Aniene da via Cicogma

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Le biciclette col loro carico di fango.

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La mappa ufociclistica della ricognizione. Qui per vederla ingrandita

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La mappa interattiva del percorso. Qui per vederla ingrandita.

 

XIII ricognizione UfoCiclistica – 22-11-2018 Arrivederci Leonidi

22 novembre 2018 giovedì
Addio alle Leonidi posticipato di tre giorni
Report redatto da: Lorena e Dafne.

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Guarda la mappa più dettagliata

La partenza per la deriva disordinante di stasera è insolita: non più piazza San Giovanni, ma il MACRO Asilo di via Nizza a Roma, il debunking degli ufociclisti.
Si parte dal tetto dopo aver fatto un giro all’interno tra gli atelier d’artisti e mostre in corso. Nikky con altri due ufociclisti si sono gettati in un corridoio sollevato riempito di grandi sfere rosse, l’opera di Elena Panarella Vimercati Sanseverino.

Si dibatte fin dall’inizio perché per alcuni il Macro costituisce, ufociclisticamente parlando, un totem d’incongruenza: un luogo che ha subito una trasformazione, per un cambio di gestione, e che spicca in un quartiere residenziale di palazzi signorili, che disgrega l’ambiente intorno e disomogenizza (si veda anche atlante ufociclistico). Per altri, invece, esso è un elemento attrattore, omogeneo col paesaggio intorno, oltre che centro aggregatore e costituisce perciò un tonal (si veda sempre atlante ufociclistico per le definizioni).

La questione resta irrisolta, per i primi comunque, resta il fatto che il Macro potrebbe col tempo diventare un tonal, in quanto non è ancora abbastanza vissuto da essere chiamato tale, e anzi questo è ciò che in generale ci si augura.
Per una serie di congiunzioni astrali, sovrapposizioni di messaggi di gruppo, semafori rossi, e interferenza di psico-dissuasori, l’ufociclista Dafne arriva in ritardo e questo fa ritardare la partenza del gruppo.
Ma appena arriva viene accolta da una cappa d’incenso che brucia sulla bicicletta dell’ufociclista D., e questo la riconcilia col gruppo, così ora si può finalmente partire.

I nostri eroi imboccano viale Regina Margherita, in direzione del Ponte delle Valli come è visibile nella mappa.
Arrivati nei pressi del Quartiere Africano, in prossimità del Parco Nemorense, l’ufociclista Lorena, notando i nomi delle vie, si chiede se esista qualche corrispondenza geografica tra la loro disposizione nel quartiere e i luoghi reali.
E’ una domanda interessante ma a
nche questa questione rimane irrisolta per il momento: sarà oggetto di approfondimento futuro tra gli ufociclisti.

L’ufociclista Cobol inizia a elargire fantamulte ad auto parcheggiate in doppia fila e sul marciapiede.

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Chiariamo: “nell’elevare le fantamulte (inventate da Edoardo) alle automobili non ci sostituiamo al pizzardone astratto (il vigile che vigila) ma c’intromettiamo nello spettacolino surreal-masochista del perseguitato e del perseguitatore che nel rincorrersi e nello sfuggire mantengono in vita gli equilibri della città ostile e alienata”.

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Cobol eleva una fantamulta direttamente a due donne che hanno lasciato l’auto in mezzo alla strada e loro lo minacciano dicendogli che sono fatine, ma evidentemente non hanno la bacchetta magica per rimpicciolire la macchina e non farle prendere così spazio, e soprattutto non sospettano che tra gli ufociclisti si aggiri una strega sotto mentite spoglie.

Arrivano davanti a una storica sede di Forza Nuova. Qui, un’inconfondibile scritta, con tanto di croce celtica per togliere ogni dubbio e ambiguità, troneggia sopra un immenso alimentari/fruttivendolo bengalese. È questo un caso di elemento che genera disordine ambientale e ambiguità, in cui compaiono abbinamenti inattesi, e confonde lo sguardo, che viene definito dall’atlante ufociclista cuspide o retroaggregatore.

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Davanti a questo astratto negozio gli ufociclisti incontrano coraggiosi antifascisti del quartiere più fascista di Roma, che chiedono loro una mano per cancellare quell’inquietante scritta. Gli ufociclisti si limitano a lasciargli una fantamulta per parcheggio in divieto di sosta (o di fermata, qui c’è una diatriba con i due che contestano il tipo di infrazione), ma prendono anche in considerazione l’ipotesi di tornare e mettere insieme un esercito di antifascisti in quelle zone ampiamente fuori dall’aura protettiva del quadrante orientale.

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A un parcheggio, dove nessun auto ha commesso infrazione e dove non c’è nemmeno un briciolo di immondizia per strada, i nostri eroi si rifocillano a base di non meglio identificate noci energizzanti probabilmente africane, e sono raggiunti da un nuovo membro, una ufociclista esperta in atmosfere di montagna e alieni.

A questo punto si pedala per tornare indietro per un pezzo di salita fino a raggiungere la ciclabile Aniene. Qui le luci della città svaniscono e bisogna fare i conti col buio. Ognuno lo affronta a modo suo. D. preferisce la luce rossa a quella bianca, troppo luminosa per lui. Dafne invece, vorrebbe quantomeno evitare di trovarsi a scendere senza controllo lungo un’invisibile larga curva (come è già avvenuto in passato) e poi il buio la affascina, ma la impaurisce anche (si vedano report di ricognizioni precedenti).
La ciclabile Aniene è uno strappo che è anche Varietà dimensionale del tipo 1.

Addentrandosi nel folto dei cespugli arrivano al ponte di ferro.
Su di esso passa l’alta velocità che va a Firenze, e, secondo l’atlante ufociclista, esso costituisce una discontinuità del territorio, agendo da separatore, in quanto taglia in due una (o due) UDA senza assumerne le caratteristiche. Ma esso ha anche un’importanza storica.
L’ufociclista Lorena racconta la storia di Ugo Forno, un bambino di 12 anni ucciso, nel tentativo di difendere il ponte che i nazisti volevano distruggere per fermare l’avanzata degli alleati. Tutto ciò avvenne il giorno prima della liberazione di Roma e solo in anni recenti, lo stato si è ricordato di questo bambino, conferendogli una medaglia e definendolo eroe nazionale.

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Al ponte di ferro i nostri eroi sistemano le biciclette in modo da illuminare l’ambiente con le lucette e preparano quello che si rivela il banchetto più ricco della storia (loculliano) dell’ufociclismo dai tempi di Ivano Mertz.
Vengono fuori doti culinarie inaspettate.

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A pancia piena si ragiona meglio, perciò sorgono spontanee discussioni sugli argomenti più vari, dalla natura degli alieni, alla possibile evoluzione del calamaro da incroci genetici di extraterrestri*, a Mauro Biglino**.
Finora, un’ipotesi accreditata è quella che gli alieni siano piante carnivore capaci di movimento animale. Difficile capire perciò se con l’alimentazione vegana stai mangiando uno di loro (citazione di Philip Dick).
Il treno che passa ogni dieci minuti accompagna le loro animate discussioni.

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Dopo il banchetto, gli ufociclisti continuano il loro percorso. Lorena e Dafne si attardano a fotografare il murale dedicato a Ugo Forno e si concedono un minuto per ripensare alla sua storia. Poi si buttano all’inseguimento degli altri attraverso un fitto canneto sulle sponde dell’Aniene che irrora una fitta nebbia. Passano attraverso una galleria e riemergono in prossimità della strada asfaltata, che costeggia il fiume.
Qui, complici l’umidità, il freddo, l’ora tarda, la stanchezza e un ufociclista che deve assolutamente tornare a casa, decidono di terminare la ricognizione, non senza una puntata a San Lorenzo, quartiere molto caro agli ufociclisti.
Proseguono perciò sulla via Nomentana in lenta risalita, senza badare ai semafori e alle auto rallentate che in alcuni casi nemmeno si prendono il disturbo di suonare il clacson e semplicemente alla prima occasione deviano nella corsia centrale (cosa abbastanza rara per un automobilista che si ritrovi ciclisti sulla sua strada), finché a Porta Pia, il gruppo si separa. Alcuni tornano a casa, mentre Dafne, Lorena, Cobol e Nikky, proseguono verso San Lorenzo.

Legate le bici in piazza, si inoltrano nei meandri della libreria Giufà, dove tra libri insoliti e bicchieri di birra, incontrano Giovan Bartolo Botta noto attore/poeta della scena romana, col quale continuano le discussioni sull’evoluzione, arrivando a discutere il limite tra la vita e la morte… ma questa è un’altra storia.

Presto indiremo la ricognizione diurna per una più completa mappatura della zona esplorata. Seguite sul gruppo fb.

Consigli

Letture:
Lsd. Carteggio 1947-1997Junger e Hoffman – Editore Giometti & Antonello.

Canzoni:
Ponte SalarioFlavio Giurato.

* Cause of Cambrian explosion – Terrestrial or cosmic? – gruppo di scienziati guidati da Edward J. Steel, del Centro dell’astrobiologia dell’Università di Ruhuanera, Sri Lanka

** Mauro Biglino è un traduttore di ebraico biblico, noto per una sua rilettura della Bibbia: egli afferma che leggendo la Bibbia alla lettera, viene fuori che essa non parli affatto di Dio, ma di forme di vita di natura extraterrestre, chiamate appunto Elohim.

Presentazione dell’atlante Ufociclista a Radio Città Aperta

Il 24 ottobre abbiamo presentato l’atlante UfoCiclista a Radio Città Aperta nella trasmissione Mercoledì Morning di Gianluca Polverari.
Il podcast è ascoltabile qui oppure qui.

Con noi anche Andro Malis curatore del libro DeCore. Il marziano è vivo e lotta insieme a noi.

In studio con Gianluca Polverari:
Andro Malis e Cobol Pongide.

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La locandina realizzata da Andro Malis

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Cobol Pongide e Andro Malis negli studi di RCA

 

Presentazione dell’atlante ufociclista al MACRO di Roma

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Panoramica della presentazione al MACRO. Qui per l’immagine ingrandita

L’atlante ufociclista edito da Nerosubianco è un viatico all’utilizzo della bicicletta come vettore di ridefinizione del territorio antropico, cioè di quello spazio fortemente caratterizzato dalla presenza umana e dai suoi artefatti urbani mobili e immobili.
Per chi all’atlante si avvicina, vale la raccomandazione circa l’esistenza di un inscindibile rapporto d’interdipendenza tra quello e il blog ufociclista che state leggendo, ovvero tra strumenti teorici (anche se ampiamente illustrati) e loro applicazione pratica: nel blog infatti i concetti e le metodologie utilizzate nel libro trovano un più ampio spazio d’esplicitazione, di riflessione e una naturale progressione ed evoluzione.

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Spostando l’attenzione dalla priorità come mezzo di trasporto (che comunque resta centrale nel ciclismo urbano) l’UfoCiclismo si pone l’obbiettivo primario d’utilizzo della bicicletta come mezzo esplorativo atto a sovrascrivere le mappe esistenti: quelle che proscrivono, instradano, perimetrano, disciplinano, addomesticano, al cosiddetto abitacolamento del corpo e all’inquadramento sensoriale del territorio entro un frame orientato (sulla non neutralità delle mappe si veda, tra l’altro, Carte, sapere e potere saggio on line di John Brian Harley).
Corpi chiusi in lamiere, resi alieni allo spazio circostante e all’interazione con gli altri esseri viventi. Emotività deprivate di empatia sociale chiuse in scatole (luoghi di lavoro) che utilizzano abitacoli (automobili, mezzi pubblici, sfreccianti ciclomotori) per spostarsi in altre scatole (le abitazioni private). La città abitacolata diviene un insieme statico di vettori che blinda qualsiasi tipo di sensorialità alternativa, anche semplicemente sociale, che non sia quella individuale e strumentalmente orientata. Un’inversione di questa condizione ha inizio, secondo noi, dal piano simbolico e narrativo degli spazi vissuti, in cui la griglia interpretativa modellata sulla circolazione, sui quartieri, le proprietà private, cede il posto a mappe multisensoriali.
A differenza di altri approcci multiensoriali, limitatamente impressionistici, l’UfoCiclismo adotta una metodologia fisicalista con strumenti, per quanto possibile, replicabili e verificabili. Da questa scelta deriva il suo armamentario concettuale: la sua cassetta degli attrezzi.

Compito ultimo dell’UfoCiclismo è quello d’identificare spazi contattistici (UDA contattistiche), ovvero luoghi che per propria natura morfologica o per intervento risimbolizzante (spesso ad opera di organizzazioni di base come centri sociali, comitati di quartiere, ciclofficine e alla cartografia alternativa) appaiono i più adatti, e quindi in questo senso dei prototipi, per ristabilire un contatto con l’ambiente circostante e con le alterità: siano esse provenienti da questo pianeta che da altri.

Abbiamo chiesto a cinque ospiti di ragionare su questi temi e quindi sull’atlante:

Alberto Abruzzese (sociologo, scrittore e saggista);
Francesco Rosetti (giornalista);
Giorgio de Finis
(antropologo, direttore MACRO, curatore MAAM).

Gli interventi:
introduzione di Cobol Pongide;
introduzione di Daniele Vazquez;
intervento di Francesco Rosetti con intervento di Daniele Vazquez;
intervento di Alberto Abruzzese con risposta di Cobol Pongide;
intervento di Giorgio de Finis;
secondo intervento di Cobol Pongide;
secondo intervento di Daniele Vazquez;
secondo intervento di Alberto Abruzzese;
lancio del convegno MBM4 di Cobol Pongide (MBM4).

La registrazione integrale della presentazione.

Ospiti non pervenuti:

Fabio Benincasa (docente, saggista e giornalista);
Ivano Merz (attivista fondatore del movimento dell’Ufologia Radicale).

La presentazione si è tenuta il 16/10/2018 al MACRO nella Sala Lettura – alle ore 18.00.

La pagina dell’evento sul sito del MACRO.

Ley line Tor Sapienza – Roma 12/8/2018

Rapporto redatto da Cobol Pongide

Qualche tempo fa l’amico ufociclista e psicogeografo Daniele pubblicò sul gruppo fb degli ufociclisti questo articolo sulle ley line commentando “Non hanno tutti i torti…”.
In breve nell’articolo si sostiene che, a volerle trovare, le ley line sono un po’ dappertutto e quindi la loro individuazione non serve proprio a nulla e non ci dice proprio nulla.
Poi il commento di Daniele all’articolo diceva anche altre cose ma ci arriviamo con prudenza lungo questa ricognizione fisica e mentale.
Comunque se lo dice lui c’è da credergli.

In questo giorno di agosto mi trovo a ricognizzare da solo dopo molto tempo… dopo l’ultima uscita con tante defezioni un po’ me lo aspettavo nonostante il tragitto sia semplice e quasi lineare.
Molti ufociclisti sono in villeggiatura o cauti per l’eccessivo caldo. Io sono tranquillo: la zona la conosco e so che è generosa di fontanelle.
Le ricognizioni ufociclistiche richiederebbero in realtà almeno tre componenti che assieme comprovino impressioni e ruoli assegnati agli oggetti/sequenza incontrati.

Sono all’incrocio tra via Prenestina e via di Tor Sapienza e lo scopo di questa pedalata è quello d’indagare la ley line Tor Sapienza che proprio con Daniele individuammo circa un anno fa quando iniziammo a scrivere l’atlante ufociclistico.

Ancora da fermo, la prima cosa che so esserci in zona (perché nascosta alla vista) è questa cuspide (foto che segue): un pezzo della antica via Prenestina (qui la vista aerea).

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In mancanza di un’altra collocazione più funzionale alla specifica analisi, un reperto archeologico è una cuspide, un aggregatore psichico e temporale in cui converge un bel po’ di storia dello spazio o dell’UDA in cui si trova. Tuttavia questo è proprio uno di quei casi in cui ci sono buone ragioni per sospettare si tratti invece di un’altra cosa (o comunque anche di un’altra cosa) e nello specifico di un omphalos.
Lo avevamo rilevato nell’atlante ufociclistico proprio a proposito della ley line Tor Sapienza: da qui iniziano quella di Tor Sapienza e quella della via Prenestina, sebbene quest’ultima possa essere fatta risalire anche ad un altro omphalos generatore: Porta maggiore.

La ley line Prenestina (di cui non mi occuperò oggi) è già individuata (segnalata) da tre punti allineati noti:
1) l’omphalos (l’antica Prenestina);
2) il MAAM (Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz);
3) la torre medioevale di Tor Tre Teste.

I punti 2 e 3 sono illustrati nelle prossime due foto:

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Il Metropoliz all’interno di cui c’é il MAAM

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La torre di Tor Tre Teste

Sebbene su via Prenestina possa imbattermi lungo infiniti punti (segnalatori), per supporre l’esistenza di una ley line bastano, almeno preliminarmente, tre punti. Per quello che è oggi il mio fine mi fermo quindi qui.

Torno invece indietro al MAAM perché è da qui che abbiamo supposto nascere la ley line Tor Sapienza o più precisamente dall’omphalos.

Non mi soffermerò sulla presentazione del MAAM e del Metropoliz perché è stato detto e scritto tantissimo e tantissimo si trova in rete. Si tratta di un esperimento unico nel suo genere e proprio in ragione di ciò iniziammo un anno fa uno studio di una ley line a partire da questo anomalo oggetto.

L’idea al suo stato più basilare è che le ley line si sviluppino (o si ancorino) attorno a segnalatori di una certa, qualsivoglia, rilevanza.
Ufociclisticamente il Metropoliz/MAAM rappresenta un attrattore molto forte, un tonal in potenza, che da anni sta modificando l’atmosfera dell’UDA in cui risiede e un po’ di tutto il quartiere Tor Sapienza in generale.
A spalleggiarlo, come vedremo più avanti, e poco lontano, il Centro Culturale Municipale Giorgio Morandi con una ruolo molto diverso.

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Il Metropoliz/MAAM un po’ più da vicino.

Sulla torre di Tor Tre Teste: qui trovate delle informazioni, ma per i più feticisti scatto una foto al bassorilievo da cui prende il nome:

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Il le tre figure sono ricoperte dall’edera… non si vedono le teste.

Le ley line sono una cosa molto seria e me lo ricorda proprio Daniele perché nell’indire questa ricognizione ho ironicamente scritto che “le ley line psicogeografiche non vanno prese troppo sul serio“. Mi rifaccio all’articolo di cui poco sopra ho messo il link, ma in realtà esse, concettualmente provenienti dal mondo della ricerca archeologica, rappresentano sicuramente una delle prime forme di organizzazione dello spazio utilizzate dall’uomo.
L’unico riferimento (tradotto in italiano) per capirne qualcosa in più è il libro di Nigel Pennick Linee magiche.
In un secondo momento le ley line sono però divenute materia per affamati ricercatori new age e questo ha un po’ complicato le cose. Le linee hanno iniziato ad assumere connotati esoterici, magici e sono, loro malgrado, divenute portatrici di insondabili quanto improbabili energie. Non più quindi riferimenti geografici ma “portali” verso terre d’altra consistenza.
La cosa tra l’altro non è neanche del tutto errata dato che è certo che queste linee assumessero significati simbolici speciali tanto per la loro funzione primaria quanto per il fatto che potevano essere utilizzate come vie per riti e iniziazioni.
Tuttavia questa accezione sembra essere un po’ sfuggita di mano ai moderni “cacciatori di ley line”.
La psicogeografia ha “silenziosamente” assistito a questa svolta senza contenerne i chiassosi effetti… da cui la mia boutade di cui sopra.
Ma la cosa non finisce qui…

Pedalo su via Cesare Tiratelli che costeggia il Metropoliz, poi via Luigi Alemanni fino a ricongiungermi a via di Tor Sapienza. Pochi metri ancora fino a via Francesco Paolo Michetti. Qui risiede il secondo segnalatore della ley line Tor Sapienza.

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Nella foto precedente il basamento che rimane della torre di Tor Sapienza.
La storia della torre la trovate al link poco sopra (e anche una sua foto prima del crollo).
Si tratta di un ex tonal, a tutti gli effetti, tanto forte da dare il proprio nome all’intero quartiere come a Roma spesso accade. Oggi ha perso questa funzione trasformandosi in un attrattore o in una cuspide… al momento poco importa.
Un autoctono mi racconta che durante la ritirata nazista da Roma la torre fu fatta brillare (era usata come polveriera). A quel punto gli abitanti del quartiere recuperarono tutte le pietre crollate per ricostruire e sistemare le case del posto. In questo senso, quindi, la torre ancora vive pienamente a Tor Sapienza e in maniera tutt’altro che metaforica essa si è irradiata (un po’ come una supernova) per rigenerare le ferite di guerra.
La storia mi pare molto bella ma su ciò, purtroppo,  il mio interlocutore non null’altro da aggiungere.

Sono tornato su via di Tor Sapienza. Procedo ancora in direzione Tor Cervara e pochi metri più avanti s’erige la parrocchia Santa Maria Immacolata e San Vincenzo de Paoli.

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E’ indubbiamente, al momento, il tonal di Tor Sapienza e non rientra nella ley line che sto seguendo.
Ecco cosa scriviamo sull’atlante ufociclista a proposito di questa parrocchia: “… divenuta in seguito tonal data soprattutto la sua posizione strategica proprio su via di Tor Sapienza. Attorno a questa parrocchia oggi il quartiere si ritrova producendosi a volte in feste dal sapore “paesano” che sembrano il marchio di un certo modo demenzial-clericale di concepire la socialità“.

Le parrocchie spesso sono dei tonal “deboli” (lo avevamo visto già qui) che fanno le veci dei veri e propri referenti tonali venuti meno. La parrocchia in questione assurge a questo ruolo da dopo il crollo della torre ma al momento la sua forza irradiatrice è sotto attacco del nuovo attrattore MAAM.

Procedo ancora verso Tor Cervara e incontro piazza Cesare de Cupis (foto che segue).

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Anche piazza de Cupis non rientra nella ley line ma svolge delle funzioni importanti nell’UDA che la contempla. Si tratta di una piattaforma girevole dai flussi piuttosto vorticosi incrociando due strade importanti come via di Tor Sapienza (che oltre la rotonda diventa via di Tor Cervara) e via Collatina. Di queste costituisce una sorta di “collo d’imbuto”. A tutti gli effetti si tratta di un vortice così forte da spezzare in due il quartiere anche se l’atmosfera dell’UDA sembra globalmente tenere.
E’ compito delle piattaforme girevoli produrre ricombinazioni nell’UDA grazie al loro impulso centrifugo che espelle “tossine” prodotte dallo stazionamento atmosferico.
Ho detto poco sopra che sembra tenere, perché come abbiamo visto in questo punto via di Tor Sapienza viene bruscamente decapitata per fare posto a Tor Cervara che da vita, almeno formalmente, all’inizio di un altro quartiere.

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Sulla piazza veglia inquietante un’altra torre: quella della scuola elementare Gioacchino Gesmundo. Austera e severa rafforza e sottolinea la funzione svolta dalla piattaforma girevole prospiciente: una sorta di buttafuori a monito dei frequentatori più molesti. Se ci si pensa è un po’ proprio il ruolo della scuola: incamerare giovani menti e risputare adulte “anime corrotte”. Forse in generale un po’ il ruolo di tutte le istituzioni totali.
Autoctoni mi raccontano del timore che la scuola incute nei bambini del quartiere, con le sue grandi aule e le sue alte finestre che evidentemente miniaturizzano tutto ciò che vi entra. L’edificio d’epoca fascista emana davvero un senso d’oppressione in chi l’osserva come si trattasse di una moderna cattedrale gotica. La torre sembra squadrarti con malfido sospetto e non è detto che l’effetto prodotto non sia in fin dei conti stato progettato.
La piazza è nel complesso davvero caratteristica e interessante da visitare.

Prima di procedere verso via Tiburtina (la direzione originaria) pedalo mezza rotazione di piazza de Cupis per immettermi su via di Collatina in direzione Roma centro. Sono alla ricerca di quello che sospetto essere il totem d’incongruenza di quest’UDA.

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Pochi metri ancora e appare la torre piezometrica di Tor Sapienza che avevamo incontrata già qui (e qui nella vista aerea).
Più precisamente avevamo incontrato delle casette per il controllo del flusso dell’acqua degli acquedotti in zona via Serenissima (poco lontana) a cui avevamo funzionalmente ricollegato la torre piezometrica (entrambi gli impianti hanno funzioni di regolazione dei flussi idrici) che adesso m’appare in tutta la sua maestosità.

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Un cilindro anonimo che come un panopticon tiene d’occhio tutto il quartiere con fare minaccioso. Chi ci starà osservando da quella torre? Ci saranno dei cecchini appostati? Staranno scattando delle foto? Ci staranno ascoltando? Ci si è mai schiantato un elicottero o un aereo? Sono domande che inevitabilmente emergono osservandola.
Nella ricognizione precedente avevamo fatto riferimento a questa struttura. E proprio come in quella occasione m’imbatto, lì vicino, in una casetta del tutto identica a quelle in precedenza incontrate sotto il cavalcavia della Serenissima: per esperienza pregressa quindi so che dentro ci saranno valvole idrauliche o saracinesche (foto sotto).

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La torre piezometrica s’impone come la costruzione più alta della zona. Non si tratta di un totem d’incongruenza molto forte tanto per la sua posizione leggermente periferica rispetto all’UDA che tiene sotto scacco, quanto per il ruolo che condivide con l’attrattore MAAM che nella fattispecie lavora come un totem a smontare l’influenza atmosferica della parrocchia Santa Maria Immacolata e San Vincenzo de Paoli. MAAM a torre piezometrica: il tuo nemico è anche mio nemico.

Torno sui miei passi perché oltre la torre siamo abbondantemente fuori dall’UDA di Tor Sapienza e nel fare ritorno verso piazza de Cupis giro a destra su viale Giorgio De Chirico. Sono molto fuori la ley line ma ho tralasciato degli oggetti/sequenza dell’UDA molto interessanti e colgo l’occasione per documentarli. Giro su via Carlo Carra all’altezza del market Carrefour:

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Autoctoni mi dicono che il Carrefour, da quando è stato inaugurato, è un importante centro d’attenzione in quella parte di Tor Sapienza. In effetti guardandomi attorno non vedo nessun’altro negozio nei dintorni: e a essere precisi non vedo null’altro che i palazzi e il Carrefour. Raggiungo quindi viale Giorgio Morandi (foto che segue).

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L’enorme complesso abitativo (foto sopra) ha la forma di un circuito automobilistico e letteralmente racchiude il Centro Culturale Municipale Giorgio Morandi (qui nella immagine aerea) funzionalmente alleato col Metropoliz/MAAM e quindi, forse a sua insaputa, con la torre piezometrica. Le informazioni sul centro sono reperibili nella sua pagina fb che ho linkato poco sopra, ma in sostanza esso si occupa di portare attività ricreative e culturali in uno spazio in cui sembrano appena passati i lanzichenecchi cognitivi.

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L’entrata del centro culturale Giorgio Morandi

Nella foto successiva il graffito alieno di Yest, che ho conosciuto alla presentazione di De Core proprio qui al Morandi qualche mese fa.

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In linea del tutto generale mi pare di poter stabilire che mentre l’edificio a forma di circuito funziona da tonal di questa zona (sempre Tor Sapienza ma un’UDA molto diversa), il Centro Culturale Municipale Giorgio Morandi è il totem d’incongruenza di quest’UDA e mina la granita solidità del nulla culturale che pare essere stato il motivo ispiratore del genio urbanista che ha progettato questo frangente romano.

Torno nuovamente indietro su via le Giorgio De Chirico (direzione via Prenestina – sto praticamente tornando indietro) fino a delle scalette che si aprono sulla mia destra. Le avevo già viste in passato ma non avevo mai trovato il tempo di salirle. Conducono a un parchetto sopraelevato con delle giostrine:

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Nel parchetto c’é anche una pista per il pattinaggio su ruote.

Su una panchina un uomo e una donna con abiti indiani pranzano e amoreggiano l’uno accanto all’altra. Qui nel nulla ludico si aprono enormi sprazzi per l’amore agostano.
Ma nel silenzio totale il parchetto parla anche con un’altra voce: un graffito mi colpisce (le foto che seguono):

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L’ampio graffito è a ridosso di una struttura che delimita l’area cani. Nella prima foto è infatti visibile anche Laika. A Tor Sapienza ci sono alieni disegnati dappertutto. Ne avevamo incontrati al centro Morandi, quelli di Yest e di Pino Volpino. Ci sono questi che sono d’altra mano e forse sottolineano l’esperienza d’estraneità umana locale rispetto al resto del mondo sociale. In un parco collocato su un altro pianeta.

Dal parchetto poi s’accede al bel ponte Ilaria Alpi. E’ un attraversamento ciclopedonale di viale Giorgio De Chirico (nella foto successiva).

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Ancora (un po’ scura ll’immagine successiva) una foto del ponte dal basso: l’ho attraversato e sono sceso nuovamente su viale De Chirico.

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Questo ponte è un separatore che simula la sensazione di due atmosfere distinte e separate che invece sono la medesima. Il ponte restituisce la sensazione di un passaggio da un’atmosfera ad un’altra ma è solo cosmesi, men che mai reale distanza.
Giro a destra su viale De Pisis, poi di nuovo via di Tor Sapienza e ancora piazza de Cupis. Sono tornato laddove avevo “divagato” verso il totem d’incongruenza. Ho la netta sensazione di aver attraversato due atmosfere distinte in cui viale De Pisis gioca il ruolo di occultatore: esattamente la funzione inversa del separatore. Lo comprendo perché questa volta l’arrivo a piazza de Cupis è più sgradevole rispetto alla prima volta. L’UDA del complesso abitativo a circuito automobilistico è decisamente più ostile della parte più vecchia di Tor Sapienza da cui provenivo all’inizio. Immagino il piccolo Centro Culturale Municipale Giorgio Morandi che combatte contro il palazzo-circuito e mi viene in mente la scena del film Brazil in cui il protagonista lotta contro il ciclopico samurai. Film meraviglioso, ma ho sempre odiato quelle sue sequenze oniriche. Chissà perché ora mi vengono in mente. Registro comunque questa reazione emotiva.
Poi ricordo che proprio fuori del centro Morandi c’è un cartello che nell’indirizzare verso il palazzone a circuito segnala lezioni d’arti marziali.

Prima di rimettermi sulle tracce della ley line Tor Sapienza ho il tempo di fare una verifica che in questo periodo mi sta particolarmente a cuore.
Nella ricognizione precedente avevamo cercato di verificare un’accezione circa l’idea di conflitto atmosferico (la numero 2). Rimando all’introduzione fatta durante quella ricognizione per non appesantire questo resoconto con un’inutile ripetizione.
Ora, qui a piazza de Cupis, sono nel posto giusto per fare un’altra verifica, su un terreno molto diverso. Ai confini dell’UDA di Tor Sapienza, proprio come a Pietralata in via Feronia, m’aspetto di trovare quei segnali, quei segni di conflitto che, qualora l’idea fosse corretta, dovrei rinvenire qui ai bordi dell’UDA. Ciò aprirebbe ad un’ulteriore funzione dello strumento “conflitto atmosferico“. La volta precedente ci eravamo impegnati ma non era andata benissimo.

Diamo un’occhiata alla mappa per iniziare:

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Siamo vicinissimi al punto d’incontro tra l’UDA di Tor Sapienza e quella di Tor Cervara rappresentate, nella mappa precedente, un po’ grossolanamente e schematicamente; ma non è questo tipo di precisione che al momento ci occorre. Comunque sia quello segnato in verde è l’alone d’interferenza (la superficie di contatto e di sovrapposizione) delle due UDA che ivi s’incontrano. E’ proprio qui che immagino di trovare i segnali di cui parlavo poc’anzi.

A piazza de Cupis (siamo ancora fuori dall’alone d’interferenza, ma in realtà l’area segnata in verde è del tutto indicativa e arbitraria) troviamo il ferramenta Tempesta.

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Un buon inizio per uno che cerca conflitti atmosferici. E’ una battuta. Tra l’atro il ferramenta si sta trasferendo in nuova sede. Era lì da molti anni.

Ancora su piazza de Cupis scorgo segni di degrado del territorio (almeno secondo me):

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Eurobet = degrado del territorio

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Compro Oro = degrado del territorio

Ma come dicevo siamo ancora formalmente fuori dall’alone d’interferenza.
Mi avvicino quindi alla zona interessata.
Ora sono dentro.

L’insistente e isterico rumore di una tazza di ferro battuta su del metallo attira la mia attenzione. Acusticamente pare di assistere ad una scena di quelle che si vedono nei film di detenuti in rivolta. Il rumore è proprio quello.
Dietro una finestra con grata in metallo due anziane signore indemoniate urlano contro il vicino di casa che sul terrazzo confinante con la loro finestra è uscito per chiedere loro di smettere di produrre quel baccano. Non solo non smettono ma iniziano a insultarlo pesantemente e surrealmente. Insultano lui, la moglie e tutti i condomini del palazzo. Non smettono. Si alternano. Si sovrappongono. Poi iniziano a insultare il bar proprio sotto la loro abitazione. E’ quello il vero obiettivo polemico. Poi insultano chiunque si fermi a capire cosa sta accadendo. Insultano anche me che le sto riprendendo col telefono e mi appellano con il puerile epiteto di quattrocchi (senza lo spara pidocchi). Mi dicono che sono uno spione (e su questo c’hanno ragione ragione visto che le sto riprendendo) e poi mi dicono che sono un drogato e che se ho bisogno della mia dose giornaliera posso rivolgermi al bar sotto casa loro. E’ tutto bollentemente surreale.
Dalla bocca delle due donne (sopratutto all’indirizzo del loro vicino di casa) escono volgarità impensabili ma condite da una certa infantilità. Paiono due bambine invecchiate assieme e improvvisamente dietro le sbarre del loro appartamento-galera.
Mentre il vicino tenta debolmente di portare il discorso su un binario basilarmente razionale, loro continuano, come macchinette, a sparare insulti rivolti alla sua prostata e alla moglie secondo loro “donna di discutibili costumi”. Nonostante siano più anziane di lui gli ripetono ossessivamente che è un vecchiaccio…
Sotto il link al video che ho girato e che spero renda l’idea.

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Clicca qui per vedere il video.

Io le spio perché per me sono l’evidente segno di un conflitto atmosferico. Paiono impazzite perché recluse in quell’alone d’interferenza che rende tutti un po’ matti, psicotici, scissi e surreali. Forse è così che si diventa a vivere nel bordo spurio di un’UDA. Forse il continuo contatto con due atmosfere diverse alla fine rende folli, fa invecchiare precocemente, cuoce il cervello, t’arriccia nei confronti del mondo esterno e ti trasforma in una mitraglietta spara-improperi.
Ecco questo è quanto, e anche più, ci saremmo aspettati di trovare una ricognizione fa quando eravamo in giro a pedalare proprio in cerca di conflitti atmosferici. Una dimostrazione palese e teatrale.
Resterei a filmarle fino a esaurimento volgarità ma il vicino disperato è rientrato in casa e ora l’obiettivo polemico sono diventato io. Dal bar mi guardano come a dire: “le stai provocando”… ovviamente non dev’essere la prima volta e non sarà evidentemente l’ultima.
Risolvo d’allontanarmi col mio bottino visuale.

Procedo, quindi e sono ancora nell’alone d’interferenza (questa volta dalla parte di via di Tor Cervara) quando m’imbatto nell’edificio della foto che segue.

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E’ il palazzo della TVR Voxson (un tempo nota emittente privata romana): un’architettura del tutto aliena per questa parte della città e non solo.
Il palazzo è avveniristico ma non deve esser poi così tanto recente. Se non un vero e proprio segno di conflitto sicuramente un simbolo di evidente estraneità in questa zona.
Poco più avanti una freccia spezzata a terra.

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Sempre nell’alone d’interferenza: segnali di indiani che hanno sconfitto cowboy.

Comunque sia: non è il compito che mi sono prefissato oggi quello di soffermarmi troppo sulla verifica della seconda accezione di conflitto atmosferico. Ma da un certo punto di vista mi sento soddisfatto: l’ipotesi sta prendendo forma e devo ringraziare le due anziane indemoniate.

Mi rimetto in movimento verso la torre di Tor Cervara il terzo segnalatore della ley line. Incontro alla mia sinistra il parco della Cervelletta.

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Pedalo davvero pochi metri…

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e giungo fino al casale della Cervelletta sempre nel parco dell’Aniene (foto sopra). Nella su interezza non l’ho mai visitato. Non lo farò neanche questa volta visto che ho appena bucato… si tratta di un’insidiosa Tribulus Terrestris.

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Ci metto poco a cambiare la camera d’aria: alla mia bici è rimasto solo l’essenziale. Tra un po’ proverò anche a fare a meno della catena.

I Tribulus Terrestris sono degli efficacissimi psico-dissuasori.
Esco quindi dal parco e mi rimetto sull’amichevole asfalto. Giusto il tempo di pochi metri e m’imbatto in un nuovo psico-dissuasore: l’avevamo già incontrato qui. E’ la marana che attraversa il parco Fabio Montagna. Lì aveva la parvenza di una fogna a cielo aperto mentre qui di un lattiginoso e quieto fiumiciattolo (foto che segue).

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S’inizia a delineare lo sgradevole tracciato di una mappa sensoriale: olfattiva.

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L’odore spaventoso è esattamente quello della volta scorsa: non ci sono dubbi che si tratti dello stesso corso d’acqua. Costeggia per lunga parte via di Tor Cervara appestando le poche case limitrofe e i pochi avventori che sul lato opposto della strada attendo i pigri mezzi ATAC.

Sempre su via di Tor Cervara m’imbatto in una sequenza di cenotafi stradali.

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I primi due sono a distanza ravvicinatissima subito dopo il ponticello della marana.
Il terzo più antico è un po’ piu’ in là. Dietro il muretto su cui è issato si sta sviluppando una discarica.
Ho la sensazione che i cenotafi rientrino nella tassonomia delle cuspidi. Si tratta di oggetti che registrano un frangente di storia della zona, nella fattispecie ne raccontano della pericolosità, e indicano il momento spaziotempo della fine di una vita. Tutte caratteristiche da cuspide: ma su questo al momento è in corso un dibattito.

Decido di cercare una fontanella perché nel parco a cambiare la camera d’aria ho esaurito l’acqua. Giro quindi su via Vespignani senza troppo crederci anche se a Roma non è difficile trovare nasoni collocati in deserti antropici come quello. Se trovo un parco trovo anche l’acqua.

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Niente parco invece, ma il nasone mi si palesa comunque in tutta la sua fresca veracità.
Non ho mai percorso quella via e quindi dopo essermi fatto il bagno in questo inatteso gelido lido decido di seguirla per vedere dove mi conduce.
M’imbatto in qualcosa di molto interessante e ancora in via di studio e definizione ufociclistica: un ritmo.

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Nel video qui raggiungibile ho utilizzato la cassa di una Roland TR 909 pigramente scaricata dalla rete. Spero di non fare un torto a nessuno nella scelta di questa batteria elettronica che tra l’altro non amo particolarmente. Ma mentre riprendevo i tombini è lei che m’è venuta in mente: forse perché somigliante all’atmosfera emessa da quella strada.
La TR 909 è una batteria rude che necessita di molto spazio per le sue gonfie frequenze… un po’ come questa strada rude e ariosa che batte il tempo. Sono sicuro che qui abiti John Shirley o che almeno c’abbia scritto il suo Il rock della città vivente.

Quella di ritmo è una categoria in progress: come ufociclisti ci stiamo accorgendo del fatto che a volte alcuni spazi sono puntellati (caratterizzati) da ricorsioni (specchi stradali, cartelli d’istruzioni, cartellonistiche, tombini, eccetera) che si propongono con una certa ritmica cadenza. Una sorta di notazione spaziale che forse produce una certa risonanza spaziale. Risonanza spaziale in questo contesto non significa ancora nulla… si tratta di una sensazione (una costellazione) che stiamo cercando di portare ad un livello razionale e non più solo epidermico. Al momento ci limitiamo a raccogliere casi come questo. Questo è un caso particolarmente fortunato: una sequenza così precisa, lunga e ordinata di tombini tutti grossomodo alla stessa distanza non mi era mai capitato di trovarla.
Mi ero illuso di riuscire a tenere il tempo ma come è possibile ascoltare nel video non è così. A parte la giustificata inerzia dell’inizio, il tempo resta costante solo per una breve frazione della partitura. Poi un’automobile mi costringe a cambiare carreggiata e “bonanotte ai sonatori”…

Sono nuovamente su via di Tor Cervara, molto vicino alla torre che è il terzo punto della ley line che sto inseguendo.
Ma sulla mia sinistra appare un’affordance attrattiva: un cancello semiaperto che m’invita a entrare.

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Procedo con cautela in lontananza s’intravedono delle vecchie case di campagna semi distrutte. Tutt’intorno segni di attività umane piuttosto recenti.
Proseguo fin dove posso.

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Conosco questo posto (foto precedente). A Roma in certi ambienti è noto perché negli anni Novanta vi si svolsero rave illegali. Ora pare non esserci nessuno. Poi inizio a sentire un martello battere insistentemente e quindi risolvo di tornarmene indietro: l’esplorazione di quel luogo al momento non è una priorità.

Sono comunque ormai giunto alla torre di Tor Cervara (nella foto che segue):

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Non ci si accede perché è all’interno di una proprietà privata:

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Scontato pensare che la vecchia torre sia un’ospite della casa di riposo.

Tracciamo finalmente allora la nostra ley line.

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Insomma lo dicevo all’inizio: le ley line psicogeografiche non sono una cosa da prendere troppo seriamente.
Ma quelle ufociclistiche si!
Allora intendiamoci.

1) Prioritariamente una ley line ha il valore di un camminamento: un camminamento banale dato che si svolge lungo una linea retta. A differenza dei camminamenti che s’intrecciano (guarda questo rapporto) quest’ultimo non produce nodi interpretabili (si consulti l’atlante ufociclistico). Tuttavia i segnalatori che incontriamo ci possono rivelare delle utili informazioni sullo spazio o sull’UDA che stiamo attraversando.
L’allineamento di segnalatori può, come nel caso della ricognizione a Pietralata, svelarci l’esistenza di un collegamento sotterraneo e funzionale tra due spazi (in quel caso la rete idrica). Un allineamento può inoltre mostrarci una traccia di speculazione edilizia in atto, di gentrificazione (come nel caso della linea che taglia e congiunge i quartieri romani di San Lorenzo, Pigneto e Centocelle). Ancora un allineamento può evidenziare lo sviluppo di necrosi sul territorio, traumi dello spazio, conflitti, che si consumano su direttive privilegiate e pianificate da urbanisti scellerati e palazzinari senza scrupoli. Queste tattiche di sfruttamento del territorio non sono mai del tutto casuali; determinare quindi delle basi, degli omphalos, da cui diramare ricerche a raggio può risultare molto istruttivo ed efficace.
Insomma una ley line può essere utilizzata, proprio come nell’antichità, per orientarsi lungo sottese trame che sfuggono alle mappe ufficiali (sulla non asettica modalità con cui si compilano le mappe si può leggere on line questo saggio di John Brian Harley: Carte, sapere e potere).
Si tratta di un modo alternativo di rigare e sezionare il territorio funzionale all’attività di mostrarlo sotto un’altra luce.
Su questo ufociclismo e psicogeografia concordano perfettamente.

2) Un’idea più propriamente ufociclistica è quella delle ley line ufo.
E’ un’osservazione dell’ufologo Alan Watts che gli oggetti volanti non-identificati viaggino lungo ley line privilegiate. Tali ley line aeree talvolta ricalcano quelle geodetiche terrestri.
Ma anche Watts riamane su un piano prettamente fenomenologico della questione.
Ripartiamo da quanto ho sostenuto all’inizio di questo rapporto a proposito delle “misteriose” energie che interesserebbero le ley line.
L’ufociclismo cerca di leggere le ley line al pari di vettori geometrici dotandoli, per definizione, di direzione, verso e intensità.
Sulla direzione e sul verso non ci sono particolari problemi. L’intensità di un vettore invece è proporzionale alla sua lunghezza. Ma questo ancora non ci dice nulla se al di fuori del modello teorico il nostro vettore non è equipaggiato di una qualche forma d’energia misurabile.
Orientando il vettore l’ungo l’atmosfera del globo terrestre (come accade per un UFO o qualunque cosa voli) parallelamente alla superficie terrestre, e registrando la sua direzione e verso, scopriremo che percorrendolo (il camminamento) delle volte si acquista mentre delle altre si perde energia potenziale gravitazionale. Ciò grazie ad diverso valore di g (gravità) esercitato dallo sferoide terrestre verso i corpi che gli sono prossimi a seconda che siano più vicini ai poli o all’equatore.
La trattazione di questo argomento è piuttosto lunga… anche per questa ragione con Daniele abbiamo scritto l’atlante ufociclista. Rimando quindi a quel testo l’approfondimento su questo specifico argomento abbastanza tecnico.
Qui mi limiterò a dire che qualora la nostra ley line Tor Sapienza fosse interessata da una fenomenologia UFO (fatto da dimostrare), si tratterebbe di un camminamento particolarmente interessante perché a seconda del verso e proporzionalmente alla lunghezza esso, più di altri, produrrebbe un elevato differenziale d’energia potenziale gravitazionale. Quest’ultimo nel caso di perdita d’energia indicherebbe, secondo la nostra idea, una pratica d’avvicinamento e di volontà di contatto dell’oggetto (di chi senzientemente lo guida) con l’osservatore a terra.
Questa idea è connessa a quella di UDA contattistica che ci proponiamo di esemplificare quanto prima ma che è anch’essa naturalmente illustrata nell’atlante.

In sintesi queste sono le ragioni che rendono le ley line tanto importanti; entrambe in linea con la pratica ufociclistica di produrre mappature alternative e di predire lo spazio più appropriato per un eventuale contatto con forme di vita altra.
Entrambe che scorgono nelle ley line un axis mundi.

Mi rimetto in cammino per il ritorno. Sono comunque tre ore che pedalo anche se in maniere discontinua. Mi fermo a mangiare della pizza al taglio e mentre trovo riparo sotto un albero su via di Tor Sapienza dalla bacheca di un bar fanno capolino alcuni articoli di giornale che attirano la mia attenzione.

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L’intera bacheca è dedicata al Gsc (Gruppo Sportivo Ciclistico) Tor Sapienza.
Non sapevo esistesse.
Chissà se mai riusciremo a coinvolgerli nelle nostre mappature e ricerche di contatto con forme di vita altra.
Tra ciclisti dovrebbe essere facile intendersi su questioni del genere.

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Guarda il tracciato completo con (finalmente) le icone ufocicliste!

 

 

 

Ricognizione UfoCiclistica – Terni – 28/6/2018

Rapporto redatto da Cobol Pongide
Integrato da Claudia

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Quello precedente è il percorso pedalato su Terni il giorno 28/6/2018. Il Cerchio rosso rappresenta l’inizio e la fine della ricognizione dal e al Labbiciclario (LB nella mappa).
I colori utilizzati per identificare le aree non si riferiscono in nessun modo alla Tavola cromatica degli stati d’animo  ma sono utilizzati solo per differenziare le zone d’interesse intercettate durante la ricognizione.

Il giro in bici è durato troppo poco per redigere un rapporto definitivo e approfondito tuttavia crediamo di aver individuato:
1) un’UDA (psicoacustica) – guarda l’atlante UfoCiclistico o  il glossario on line – zona: largo delle More;
2) una piattaforma girevole – guarda l’atlante UfoCiclistico o  il glossario on line – zona: obelisco Lancia di Luce;
3) un IR3 (incontro ravvicinato del terzo tipo) – guarda l’atlante UfoCiclistico – zona: giardini pubblici la Passeggiata;
4) uno psico-dissuasore – guarda l’atlante UfoCiclistico o  il glossario on line – zona: via Cavour.

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Una copia dell’Atlante UfoCiclistico è disponibile per consultazione presso il frigo sovietico/libreria del Labbiciclario.

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La ricognizione, pause comprese, è durata 0:42:06 minuti per un totale di 6.76 chilometri.

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Nella foto precedente la cargo bike condotta da Giuseppe con a bordo Claudia (autrice delle riprese del filmato).

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Nella foto precedente il gruppo quasi al completo dinanzi le giostre del metaforico IR3 nei giardini pubblici la Passeggiata prima di scattare le istantanee contenute nel video.

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Le giostre col razzo ci trasmettono un messaggio piuttosto eloquente.

Nel dettaglio degli oggetti/sequenza (guarda l’atlante UfoCiclistico) ritrovati:

1) quella che abbiamo con ampia approssimazione definito UDA psicoacustica (zona largo delle More) è caratterizzata dall’attraversamento di via dei Castelli. La strada è lastricata in pietra, ci è sembrata basalto, che col tempo ha perso la malta di legame così da trasformarsi in una sorta di xilofono al passaggio delle ruote della bicicletta (si veda il video).
Avevamo incontrato un fenomeno simile ancora più accentuato a Roma procedendo sul marciapiede di via Pincipe Eugenio.
Per quel che riguarda il rapido passaggio nella zona largo delle More, le meravigliose intonazioni della pavimentazione ci sono sembrate la caratteristica più saliente di quel quadrante.

2) Quella dell’obelisco Lancia di Luce (guarda il dettaglio della foto aerea) è senza dubbio da definizione una piattaforma girevole: “si tratta di un’Unità d’Ambiance (UDA) rotante che fa perdere l’orientamento, solitamente una piazza, o se si vuole, se non si desidera stare al gioco: in qualsiasi piazza si perda sistematicamente l’orientamento si può ipotizzare l’esistenza di una piattaforma girevole.”
La naturale propensione del ciclista urbano a circoscriverla (guarda il video) più e più volte è una naturale conseguenza della sensibilità percettivo-ambientale prodotta dall’interazione tra bicicletta e vortici cittadini.

3) Un incontro ravvicinato del terzo tipo può prodursi dal contatto tra terrestri e velivoli alieni. Tuttavia spesso si tratta anche d’attrattori o di forze d’attrazione passionale – guarda l’atlante UfoCiclistico o  il glossario on line – come ad esempio una giostra a forma di razzo decorata con dischi volanti (guarda il video).

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4) Lo psico-dissuasore (guarda l’atlante UfoCiclistico o  il glossario on line ) di via Cavour angolo via Visciotti ha bloccato in quella direzione la nostra ricognizione. Nella fattispecie ad essere bloccata (guarda il video) è stata la cargo bike di Giuseppe e Claudia.
Mentre le altre biciclette sarebbero potute passare lo psico-dissuasore ha respinto la “astronave madre” che trasportava l’ufociclista addetta al video.
Tra l’altro come è visibile nella mappa lo psico-dissuasore ha prodotto un nodo all’interno del camminamento che come abbiamo già descritto qui rappresenta un importante elemento d’analisi.

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Qui puoi vedere il video completo della ricognizione.

Ringraziamo sentitamente:
Labbiciclario, Blob.lcg, tutti gli UfoCiclisti intervenuti e in particolar modo Claudia Busi per l’aiuto topografico nel redigere le mappe e per le riprese.

 

Decima Ricognizione UfoCiclistica – 17/03/18

La decima ricognizione ufociclistica è stata indetta in concomitanza con una trasmissione radio notturna realizzata e condotta dall’associazione Salvaiciclisti sulle frequenze in fm di  RadioImpegno 97.7 (appartenenti a Radio Città Futura).
Qui è possibile ascoltare lo streaming della diretta con, tra le altre cose, gli interventi della squadra d’ufociclisti impegnati nella decima ricognizione.

La squadra d’ufociclisti era composta da:
Cobol Pongide, Alessandro “Natolo”, Mattia.

Nonostante l’assenza di eventi astronomici significativi (si veda UfoCiclismo: perché praticarlo in concomitanza con eventi astronomici?) si è proceduto alla verifica già programmata dell’avvistamento romano del 9 dicembre 2017 lungo la ley line Prenestina di cui gli ufociclisti hanno già dato notizia nel loro gruppo fb.

Quello che segue è lo schema dell’avvistamento redatto da un testimone oculare nella notte tra l’8 e il 9 dicembre all’altezza del parco di Tor Tre Teste di Roma.
Gli oggetti volanti procedono verso sud-est.
Da sinistra dall’alto verso il basso: (prima fila) fascia esterna; quattro file della fascia interna, ultima fascia esterna.

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La sequenza di UFO (i pallini crociati) qui riportata si è ripetuta per almeno tre volte nel campo visivo dell’osservatore che però è giunto sul luogo dell’avvistamento a fenomeno già iniziato. Per questo motivo non sappiamo quante volte essa si sia ripetuta in precedenza.
Gli UFO erano così disposti:  una struttura centrale (quattro file della fascia interna) pressoché sempre identica  ad ogni batteria e oggetti (fascia esterna e ultima fascia esterna) che variavano le posizioni ad ogni riproporsi del suddetto schema.
In sintesi: uno schema di luci come disposte su un invisibile nastro si ripeteva sempre identico mentre due fasce periferiche di luci variavano in posizione.
La notte del 9 dicembre i cieli di Roma sud-est brulicavano di luci in movimento a tratti nascoste a tratti manifeste in un cielo nuvoloso ma con generose aperture: si è trattato di un flap ufologico.

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Quella mostrata nell’immagine sopra è la ley line prodotta dagli oggetti volanti.
Si tratta, in primissima approssimazione, di una ley line  (ley line meno).
Per quel che al momento è dato sapere si tratta anche della prima volta che essa viene descritta in resoconti d’avvistamenti UFO.

Le ley line – sono traiettorie a basso potenziale gravitazionale molto interessanti per il ricognitore ufociclista (si può approfondire questo aspetto mediante l’atlante ufociclistico nel capitolo sulle ley line come linee energetiche).
In poche parole le ley line a basso potenziale gravitazionale sono quelle che più di altre si prestano ai possibili incontri ravvicinati.

In questo caso però abbiamo solo il verso di percorrenza degli oggetti  (sud-est) e non l’accertamento di una ley line vera e propria. In prima approssimazione, così come stiamo facendo, possiamo limitarci ad affermare che se gli oggetti volanti avessero percorso una ley line essa avrebbe direzione (oppure segno) ley line -.

Una ley line può essere dichiarata tale solo dopo almeno tre avvistamenti documentati e in questo caso, come dicevamo, siamo al primo caso segnalato.
Ipotizzando che si tratti di una ley line con segno – quindi, gli oggetti osservati starebbero percorrendo il verso – (cioè il verso che asseconda il basso potenziale gravitazionale).
Ley line e verso degli oggetti, qualora la prima venisse confermata, produrrebbero allora una direttrice ley line – –  (meno meno) e quindi potenzialmente alienotipica e contattistica (anche in questo caso dobbiamo rimandare all’atlante e al capitolo sull’UDA contattistica).

Quindi le ipotesi al momento si arrestano qui.
In alternativa (percorrendo un’altra strada) potremmo verificare se gli UFO stessero doppiando in cielo una ley line ortodromica già nota al suolo. Ma anche questa ipotesi è al momento al centro di una verifica su carte IGM  cui non è ancora possibile esprimersi in via definitiva. Ci torneremo.

Nella stessa notte tra l’8 e il 9 dicembre 2017 il fenomeno (anche se descritto in modo totalmente diverso) si è manifestato ad almeno altri due testimoni in zona San Lorenzo e zona Centocelle, sempre a Roma.

Torniamo quindi alla ricognizione della notte del 17/3/2018 in diretta radio con i Salvaiciclisti.

Con una certa consapevolezza abbiamo proceduto a ripercorrere la ley line Prenestina (ad esempio la Prenestina è certamente una ley line ortodromica ma anche ufologica per via dei ripetuti avvistamenti documentati in passato) su cui accidentalmente appaiono disposti i testimoni dell’avvistamento (è possibile osservarlo sull’ultima mappa di questo rapporto) del 9 dicembre.
Dicevamo consapevolezza: consapevolezza di non trovarci nella migliore delle condizioni per un avvistamento di mezzi alieni dato che, come accennavamo all’inizio, la ricognizione non è stata effettuata durante una manifestazione astronomica di rilevanza.
Pazienza, essa ci è servita per mappare con più precisione i fatti narrati dai testimoni oculari.

Il punto di raccolta della squadra di ricognitori era l’isola pedonale del quartiere Pigneto (angolo via l’Aquila). Da qui è partita la ricognizione all’indirizzo del primo punto d’osservazione (o segnalatore)
La squadra si è spostata quindi verso Porta Maggiore. Qui si è imbattuta in una cuspide ovvero in un giacimento di scarti e detriti temporanei accumulatisi nella suddetta piazza (che è poi un omphalos). Si trattava delle rimanenze di un mercato dell’usato improvvisato (di cui alleghiamo la foto) forse attivo nel pomeriggio.

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La natura della cuspide e un suo rapido esame effettuato con tecniche di rovistamento ha indotto la squadra a credere di trovarsi sulle tracce di possibili significativi incontri con soggettività nomadi della città. Ma così non è stato. I fautori della cuspide si erano già da tempo dileguati e non è stato quindi possibile creare con loro nessuna forma di alleanza temporanea (neanche una chiacchieratina).
Dopo aver scrutato il cielo da quel quadrante di Roma (nulla da riferire a questo proposito) la squadra si è mossa nella direzione di piazza Vittorio e più precisamente verso la Porta Magica o Porta Alchemica contenuta all’interno dei giardini. Anche in questo caso nulla da riferire se non che tale struttura un tempo costituiva il tonal della UDA (Unità D’Ambiance) piazza Vittorio.
Il tonal è una struttura emanante un “certo mood unitario”, una “identica colorazione”, che caratterizza la continuità (la compattezza) di uno spazio che ufociclisti e psicogeografi definiscono con l’acronimo UDA.

La squadra è poi giunta nel quartiere di San Lorenzo (più precisamente in largo degli Osci – ritrovo alcolico del sabato sera). Qui gli ufociclisti hanno tentato d’intercettare qualche testimone domandando alle persone ivi presenti se nella notte tra l’8 e il 9 dicembre si fossero trovate in quella zona. La serata “alticcia” non ha prodotto risultati soddisfacenti se non l’ingenerarsi di battute di spirito. Ce lo aspettavamo. Dalla nostra esperienza abbiamo compreso che il sabato sera non è mai una buona circostanza per le ricognizioni notturne in città.

La squadra ha quindi deciso di spostarsi verso il secondo punto d’osservazione: la zona di Centocelle nei pressi del tonal Forte Prenestino luogo dove un secondo testimone oculare ha riferito di aver osservato, nella notte in questione, delle luci in cielo.
La squadra ha involontariamente intercettato una folla in uscita dalla manifestazione Enotica, per la promozione di una cultura consapevole della produzione vinicola.
Qui gli ufociclisti si sono intrattenuti brevemente con alcuni conoscenti che avevano preso parte alla manifestazione. Nessuno di loro nella notte tra l’8 e il 9 dicembre era in quella zona e quindi, anche in questo caso, da questo incontro non abbiamo appreso ulteriori utili informazioni. Però abbiamo rivisto amici di lunga data.
La squadra ha quindi ripreso il proprio cammino verso l’ultimo punto d’osservazione: il parco di Tor Tre Teste.  Nel collegamento radiofonico precedente con i Salvaiciclisti ci si era dato anche appuntamento telefonico nel suddetto parco. Nello specifico il rendez-vous è avvenuto presso il teatro del parco di Tor Tre Teste.

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Il bellissimo e totalmente dismesso teatro all’aperto (mostrato nella mappa qui sopra) è apparso alla squadra (che nel frattempo aveva perso un elemento)  in tutta la sua disperata e solitaria incuria. Devastato da anni di disattenzioni e di sciacallaggi più o meno mirati, esso resta una sorta di oasi surreale in un parco che nella sua interezza si presenta come uno dei più belli e ampi di Roma.
Luogo particolarmente adatto agli avvistamenti il teatro è esattamente al centro tra i due quartieri di Tor Tre Teste e Alessandrino.
Anche nei pressi del teatro la squadra ha alzato gli occhi verso il cielo per cercare di cogliere qualche anomalo movimento; ma nulla: nulla da riferire.

Dopo questo preliminare lavoro di mappatura non ci resta che rimanere in attesa di un nuovo avvistamento che possa confermare o meno l’ipotesi di una ley line – -. Se tale circostanza fosse confermata potremmo affermare che tra i tre testimoni della notte in esame e gli oggetti volanti non identificati si sia prodotta una sorta di incontro (ir1) extraplanetario. Forse un tentativo di comunicazione o una sorta di ripristino dell’emozionalità contattistica. Sono tutte ipotesi valide.
Ancora potremmo dedurne di trovarci a cospetto di una ley line che sicuramente in futuro manifesterà ancora fenomeni non dissimili magari d’intensità e visibilità ancora maggiori.
Per noi ufociclisti tutto ciò significa anche aver trovato uno spazio in cui a maggior ragione, quando attraversato, rivolgere gli occhi al cielo.

La ricognizione si è estesa per poco più di dieci chilometri e la riportiamo nella sua interezza nella mappa che segue.

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