Come nel mezzo interstellare e di tutti quei mali curati con la purga

Le zone rosse dei perimetri circoscritti invalicabili, controllati, vigilati e armati, sono idealmente definibili come pratiche di “riempimento tonale” (color overlay), di uno spazio altrimenti, e per sua natura, sempre tonalmente maculato e diffusamente ricco di sfumature.
Nella sua formulazione generale, ideale, poco importa la sostanza del riempimento. A prescindere dalla sua consistenza e dalla sua architettura atomica, essa risponde sempre ad attributi di dilagazione, penetrazione e saturazione. Esemplificativamente potremmo immaginarla quindi come un lento ma inesorabile processo d’infiltrazione, d’impregnarsi di fibre, che non può che rammentarci il propagarsi inarrestabile dell’acquerello e delle sue imprevedibili fluide ramificazioni.
Una “zona rossa” si genera ogniqualvolta i pensieri e le azioni assumono forme ricorsive, ipnotiche e ossessive. Esse possono quindi emergere nella vita quotidiana come coordinati casalinghi, completi d’abbigliamento, collezioni o tassonomie d’oggetti, sostanze stupefacenti, funzioni di segnale definitivamente sedimentate, funi per trapezisti, altalene e scivoli, cunicoli da speleologi, piste ciclabili e tante altre cose.
Ufociclisticamente una zona rossa è quindi sempre una varietà dimensionale d’ordine inferiore, in cui il “far-fare” e il “non-poter-fare-altrimenti” sono le “dimensioni spaziali” prevalenti e quasi totalmente vincolanti: “far-assomigliare-tra-loro-suppellettili”, “non-poter-non-abbinare-capi-di-abbigliamento”, “non-poter-che-procedere-in-una-direzione” e via dicendo.
Le dimensioni d’ordine inferiore possono infondere anche un falso senso di fiducia e di sicurezza circoscrivendo lo spazio, rendendolo del tutto prevedibile nel suo funzionamento e nelle sue risposte verso l’esterno.
Ovviamente alcune “zone rosse” sono agevolmente rimovibili mentre altre necessitano di una profonda trasformazione cognitiva per essere messe in discussione (su come attuare forme di conflitto nei confronti delle zone rosse rimando a questo post).
La scelta terminologica “zona rossa” è comunque perfetta in quanto connette la funzione di segnale “pericolo” (tradizionalmente il colore rosso, l’allarme) con l’idea claustrofobica che un determinato spazio (e tutto ciò che al suo interno vi dimora) s’impregni compattamente di un certo qual tipo di ansiotica coerenza.
Esempi ondivaghi possono essere: i diari personali, una toilette occupata, una persona imbronciata, il razzismo, la rabbia e la depressione. Tutti casi, a diversi gradi d’intensità, di aree fisiche e mentali invalicabili.
Quando entriamo nel dettaglio del tipo di zona rossa che stiamo analizzando, la sostanza del riempimento diviene ovviamente fondamentale e vale la pena soffermarsi sulla sua specifica struttura atomica e su i suoi peculiari attributi.
Nel contesto che stiamo trattando, tale materia è più che mai ineffabile e impalpabile trattando di atmosfere, di stati d’animo, di sensazioni, che tonalizzano in maniera pericolosamente coerente gli spazi antropici e le circostanze alterne della vita.
Questa coerenza non è un fatto “naturale”, spontanea, ma il risultato di una negoziazione, più spesso di un conflitto, tra gruppi umani spronati da diverse esigenze e da diversi interessi atmosferici: gruppi sociali pertinenti.
Imporre un’atmosfera su uno spazio significa dotarlo di un’attitudine specifica, di visioni e di peculiari prefigurazioni. L’atmosfera così instaurata guida/inibisce passioni, riflessioni, progetti sul futuro, margini d’azione, prospettive di trasformazione, visioni e sentimenti.
Ma ora sprofonderemo nella tramortente (seppur provvisoria) conclusione che nonostante quanto finora detto sia formalmente e storicamente corretto, ormai ciò è solo puerile archeologia. Lo è rispetto a una condizione drammaticamente evolutasi nel breve arco di tempo di un’accelerazione scevra d’inerzia e solo in parte prevedibile.

È così che in periodo pre-endemico le zone rosse identificano in modo circoscritto i luoghi della preclusione centripeda, quelli dell’allontanamento coatto dei corpi da alcuni spazi pubblici, che pubblici quindi smettono di essere. Gli strumenti basilari di tale condizione sono il Daspo urbano e le zone pubbliche recintate. Anche il semplice nastro perimetratore utilizzato per disegnare momentaneamente spazi chiusi è in fondo una zona rossa pre-endemica, una T.A.Z. (Temporary Autonomous Zone) trasmutata in T.I.Z. (Temporary Interdict Zone).
Si tratta di una condizione del tutto peculiare per queste zone, dato che, per loro natura, esse tenderebbero a occupare tutto lo spazio disponibile in maniera egemonica e entropica.
In quella condizione storico-sociale, al più esse potevano produrre un network coordinato della interdizione (un insieme di isole), ma pur sempre maculato. Ancora, in quella situazione, l’occupazione di spazio pubblico resta un fatto spesso di transizione e nella sua manifestazione del tutto eccezionale, anche se quantitativamente sempre in continua espansione; forse in attesa di una qualche forma d’accelerazione. Il loro contenimento in materia di dimensioni e di numero è funzionale anche alla loro difesa e manutenzione.
Nella città il conflitto per le atmosfere (conflitto atmosferico di tipo 1), e l’imposizione coerente di una di queste rispetto ad altre, è sempre stato un processo lento e progressivo di cui, ad esempio, la gentrificazione (intesa come una serie variegata di trasformazioni aventi come risultato un artefatto sociale omogeneo) è specifica concrezione. La gentrificazione opera con il favore di tecniche di erosione dei classici e peculiari luoghi di socialità (specifici e autoctoni), mediante l’instaurazione di simul-socializzatori alieni (attrattori posticci) disposti sul territorio: generalmente (e quasi esclusivamente) esercizi per l’erogazione di cibo e alcool.
La funzione precipua (anche se non necessariamente conscia) di questi istituti di emulazione è esattamente quella della rottura della catena di legami che il territorio modella in anni di feedback con i propri abitanti umani e non.
In un libro non eccessivamente bello, Jean Baudrillard definisce come “delitto perfetto” quell’insieme di eventi che conducono alla sostituzione del reale con l’iperreale. Osservazione acuta ma oggi archeologica di cui possiamo però ancora apprezzare lo slittamento simbolico.
Ogni processo in nuce necessita di un evento speciale, di un alibi inattaccabile, per dispiegarsi definitivamente in tutta la sua concretezza. Necessita, in altre parole, di uno shock che segni un punto di non ritorno, un antefatto cognitivo, attorno a cui secolarizzarsi. Baudrillard pensa allo shock della rappresentazione della Guerra del Golfo e alla chirurgia asettica delle sue millimetriche bombe; delle immagini a infrarossi mai prima d’allora così vicine agli invasori e mai prima d’allora così interne alle viscere degli invasi.
Eppure l’indagine intrusiva, la pornografia dello spettacolo televisivo, esisteva anche prima della Guerra del Golfo e l’iperreale covava da anni attendendo il momento perfetto per installarsi senza destare sospetti, su una materia preistorica e non più necessaria: il reale.
Non è comunque il caso di provare nostalgia per il “reale” almeno non più di quanto valga la pena di provarne per un paio d’incisivi finti.

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Oggi scopriamo che la definizione di pandemia s’identifica con l’estensione ad libitum della zona rossa. L’identificazione è così forte che è essa stessa a pandemizzarsi operando in modo pressoché omogeneo su tutto il pianeta. Neanche la globalizzazione, su cui tanto inchiostro s’é versato e che tante ansie c’ha procurato, era riuscita in un’impresa lontanamente comparabile.
Ecco allora gli elementi che mi pare interessante evidenziare:
1) l’omogenizzazione cromatica come assenza d’alternative, e 2) un senso del tutto nuovo alla pratica dell’espulsione.
1) Ogni processo egemonico vive l’astrazione esaltante di un mondo a propria immagine e somiglianza onde poi ridestarsi nella scoperta della necessità di un qualsivoglia nemico, anche uno a buon mercato. È la nascita delle polizie moderne, figlie dei reggimenti di proscrizione, che quando non costantemente impegnate nel tenere testa al nemico esterno necessitano, per sopravvivere, di un nemico interno: il sabotatore, il traditore, la spia o di fantomatiche forze esterne ostili. Tutto ciò giustifica l’esistenza di un apparato repressivo caratterizzato da un surplus di presenza militare e di intrusione poliziesca nella vita civile.
Questa tendenza alla “colonizzazione tonale”, all’omogenizzazione cromatica, alla monocromaticità sociale, sgretola l’aspetto essenziale della variabilità d’atmosfere, di stati d’animo, che è invece palestra essenziale per l’ideazione d’alternative esistenziali.
La situazione non è troppo dissimile dall’esperienza della depressione che nonostante non c’impedisca di guardare fuori dalla finestra, processa lo scibile come inerme, piatto e inessenziale.
2) Se l’espulsione da parte delle zone rosse è meccanismo relativamente semplice fin tanto che esistono luoghi d’esilio e punti di frontiera, essa assume tratti super-reali quando l’estensione si traduce all’intera superficie del pianeta.
Nell’attesa di un più compiuto capitalismo multiplanetario: dove stipare gli esiliati?
Scopriamo (solo in parte perché già nota ma forse sottovalutata) una funzione apparentemente accessoria dello spazio privato: la frontiera ultima dell’espulsione dallo spazio pubblico.
Si tratta di un’area flessibile, dilatabile o restringibile a seconda dei casi: uno spazio supermassivo entro cui comprimere la spontanea estensione, o un vuoto pneumatico espresso nella sua forma quasi ideale, in cui isolare.
È il trionfo della relatività.

Pare quindi che il covid-19 possa rappresentare il “delitto perfetto” dello spazio pubblico, l’oblio della dimensione collettiva.
La risposta eziologica dello Stato al nemico esterno si manifesta immediatamente nella forma di una prova generale di deportazione nella sfera privata, entro un’attrezzata capsula spaziale, dotata di supporto vitale perché circondata solo dal vuoto siderale. Lo spazio esterno s’ammanta allora di una sovrainterpretazione simbolica dello stesso tenore, diviene ciò che c’é immediatamente oltre il presidio coloniale, la zona contaminata da guardare con sospetto ed eventualmente da decontaminare.
Il simbolismo della chiusura del parco pubblico, del giardinetto, si misura col pericolo dell’infiltrazione d’agenti atmosferici ostili e s’erge drammaticamente a misura della perentorietà del divieto.
All’esterno si sopravvive solo col casco spaziale, o (che è la stessa cosa) con mascherina e guanti, a distanza controllata perché proprio come in La cosa (1982), l’altro potrebbe essere un’indistinguibile arma patogena letale.
La dimensione privata si disvela come espulsione dei corpi nel cosmo: deportazione spaziale subliminale. Lo spazio extra-terrestre lo scopriamo del tutto diverso da come la fantascienza l’aveva immaginato. L’epopea spaziale con i suoi ambienti angusti e le sue deprivazioni sensoriali risulta in sostanza la previsione più reale: super-reale.
Alla fine è la dimora privata a divenire incubatrice d’infezione, corpo estraneo, suppellettile aliena: e noi, al suo interno, con lei.
Gli esseri provenienti dallo spazio privato sono costretti a infiltrarsi segretamente nella sfera pubblica, a indossare corpi-involucri vuoti, privi di faccia e impronte digitali, in quello stesso ambiente in cui, fino a pochi mesi prima, l’infiltrazione da scongiurare era di segno opposto. Così i sistemi d’allarme anti-intrusione si convertono in dispositivi anti-estrinsecazione e la società si rovescia esattamente come il babbuino teletrasbordato nel film La mosca (1986).
Tutti ladri, tutti untori, tutti alieni.
Si tratta forse ancora di una prova generale, ma questa volta pare aver funzionato alla perfezione. Da qui in poi avremo per sempre un precedente, un alibi da delitto perfetto a cui far riferimento e a cui ispirarsi per soluzioni d’impronta generale: la purga che cura tutti i mali.
La norma più significativa che questa esercitazione ha sedimentato e sta sedimentando è quella che la tutela della dimensione pubblica (la garanzia di questa con tutti i mezzi possibili, ponderati all’entità dell’emergenza) sia un bene che non rientra nel paniere delle priorità vitali, svincolata da altri fondamentali bisogni come la necessità di procacciarsi il cibo, di curarsi, di lavorare.
I paramedici di questa “purga cura tutto” divengono allora gli sfollagente che garantiscono la totale disarticolazione sociale al pari di una prescrizione medica. Ogni manganellata, sopruso e giudizio sommario appare sempre più come un passo in avanti verso la stolta utopia della riconquista di una salute totale al sapor di particolato.
Il “comando sanitario” viene assunto acriticamente dai più ligi e responsabili o biecamente disatteso dagli stolti e dagli sconsiderati, ma nessuno si prende in carico di immaginare una soluzione che non sia quella più semplice, quella militare. La repressione come farmaco generico, che cura proprio tutti i mali, pare averci stregato. È invalso il desiderio indotto d’auto-esilio e d’auto-esiliare come disciplina popolare.
Ai due estremi della risposta obbedienza/incoscienza neanche gli ambienti più disillusi e antagonisti sembra sappiano resistere, e la tentazione di giocare a fare gli “alieni” pare aver sostituito ogni sport nazionale.

Restituiamo quindi la maschera d’alieno, torniamo a essere non-identificati, torniamo a essere UFO.

 

“- Dottore, io ho male a un braccio.
– Ah! C’hai male a un braccio? 
– Embè adesso io te do una purga. 
– Ma, ma come dottore: per il male al braccio una purga?
– Ecche è: te do una purga. Chi ha male al braccio, chi ha mal de reni, mal del testa: La purga. I mali dell’umanità se curano con la purga. 
– Ma come dottore: tutti i mali si curano con la purga?
– Eccerto! Mica è come adesso che gli scienziati ti dicono: te do la pillolina, te do la pastichetta! Ma quale pillolina, ma quale pastichetta! L’uomo è una bestia! Traaa, traaa, traaa. L’uomo è una bestia!

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XVI ricognizione ufociclistica – in cerca di psico-dissuasori – 23/09/2019

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La sedicesima ricognizione (notturna) ufociclista è stata indetta in coincidenza con l’equinozio d’autunno (si veda: UfoCiclismo: perché praticarlo in concomitanza con eventi astronomici?)
Il tema (da seguire in modo blando) che ci eravamo proposti era quello dell’individuazione di psico-dissuasori (nella fattispecie il design ostile) collocati lungo il percorso pedalato.
“Blando” non perché il tema non sia importante ma per via del fatto che affidiamo questo tipo di approfondimenti alle ricognizioni diurne, mentre quelle notturne hanno sopratutto un carattere ludico anche se, a loro modo, analitico.

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Ufociclisti a piazzale Appio, il tradizionale punto di raccolta.

L’idea che sta dietro all’individuazione degli psico-dissuasori è quella che la città, quando esplorata liberamente, produca, forzi, dei percorsi che sono la somma tra psico-dissuasori (respingenti e centrifughi) e attrattori (seduttivi e centripeti).
La metafora che spesso evochiamo è quella della pallina d’acciaio nel flipper e il suo movimento sul piano: attratta e strattonata dagli oggetti che incontra durante il suo cammino.
Di sovente attrattori e psico-dissuasori sono oggetti immateriali (ad esempio l’affezione per una strada, l’illuminazione di un quartiere eccetera) altre volte si tratta di oggetti veri e propri come nel caso di quelli qui descritti.
Esistono vari modi di forzare degli psico-dissuasori (si veda anche: Zone rosse: conflitto cromatico ed esclusione e/o Come si ritonalizza una zona rossa – Sea Watch 3 e si vedano anche le azioni del collettivo Design For Everyone) o di resistere (qualora se ne senta il bisogno) a degli attrattori. Tuttavia, tutto ciò,  non era l’obiettivo della ricognizione che si è limitata a intercettare pezzi di unpleasant design in giro per la città, al fine di documentali e “pesarli”.
Nel breve tratto percorso e nello sguardo un po’ distratto e non troppo approfondito non abbiamo trovato moltissimi casi di design ostile; segno forse che Roma rimane, detto in senso un po’ improprio, una città ancora abbastanza aperta.
Tutto l’unpleasant design che abbiamo intercettato si concentra attorno alla stazione Termini, da sempre luogo di rifugio per senzatetto, per passeggeri sostanti e per sostanti attraversatori, più o meno abituali, della città.
D’altro canto, le stazioni, non solo a Roma, sono da sempre in “guerra” contro l’uso abitativo di fortuna che la loro affordance (l’invito all’uso che un oggetto più o meno consapevolmente esprime) sprona a sfruttare.  In questo senso, anche una stazione può essere vista come la somma delle forze attrattive (sale d’attesa, panchine, tettoie, l’inizio di un viaggio eccetera) e forze respingenti (design delle suppellettili studiato per ridurre al minimo la sosta, videosorveglianza, controlli eccetera) che la compongono. L’atmosfera che ivi risiede è evidentemente prodotta dallo squilibrio di una forza rispetto all’altra. Una stazione è sicuramente, nella sua complessità di meccanismi, una UDA in cui prevale un’atmosfera rispetto ad altre considerabili come trascurabili o triviali.

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Gli ufociclisti di fronte l’entrata della stazione Termini

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Torri dissuasori mobili per dissuadere all’entrata di non si sa bene cosa. Se ti ci siedi (la loro affordance invita la fugace seduta) si avvicina un addetto che ti fa spostare

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Dissuasori piramidali onde evitare che le persone sostino sul muricciolo

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Grate impediscono ai senzatetto di ricavarsi una nicchia per la notte negli spazi immediatamente esterni alla stazione

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Per qualche ragione, forse pudore, ad una delle grate dissuadenti è stato appeso un cartello relativo alle norme dei lavori in corso… per mitigare forse pubblicamente la vergogna dell’impedire a persone bisognose di trovare riparo. Più probabilmente, il cartello era già apposto sulla grata e non è stato tolto nonostante il cambio d’uso

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Panchine inclinate per limitare i tempi della sosta ed evitare lo stazionamento sdraiati

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Prove di usabilità

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In questa foto, falliti i test di usabilità, gli ufociclisti sperimentano usi alternativi delle panchine ostili

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Il sottopasso della stazione Termini. Dissuasori impediscono il pernottamento dei senzatetto che un tempo, in questo passaggio, trovavano riparo dal freddo e dalle piogge invernali

Il senso degli psico-dissuasori, così come delle zone rosse, dei daspo urbani, è quello di rendere tutti gli abitanti della città virtualmente alienabili, o nella migliore delle ipotesi degli ospiti, entro certi limiti, tollerati. Le misure di controllo sempre più operano nel senso di una sospensione temporanea (emergenziale) della cittadinanza.
Le tecniche di design ostile oggi si sono evolute passando dalla dissuasione dello stazionamento (pernotto e lunga sosta) a quelle della riduzione dei tempi del passaggio (ad esempio le panchine inclinate). L’attraversamento della città s’avvia alla regolamentazione tramite disco orario.
Le pratiche di respingimento, allontanamento, alienazione, somigliano sempre più a quelle di un capitalismo che ci vuole fuori dal pianeta, a non intralciare i suoi piani d’occupazione finale, in una estrema prefigurazione di un futuro in cui la forza lavoro avrà diritto s’esistenza solo se multiplanetariamente specializzata e adattata a vivere su altri pianeti del sistema solare.

Documentati un po’ di psico-dissuasori della stazione Termini gli ufociclisti, in ritardo sulla tabella di marcia, si sono diretti verso l’iniziale punto di raccolta a piazzale Appio. Nel fare ciò sono passati per un pezzo di via Casilina vecchia, adiacente a Porta Maggiore, che spesso viene citata nei rapporti sulla zona est/sud-est di Roma.

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Gli ufociclisti (illuminati a giorno) fermi lungo l’intersezione di Casilina vecchia

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Ci si rimette in cammino

Si tratta di una intersezione, ovvero di un tratto “sociopatico” (si veda anche: Intersezione Togliatti) di strada che pur immerso in molte atmosfere che attraversa (molte UDA), riesce a non contaminarsi, restando sempre avulso da qualsiasi tipo di caratterizzatine emozionale. Questo il senso dell’attributo della sociopatia.
Sono pezzi di città molto peculiari che costituiscono delle specifiche soluzioni di continuità in sezioni di territorio che altrimenti potrebbero apparire del tutto omogenee. Costitutivamente aiutano molto bene a comprendere i radicali cambi d’atmosfera nel passaggio da un’UDA all’altra.
La foto sopra è stata scattata nel momento in cui collettivamente si approfondisce la storia di questa intersezione. Qui un tempo c’era l’occupazione dell’Ex Pastificio Pantanella, retta da migranti (la cronaca di Radio Radicale dell’epoca) e oggi divenuta un residence per classi altolocate (ironia della sorte?).

Infine la ricognizione è giunta a via della Travicella, obiettivo finale della pedalata.
Si tratta di una piccola strada (una traversa di via Appia antica, situata poco dopo porta San Sebastiano), inclusa in due piccoli muriccioli e pavimentata con sanpietrini. Ufociclisticamente si tratta di una varietà dimensionale d’ordine inferiore, un “budello” di spazio che esprime prioritariamente il comando del dover-fare o del non-poter-non fare, vista la sua carenza di dimensioni spaziali. Lungo una varietà d’ordine inferiore si può procedere avanti, indietro; al più fermarsi o accelerare. Varietà d’ordine inferiore sono anche i tunnel, le funi, gli ascensori o una vita retta da sani e inamovibili principi.
Un modo di combattere questa prevaricazione è quella d’occupare una varietà dimensionale con un picnic ad esempio.
Essendo disertata da automobili, via della Travicella è perfetta per picnic esoplanetari (banchetti vegan di benvenuto per extraterrestri) e soste per skywatching a rimirar stelle, pianeti e lune.
L’ufociclista Diego s’è intrattenuto a individuare le costellazioni facendo volontariamente a meno di google skymap.

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via della Travicella. In cielo è visibile un UFO. Ci troviamo infatti vicinissimi a una importante ley line: via Appia antica

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Sul momento non ci eravamo accorti. Lo abbiamo visto solo molto più tardi riguardando le foto di Francesco (qui in dettaglio e più contrastata).  Si potrebbe trattare di un UFO a forma triangolare… molto caratteristico nelle descrizione di questi fenomeni

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via della Travicella

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via della Travicella, il picnic esoplanetario

Durante l’abbondantissima cena a base di hummus, insalata di echinacea, cicerchia patate e peperoncini, s’è avvita una accesissima discussione sul senso dell’Antropocene evocato da un’ufociclista che consigliava la visione del film Antropocene, l’epoca umana.
Rapidamente il venire meno di una netta distinzione tra Antropocene e Capitalocene (distinzione che tra le tante annovera anche uno scarto quantitativo dell’intervento umano sul pianeta) ha dirottato le osservazioni degli astanti sulle responsabilità delle civiltà fin dal neolitico e, se plausibile, anche prima, finendo per assumere i toni della divaricazione tra occidente e resto del mondo.
Pericoli in cui ci si può imbattere quando l’analisi transita dalle responsabilità degli specifici modi di produzione a quelle “personali” (opinione del compilatore del rapporto).

A fine cena i ricognitori si sono avviati nuovamente verso il punto di raccolta iniziale onde dichiarare conclusa la sedicesima ricognizione.
Anche questa volta nessun alieno ha accettato l’invito a cena. Sarà certamente per la prossima volta.

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Mappa del percorso e operatori (clicca qui per ingrandire)

Legenda:

UDA armonica (si veda: Le UDA armoniche)
Occultatore
Omphalos
Tonal
Piattaforma girevole (si veda: Gilets Jaunes a bordo di dischi volanti. Le piattaforme girevoli)

 

 

XV Ricognizione ufociclistica – pre Ciemmona Interplanetraia 2019

La XV ricognizione ufociclistica è stata di sostegno alla XVI Critical Mass Interplanetaria 2019. Lo scopo della pedalata è stato quello di portare in giro per Roma un piccolissimo anticipo di Ciemmona, comunicando con il tessuto cittadino e diffondendo l’appuntamento del 31 maggio, 1 e 2 giugno. Lo abbiamo fatto oltremodo telepaticamente.
Per l’occasione sono stati impiegati due dei tre risciò (quadricicli autocostruiti) trasformati in dischi volanti dagli xenoingegneri ciclomeccanici della Critical Mass realizzati nelle Area51 di Forte Prenestino e di Porto Fluviale. Quest’anno si è deciso di dare una connotazione ai tre giorni della Ciemmona al motto di No Borders! Per raccontare un tema tanto drammatico, si è scelta la metafora aliena: l’alieno come migrante, ma anche come prodotto residuale delle politiche d’esclusione oggi divenute priorità di molti governi occidentali: pratiche centrifughe all’indirizzo della periferia del sistema solare. Ancora e diversamente, l’alieno come valorizzazione del proprio essere altro da un progetto di città e più complessivamente di spazio, che non ci è mai appartenuto: siamo tutti alieni e nessuno è più alieno degli altri (si veda anche Traces of Extraterrestrial Organic Matter Have Been Found in South Africa’s Mountains e Cause of Cambrian Explosion – Terrestrial or Cosmic?).

Il punto di raccolta era a piazza Vittorio, tradizionale luogo di ritrovo della Critical Mass mensile (ogni ultimo venerdì del mese).
Dell’UDA di piazza Vittorio abbiamo raccontato molte volte. Si tratta di un luogo molto peculiare a Roma: spazio tra i primi a sperimentare forme virtuose di comunità pluriculturali, oggi soprannominata anche la “Chinatown romana” per via del gran numero di esercizi gestiti dalla comunità cinese.
In una Roma in endemico ritardo su qualsiasi innovazione, sorprendeva, ancora una decina di anni fa, vedere giocare assieme bambini di provenienza latino americana, con figli di immigrati asiatici, arabi e africani.

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Disco Volante modello Ufocicletta

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Disco volante modello Invasione Ufo

Ma a due passi da piazza Vittorio c’è anche la tristemente famosa sede fascista  Casapound. Sempre qui c’è l’incontro mensile della CM e per moltissimi anni è stata la sede di uno dei più famosi e caratteristici bazar romani: MAS Magazzini Allo statuto.
Al centro della piazza c’è un giardino in cui anni fa si svolgeva uno dei frammenti più caratteristici dell’Estate Romana. Ancora, nei giardini s’erge la Porta Alchemica (o Porta Magica) monumento esoterico e poco noto agli stessi romani.
Abbiamo più volte raccontato della traslazione della funzione di tonal dalla Porta Alchemica alla sede di Casapound avvenuta negli anni Novanta/Duemila: l’oggetto aggregatore d’atmosfere che disegna le emozioni prevalenti all’interno dell’UDA.
In questa strana atmosfera la CM, anche se solo di passaggio, costituisce un totem d’incongruenza intermittente che si contrappone come conflitto atmosferico (del tipo 1) alla colorazione proposta dal tonal. Anche grazie alla CM questa piazza resta ancora un luogo dall’aria respirabile, nonostante la presenza distopica di un tanto ingombrante residuo della neo-restaurazione.

Partiamo quindi da qui in direzione della nostra prima meta: la festa per i 42 anni di Radio Onda Rossa nel limitrofo quartiere di San Lorenzo.

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Passiamo per via Principe Eugenio con i due risciò disco volante e una massa festante d’alieni a circondarli. Sul lato opposto a quello visibile in foto in un’altra ricognizione scoprimmo un’UDA armonica capace di tonalizzare temporaneamente una limitata parte di spazio. Nello stesso rapporto sopra linkato accennammo all’esistenza degli “ordigni sonici”, oggetti capaci di tonalizzare armonicamente lo spazio attraversato contrastando le atmosfere ivi sedimentate. Nel video che segue è udibile l’ordigno sonico proiettato dal disco volante modello Invasione Ufo circondato da alcuni ricognitori:

Affrontiamo il sottopasso di S. Bibiana. Si tratta, come quasi sempre per i sottopassi, di uno psico-dissuasore. Da poco tempo è stata disegnata una pista ciclabile ufficiale che ha sostituito la ciclabile più volte spontaneamente e clandestinamente tracciata dai ciclisti urbani.
In questo passaggio i pedivellatori si trovano a dover condividere lo spazio con le automobili in costante accelerazione: una sorta di allucinazione da sprint finale. Per questa ragione l’entrata a San Lorenzo da questo lato di Roma si presenta con una sua precisa funzione dissuasiva. Quando la Massa Critica incontra uno psico-dissuasore inizia a urlare e ululare (si veda: Come affrontare uno psico-dissuasore) per contrastarlo (si veda anche: Zone rosse: conflitto cromatico ed esclusione).

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La ricognizione appena varcate le tenebre dello psico-dissuasore

Dopo qualche centinaio di metri la ricognizione giunge sotto la sede di Radio Onda Rossa, dove la festa di compleanno è già iniziata (foto che segue).

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La ricognizione pre-Ciemmonica giunta a via dei Volsci, sede di ROR

Abbiamo anche girato il filmato dell’arrivo trionfale stile Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo come alieni liberatori; gli astanti paiono felici di vederci e di essere “invasi”:

Radio Onda Rossa, come le occupazioni di Cinema Palazzo, di Esc e di Communia  rappresentano (con le loro differenze) gli ultimi avamposti di un quartiere in profondo mutamento. Da “roccaforte antagonista” degli anni Settanta-Ottanta, San Lorenzo sta lentamente mutando aspetto, schiacciato da processi di gentrificazione selvaggia e tentativi ripetuti da parte dei neofascisti di appropriarsi del quartiere, sfruttando in modo sciacallesco gravi fatti di cronaca (si veda questo articolo ad esempio). Ma sono proprio gli spazi sopra citati, luoghi in cui si manifesta un quartiere diverso, che resiste (coadiuvato da tutta l’area antagonista), alla tentazione di ridurre un tessuto cittadino molto più complesso e virtuoso a un racconto horror-grottesco: terreno di gioco privilegiato di fascisti e speculatori.

Nel video qui sopra la ricognizione si allontana dalla festa attraversando il quartiere. Gli astanti che incontra sono visibilmente felici del suo passaggio. Si tratta di un punto di vista privilegiato; spesso nelle cronache degli avvistamenti UFO è quest’ultimo a essere inquadrato e immortalato. Queste sono le prime riprese mai effettuate da un UFO delle persone che lo stanno a guardare. Scopriamo allora che al passaggio degli oggetti volanti non-identificati, le persone sorridono e fanno ciao ciao con la mano. Forse, in fondo, c’è più gente di quella che crediamo in attesa di un’invasione aliena (a questo proposito si legga: Il problema dei tre corpi di Liu Cixin, ma anche Le tre stimmate di Palmer Eldritch di P. K. Dick).
Salutata quindi ROR (ma con la promessa di tornare più tardi), la ricognizione si è messa in moto nella direzione di Scalo San Lorenzo, imbattendosi però subito in una affordance attrattiva.

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Non abbiamo ben capito di cosa si trattasse: una festa, un’inaugurazione, una loggia massonica. Comunque sia la ricognizione accortasi della presenza di un gruppuscolo di gente allegra, l’ha invasa, aggregandosi con lo scopo di distribuire volantini della Ciemmona e di scroccare qualche cosa da mangiare (i ciclisti sono sempre in cerca di cibo, come certi personaggi del neolitico). La cosa è durata poco: subito dopo infatti i ricognitori sono ripartiti in direzione del Pigneto, altro luogo topico della Roma “alternativa”.

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La ricognizione in procinto d’abbandonare l’affordance attrattiva

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Nella foto precedente un po’ di cose: un alieno (grigio) si fa un selfie indossando la maglietta del Luther Blissett Project. Nello stesso istante la sua ufocicletta (biposto) sta transitando per l’omphalos di piazza di Porta Maggiore (si veda anche: Il purismo archeologico di Romano Talone) origine di molte ley line romane nonché dirimpettaia di una potente UDA armonica (si veda Le UDA armoniche – atto primo).
Alle sue spalle è evidentemente visibile un UFO [probabilmente un disco volante modello Invasione UFO – IR1 (incontro ravvicinato del primo tipo)] che da definizione percorre una ley line: la stessa intrapresa dalla ufocicletta del grigio e copilota.
Fin qui nulla di strano quindi, tanto più che, come mostra la mappa, la ley line percorsa è di tipo – – (meno, meno) che nella teoria ufociclistica del contatto denota un oggetto volante non identificato in procinto di rallentare e, quindi probabilmente, intenzionato a entrare in contatto con i terrestri.

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Mappa della ley line percorsa dai dischi volanti (clicca per ingrandire)

Sulla mappa sono visibili: l’omphalos di Porta Maggiore, la ley line (vettore) prodotta dal passaggio dei dischi volanti, direzione e verso del vettore [la freccia – mentre l’intensità data dal potenziale gravitazionale è di tipo – – (meno, meno) – si veda l’atlante per approfondimenti]. L’area (UDA ) tonalizzata in [Hex (#): 0063A5] (si vedano la tavola cromatica degli stati d’animo e questo rapporto) è ben nota agli ufociclisti. Si tratta di uno spazio caratterizzato da un’altissima concentrazione di esomediatori (si veda: Esomediatori – Frascati) di notevole importanza per l’universo cattolico. Dato che una ley line deve essere evidenziata da almeno tre segnalatori, la nostra ley line così si articola: Porta Maggiore, San Giovanni/Manzoni, Villa Celimontana. Su quest’ultima non abbiamo molto da dire se non che si tratta di una importante villa nel contesto della città, ma su cui ancora non abbiamo prodotto ricognizioni e rapporti. Gli altri due segnalatori sono appunto un omphalos e un’UDA esomediatrice (l’esomediatore, per definizione, non è mai un’UDA contattistica).

Ora il fatto anomalo è che pur nella sua condotta pressoché perfetta, la ricognizione ufociclistica senta, ad un certo punto, la necessità di mutare rotta invertendo la direzione del vettore, trasformandosi quindi in una ley line – + (meno, più), ovvero tutt’altro che contattistica. In prima approssimazione potrebbe trattarsi proprio dell’influenza del vicino potente esomediatore che, come dicevamo, non è mai di natura contattistica. In questo caso l’esomediatore assume anche il ruolo topografico di un deflettore o psico-dissuasore.

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Trasformazione del vettore

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La ricognizione ha invertito la direzione del vettore (ley line)

In seconda approssimazione potrebbe più semplicemente trattarsi del fatto che per raggiungere la meta era necessario fare inversione: intercettare il quartiere Pigneto che si trova nel verso opposto dell’esomediatore. Senza voler necessariamente sovrainterpretare, ci accontenteremo di questa seconda (semplicistica) spiegazione, non omettendo però di sottolineare l’anomalia ufologica.

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La ricognizione taglia un altro monumento cittadino: la Tangenziale Est

La tangenziale (visibile nella foto sopra) ufociclisticamente è un’intersezione. Si tratta di un taglio “sociopatico” (si veda la ricognizione Intersezione Togliatti), uno squarcio che si apre nel tessuto cittadino lambendo e tagliando molte UDA (Unità D’Ambiance), ma non restandone mai contaminato. Dal nostro punto di vista si tratta di un oggetto particolarmente interessante proprio perché impermeabile all’influenza atmosferica (delle atmosfere): metaforicamente forse un “ombrello” per i conflitti atmosferici del tipo 1 e 2. .

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La ricognizione tratto poco prima di giungere all’isola pedonale del Pigneto. Sulla sinistra sono visibili i palazzi al limone

Nel video precedente la ricognizione ufociclistica entra nell’isola pedonale del Pigneto. In sottofondo, manco a farlo apposta, le note del brano UfoCiclismo irradiate dal disco volante modello Invasione UFO.

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Una pausa per distribuire materiale informativo e mood esoplanetario

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Nella foto precedente: la ricognizione ha lasciato il Pigneto e si è immesso nuovamente su via Prenestina. La foto inoltre svela uno dei segreti della propulsione del disco volante Invasione aliena, con due (ma spesso più) ricognitori che apportano un surplus d’energia muscolare nei tratti gravitazionalmente impervi.

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Nella foto sopra: la ricognizione giunge a piazza Nuccitelli, attrattore della zona. La piazzetta costantemente sotto attacco da parte di sciacalli che vorrebbero trasformarla in uno spazio privato su cui piantare le radici dei tavolini da bar, è un luogo d’aggregazione e di sperimentazione per quel che riguarda, ad esempio, le aree di verde pubblico.

Spesso a piazza Nuccitelli si ritrovano ciclisti in vena di chiacchiere. Anche questa volta ne abbiamo incontrati alcuni abdotti, poi, per la Ciemmona.
Ci fermiamo parecchio e quando ripartiamo già sta calando la sera. La prossima meta è, di nuovo, la festa di ROR.

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Eccoci nuovamente.
Ci fermiamo un po’ essendo quasi completamente mutata la composizione di compagni e avventori al compleanno della radio, rispetto al pomeriggio. Un’altra occasione per raccontare cosa stiamo facendo e cosa accadrà nei giorni della CM Interplanetaria.
Ma la ricognizione non è ancora finita. Tra poco inizia la festa Mind the Gap nel vicino ateneo La Sapienza.
Ci rimettiamo quindi in cammino (foto che segue).

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In foto è visibile un alieno verde

Non senza qualche difficoltà brillantemente superata riusciamo a entrare a La Sapienza dove la festa è già iniziata. Si stanno esibendo delle band che suonano musiche varie. Proprio vicino al piazzale della facoltà di Fisica, dove la festa si sta svolgendo, c’è il piazzale della Minerva, una piattaforma girevole, oggetto rotante a cui nessun ciclista urbano può resistere. S’innesca così il momento angolare della ricognizione:

Un’ultima foto (sotto) al disco volante modello Invasione UFO atterrato proprio nel bel mezzo del Mind the Gap e da tutti gli astanti ammirato:

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L’intera mappa della ricognizione (clicca per ingrandire)

Sulla festa alla Sapienza, il giorno dopo, la consueta “informazione” distopica e il racconto horror-grottesco che disegna la realtà (foto sotto).

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Nella foto ci finiscono pure i due dischi volanti della ricognizione. Un racconto tremebondo composto (come una pozione) da luoghi comuni e allarmismi un tanto al chilo, scritto forse per invocare il “pugno di ferro” anche sui fenomeni ufologici (come se già non lo facessero gli ufologi di professione: si veda Esomediatori – Frascati e anche Chi sono gli ufologi).
La ricognizione invece ha aperto uno spazio ucronico nelle complesse vicende di questo quadrante di Roma.

Ci vediamo nel futuro!

Presentazione dell’atlante Ufociclista a Radio Città Aperta

Il 24 ottobre abbiamo presentato l’atlante UfoCiclista a Radio Città Aperta nella trasmissione Mercoledì Morning di Gianluca Polverari.
Il podcast è ascoltabile qui oppure qui.

Con noi anche Andro Malis curatore del libro DeCore. Il marziano è vivo e lotta insieme a noi.

In studio con Gianluca Polverari:
Andro Malis e Cobol Pongide.

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La locandina realizzata da Andro Malis

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Cobol Pongide e Andro Malis negli studi di RCA

 

Mars Beyond Mars – Edizione IV – Roma: Macro

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Le passate edizioni del convegno Mars Beyond Mars (MBM) hanno cercato di rispondere alla domanda: viviamo i prodromi della terza era spaziale?
Dagli investimenti privati nel campo dei viaggi spaziali (SpaceX, Virgin Galactic, Planetary Resources, Blue Origin), alla presa di coscienza dell’estensione della vita terrestre nella cosmosfera (organismi estremofili), fino alla progettazione della prima base spaziale orbitante italiana e ai metodi per coltivare nello spazio.
Dai nuovi obiettivi di conquista nel sistema solare (le lune e gli asteroidi) alla scoperta degli esopianeti e delle loro
biosignature.
Dai progetti
di Cina, Giappone e India per tornare sulla Luna, per il suo sfruttamento minerario, alla nuova base spaziale orbitante russo-americana (Deep Space Gateway), fino alla titanica impresa della terraformazione di Marte.
Dai progetti di backup terrestre su altri pianeti del sistema solare alla fondazione della prima nazione spaziale: Asgardia, fino alla creazione del 6th branch of the Armed Forces to advance US dominance in space.
Dai test di simulazione di vita su Marte con volontari umani del Mars One ai laboratori ESA-Eac per la simulazione di vita sulla Luna in vista della sua colonizzazione.
Per tutti questi casi la risposta che si delinea è affermativa e connessa, direttamente o indirettamente, alla naturale propensione espansionistica del capitale.
Lo spazio extraterrestre appare quindi come il prossimo grande rilancio del sistema di produzione in cui viviamo, e non potrebbe essere altrimenti.

Ai fatti empirici se ne accostano altri come il tentativo, da più parti praticato, di sostenere, in un’area grigia tra scienza ed ermeneutica, l’idea di un’evoluzione anche orizzontale della specie umana (col relativo ripensamento dell’evoluzionismo lamarckiano) con trasformazioni somatiche provenienti dallo spazio profondo: dal controverso paper “Cause of Cambrian Explosion – Terrestrial or Cosmic?” alle teorie sulla panspermia, fino alle riletture bibliche (anche da parte di genetisti) in chiave di resoconto storico delle interferenze esogene sul DNA umano: il cosiddetto zoo galattico.
Ciò ha prioritariamente il sapore di un aggiustamento cognitivo, di un tentativo psicologico di ricollocarsi e giustificarsi entro le nuove spinte e le nuove esigenze espresse dal capitale; una particolare variante di Sindrome di Stoccolma: quella spaziale. Ciò avviene perché siamo testimoni dell’emergere di un nuovo stadio della produzione non più solo limitatamente globalistico, ma più compiutamente interplanetario, in cui la “soluzione finale” non potrà che compiersi con la coatta costruzione di nuovi comuni extra-terrestri disseminati classisticamente nel sistema solare: su pochi pianeti di silicati posizionati nella zona abitabile, sulle lune e sugli asteroidi (si vedano ad esempio i romanzi della serie The Expanse di James S. A. Corey).

“Siamo figli delle stelle” parrebbe il caso di recitare, ma di un nuovo e tecnologicamente avanzato afflato centrifugo.

Con la quarta edizione del MBM (Terraformare Terra) ci poniamo l’obbiettivo di ragionare sulle ricadute di tale passaggio epocale. In questo campo d’indagine ci attendiamo di veder emergere le tracce di una transizione significativa, evidente e già conclamata. Essa è però figlia del presupposto che tali pratiche, rivolte verso lo spazio, si attuino prioritariamente nella forma d’introversione del principio della terraformazione.
Se infatti guardiamo al terraforming come al momento più alto e finalistico di questo progetto (rendere i pianeti adatti alla vita terrestre e quindi rendere il loro sfruttamento più facile), è ragionevole attendersi che in questa fase preliminare (in questa fase tecno-scientifica di rodaggio) esso si attui prioritariamente sulla superficie del nostro pianeta come una sorta di ricaduta (spin-off) e di “palestra” da e per lo spazio.
Le biologie terrestri e la stessa Terra divengono allora il “centro fitness” di un sistema di produzione che ha finalmente acquisito tecnologie e competenze per andare oltre il territorio delle proprie origini.
Ma la vera novità che emerge è che l’ingenua e originaria idea di trasformare i pianeti in surrogati della Terra sta per essere accantonata in favore di quella più realistica ed esplicita di trasformare la vita sulla Terra in vista del suo traghettamento nello spazio.  

Il romanzo Greening of Mars (1984) e l’esperimento Biosphere 2 (1987) possono essere considerati gli albori dell’attuale trasformazione sociale, assieme, ovviamente, alla prima e seconda fase dell’era spaziale.
Per quel che riguarda Biosphere 2, inoltre risalta l’inquietante coincidenza di aver avuto come direttore Steve Bannon figura al centro dei processi d’accelerazione e inasprimento delle condizioni di vita sul nostro pianeta. 

Lo “accantonamento” (a seguito dell’implacabile report dell’International Panel on Climate Change), da molti ormai conclamato, degli obiettivi di riduzione del C02 nei tempi utili per scongiurare un ulteriore aumento delle temperature terrestri, preannuncia di fatto l’esigenza di prepararsi ad un radicale mutamento delle condizioni di vita sulla Terra (marteforming) ma ancor più sottilmente promuove un’atmosfera di disaffezione verso il pianeta: e chi vorrebbe vivere in una casa bruciacchiata e pericolante?

Allora le domande che ci poniamo sono le seguenti:
come mutano i nostri corpi in relazione a questa ricaduta? Come si trasformano le nostre storie, il “libretto delle istruzioni” che fa di noi quel che siamo?

Come cambia l’organizzazione politica in vista di questa transumanza? Le nuove forme di dispotismo possono forse essere lette anche in questa chiave, ovvero come nuovo regime ergonomico e post-terrestre?

Quindi, quali le accortezze “posturali” per sovrascrivere, piegare e deformare i corpi in vista di una nuova ecosfera sempre meno a misura d’essere umano?

Ancora: quali gli spazi già oggi resi ostili dai parametri sempre mobili di ciò che definiamo contaminato (inquinato e quindi inadatto al sostentamento) e dal concepimento delle architetture ostili (unpleasant design) che silenziosamente rendono le città inabitabili (marteforming)?

L’inasprimento di ciò che chiamiamo “guerra ai poveri” è forse anche il segno di un’accelerazione programmata (un intervento lamarckiano) dei processi darwinistici che come vortici spazzano via le persone di troppo, quelle non più utili, le meno adatte al nuovo stadio del sistema di produzione? Lo è l’espulsione dalle città, la negazione del diritto all’abitare, il respingimento di umani considerati “alieni”?

Quindi: quali le vie di fuga? Quali i sotterfugi, gli stratagemmi, le barricate, le politiche, per restare, come molti invocano, umani?

Ma sarà poi davvero il caso di restarlo, umani? Non si tratta di una domanda retorica dato che a questo punto dovremmo prima decidere evidentemente cosa l’umano sia.

Relatori e intrusori:

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Cobol Pongide (ufociclista) – intervento d’apertura.

Ci sono almeno tre ordini di ragioni per dichiararsi agli albori della terza era spaziale. Essi si estrinsecano in inequivocabili segnali dell’emergere di un nuovo stadio espansionistico del capitale, quello spaziale: investimenti di capitali privati nello spazio, attenzione della ricerca verso le lune del sistema solare e verso gli esopianeti, rinnovati progetti e rinnovate motivazioni circa la terraformazione di Marte.
In questo stadio l’introversione del principio di terraformazione è principalmente rivolto verso i corpi terrestri e tradotto nella scomparsa di diritti umani e di cittadinanza un tempo dati per acquisiti.
Le politiche in tema di diritti umani ricalcano gli indotti mutamenti climatici (alla cui apparente ineluttabilità ci stiamo adattando) come consapevole e primordiale stadio della marteformazione di Terra. Si tratta di una sorta di disaffezione pilotata verso il nostro pianeta d’origine, preludio alle spinte centrifughe che riguarderanno la classe lavoratrice in direzione dei pianeti più interni ed esterni (ma anche verso gli asteroidi) del nostro sistema solare.

L’intervento integrale.

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Marco Binotto (docente Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione).

Domanda: esiste in campo accademico una riflessione sulle conseguenze dell’esportazione dei terrestri dal loro ecosistema nativo un po’ come lo è stato, in un certo senso, quello di Paul Watzlawick nel suo La realtà della realtà?
Risposta: no, non credo ci siano state altre riflessioni anche se nelle scienze sociali e storiche ci sono molti spunti per ragionarci. Ad esempio, è interessante rivedere come il dibattito scientifico e politico abbia riflettuto − già negli ultimi decenni del Novecento − sull’allargamento a tutto il pianeta degli scambi economici e i suoi effetti politici, sociali e culturali. Sono frequenti le riflessioni in cui si mette in evidenza la scissione tra un capitalismo che si deterritorializza nella globalizzazione e le spinte identitarie locali rappresentata in quel periodo dai naziskin o dal localismo leghista. Era già allora evidente come, nei secoli scorsi, la nascita dello Stato-Nazione è stata possibile proprio dai nascenti processi di globalizzazione, come oggi l’ulteriore accelerazione della globalizzazione in rete e delle sue conseguenze in termini di crescita dei movimenti di popolazione, delle diseguaglianze sociali e dei cambiamenti ambientali produca reazioni e resistenze che s’identificano con il nazionalismo e il sovranismo fino, in Italia, alla politica di Salvini. Allora, non è affatto improbabile che questi processi d’espansione che producono risposte locali identitarie non possano non essere il prototipo per quanto accadrà prossimamente nello spazio, su altri pianeti, quando i terrestri ne prenderanno possesso: come metabolizzeeremo la possibilità d’allargamento dei confini? Produrrà le stesse reazioni paranoidi nei terrestri? Ci ritroveremo schiacciati tra le idee mondialistiche dell’alt-right e le reazioni dei sovranisti?
Bisogna porsi il problema prima invece di, come sempre accade, rincorrerlo.

L’intervento integrale.

20181028_184524.jpgCarlo Gori (artista e attivista).

Domanda: per quale motivo luoghi della migrazione e dell’emergenza abitativa evocano l’immaginario extraterrestre? (il caso Tor Sapienza – si veda ad esempio questo rapporto).
Risposta: la domanda si riferisce nello specifico alla mia esperienza a Tor Sapienza nel Centro Municipale Giorgio Morandi, ove svolgo anche il progetto “Morandi a colori”, e nell’occupazione abitativa di Metropoliz, la città meticcia, ex fabbrica Fiorucci. In entrambi i luoghi l’immaginario extra-terrestre è evocato sui muri e ne ha acquistato una narrazione in vari sensi, addirittura, con Space Metropoliz per andare a trovare casa sulla luna. Spesso gli alieni che noi possiamo conoscere da vicino sono, come spesso dicono loro di sé stessi, gli extra-comunitari, ma anche i tanti poveri ed emarginati della nostra società, che vivono in luoghi alienanti come lo stesso quartiere di Tor Sapienza. Un quartiere buio e complesso, come tanti delle nostre periferie; luoghi noti solo per le loro “negatività”. Sembrerebbero fuori dal mondo, sennonché, invece, sono i crocevia dove si possono vedere le conseguenze di quanto accade anche molto lontano. Vedi, per esempio, le emigrazioni e l’abbandono sempre più totale dell’Africa, a causa delle politiche capitalistiche che la stanno depredando, generando morte. Se costruisci una diga in Africa, sai che la conseguenza sarà di assetare tutto un territorio, con conseguenze terribili per chi si ribellerà. Chi non muore, forse arriverà proprio a Tor Sapienza e magari farà uno spettacolo teatrale nel nostro centro culturale.
Le politiche capitaliste hanno lo scopo di far guadagnare pochi, a discapito dei tanti. Il concetto è molto semplice ma non avrebbe senso. Sono i territori come Tor Sapienza i luoghi, invece, della complessità, che viene studiata e affrontata tutti i giorni, luoghi dove il senso si sta cercando di rielaborarlo davvero, a favore di tutti e per recuperare la dignità delle persone e della collettività. In questo senso, se raccogliamo le suggestioni dell’introduzione tra gli esseri viventi di geni alieni che sembrano palesarsi in natura, possiamo pensare che l’aiuto per fare tutto questo ci provenga pure dall’esterno, chissà dallo stesso spazio. Io, a Tor Sapienza, sono arrivato chiamato da un anziano professore comunista, Nicola Marcucci. Forse non è un caso! Giocando con il suo nome mi sono trovato a sezionarlo in questo modo: MARS QU CI. Interessante! Chissà è un alieno anche lui! Poi, visto che comunque sono uno ignaro, ho sperato che Google mi potesse dare qualche suggerimento a proposito. Ebbene, con quella chiave di ricerca, ho trovato un testo intitolato How to get to Mars without going mad.
Si riflette sul fatto che il viaggio verso Marte comporterà delle difficoltà durissime per i primi viaggiatori chiamati a stare due o tre anni in una piccolissima capsula. E allora ho compreso il motivo di essere stato chiamato a Tor Sapienza dal Prof. Marcucci. Qui solo potrò attivare quelle pratiche comuni di allenamento e di relazione per continuare il nostro viaggio nello spazio, che sia il nostro territorio o l’universo stesso, senza diventare matto e provare ad essere pienamente umano.

L’intervento integrale.

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Nikky Delirio (progettista cognitiva e ufociclista).

Domanda: il saggio di Jeremy Withers Bicycles Across the Galaxy: Attacking Automobility in 1950s Science Fiction ci racconta di come nella fantascienza degli anni Quaranta la bicicletta divenga un simbolo di resistenza all’invasione automobilistica: come può una tecnologia tanto “fragile” essere eversiva rispetto allo sviluppo meccanomobilistico?
Risposta: lo può diventare anche grazie all’innovazione tecnologica in grado di produrre una più efficiente e intima forma d’integrazione tra ciclista e forme di energia per la propulsione che coaudivino la forza muscolare. Il sellino ad esempio grazie alla sua privilegiata collocazione a contatto con lo sfintere umano può trasformarsi nella prossima rivoluzione in campo ciclistico (dopo quella poco utile della bici elettrica che continua a trarre violentemente energia dal pianeta Terra) capace di travolgere tutte le altre alternative cinematiche su questo pianeta come su altri di questo e di altri sistemi solari.

L’intervento integrale.
Riferimenti:
– Bicycles Across the Galaxy: Attacking Automobility in 1950s Science Fiction

20181028_185946.jpgDafne (bio-poetessa e ufociclista).

Il passaggio
Assunta e lo sciamano camminavano ormai da ore, avvolti dalle tenebre. Parallela alla strada che percorrevano, coperta da un imponente muro, correva la ferrovia. Da qualche parte doveva esserci una strada che incrociava quella dove erano loro e attraversava la ferrovia. Ma il muro si stagliava compatto e non c’erano varchi. Dall’altro lato della via si susseguivano reti metalliche e cancelli senza interruzione che delimitavano una campagna di cui ormai era rimasto poco. In realtà la campagna continuava a vivere e svilupparsi racchiusa dentro quell’intrico di vie e vicoli, ma sembrava la si volesse tenere lontana e separata dalle persone, perciò era recintata e inaccessibile come un mondo a parte.
Non c’erano traffico né rumori, e i due potevano camminare in mezzo alla strada e parlare liberamente ragionando tranquillamente di tutto ciò che volevano. Ogni tanto erano assorti ognuno dai propri pensieri e proseguivano in silenzio. Cadeva una pioggia leggera, ma speranze di trovare un autobus a quell’ora di notte in una zona come quella, erano pressoché pari a zero.
Di colpo, un rombo ruppe la quiete della notte, e poco lontano da loro apparve un auto che a tutta velocità gli attraversò la strada: comparve dal muro e subito svanì nel nulla dall’altro lato della strada. Nonostante ciò, lungo il muro continuavano a non esservi passaggi.
Assunta e lo sciamano si fermarono a riposare e a pensare il da farsi. Rischiavano di proseguire per quella via a lungo per chissà dove, sotto la pioggia che continuava a battere, quando invece la loro meta, era sicuramente molto vicina. A un certo punto Assunta appoggiò la mano sul muro e cacciò un urlo. Il pezzo di muro era svanito nel nulla. Pian piano anche il resto del muro si smaterializzò e apparve un tunnel corto e largo ma totalmente buio.
I due l’attraversarono di corsa per paura che il muro si potesse ricompattare e loro rimanessero rinchiusi nel tunnel a vagare per l’eternità in un varco tra diverse dimensioni, senza via d’uscita.
Si ritrovarono su una strada trafficata e illuminata piena di palazzi molto alti, di quelli moderni costruiti per impilare dentro microscopici appartamenti un’enorme quantità di persone.
C’era una fermata dell’autobus alla quale aspettarono un bel po’. L’autobus arrivò di corsa e proseguì senza vederli. Si incamminarono allora a piedi.
Ma ormai erano vicini.

L’intrusione integrale.

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Paolo Di Vetta BPM (Blocchi Precari Metropolitani).

Domanda: quale idea di corpo sottostà a quella di negazione del diritto all’abitare e all’esclusione sociale? Pensando all’esempio della prima nazione spaziale indipendente, Asgardia, quali prospettive abbiamo: lottare o sottrarci in vista (forse) di una “nuova terra promessa” su altri pianeti?
Risposta: la questione dello spostamento del corpo è centrale e ad essa generalmente segue una risposta di tipo segregazionista (si alzano muri) come ad esempio sta avvenendo proprio adesso tra Messico e Stati Uniti.
A Roma per alcuni anni si è riusciti a rispondere in maniera alternativa a questo “moto perpetuo” autorganizzando il diritto di molti, migranti e no, ad avere un luogo stabile in cui vivere e stabilirsi.
Ma le ultime sentenze in questa e in altre città dimostrano che tale soluzione non solo non è accettata ma è addirittura avversata (perché assurdamente considerata eversiva) in modo da speculare, in termini economici e politici, sull’emergenza abitativa e sui problemi d’ordine pubblico che essa produce: la gestione dell’emergenza che genera profitto.
Sul sottrarsi e il migrare altrove: se il capitale ha intenzione di espandersi nel sistema solare, come pare abbia in progetto di fare, questa può divenire l’occasione buona per “lasciarlo andare” e riprenderci una volta per tutte il pianeta.

L’intervento integrale.

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Sara D’Uva (artista).

Domanda: tu artisticamente operi, tra l’altro, nel campo della resistenza psichica. Ma cosa ne è del corpo?
Risposta: si tratta più di un’espansione psichica, un processo di assunzione di consapevolezza extraterritoriale, un allenamento, che ci riguarda e che va affinato in vista di una futura fuoriuscita dal pianeta. In questa ottica di riallineamento con l’ecosistema cosmico c’è da dire che sulla Terra già esistono enti e oggettiinvisibili” che sono “alieni” con cui dobbiamo riprendere confidenza: allenare corpo e psiche all’esistenza del non visibile, recuperando quel sincretismo originario che i primi terrestri avevano con questi elementi, in modo da ritrovare, oltre ad un senso di profonda connessione con il nostro pianeta, anche una connessione con l’aldifuori.
Per aiutarci in questo percorso dobbiamo pensare ad un diverso concetto di tecnologia, oltrepassando i mezzi e gli artefatti materiali, per pensarlo più organico. Quelli che noi occidentali chiamiamo “sciamani” ad esempio hanno una naturale confidenza con queste tecnologie, usando le piante o il suono ad un livello sinestesico, come dispositivo chiave di accesso a facoltà proprie del nostro corpo solitamente non frequentate, ma che consentono l’espansione cognitiva e percettiva.
Oltre alle molte similitudini che si possono riscontrare tra esperienze sciamaniche e quelle dei cosiddetti adbotti dagli alieni, è interessante il fatto che queste “tecnologie organiche” permettono agli sciamani di entrare in contatto, qui sul nostro pianeta, con speciali piante che loro sanno per certo avere origine extraterrestre.

L’intervento integrale.
Riferimenti:
– Le tre stimmate di Palmer Eldritch – P. K. Dick.

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Mirko Dettori (esploratore ultramodernista).

Domanda: la tua proposta “ultramoderna” è più postmoderna (ovvero resistenza come rottura della catena significante) o retromaniaca (adeguamento e collaborazionismo con le tendenze del presente).
Risposta: eluderò la domanda e v’intratterrò sui destini dell’umanità. Il varietà è un modo di vivere virtuoso nella postmodernità la cui precarietà e individualismo non sono limiti ma opportunità. In questo nuovo scenario, in parte deresponsbilizzato dagli oneri di un tempo (come ad esempio metter su famiglia e produrre forzatamente prole), se ognuno pensasse più virtuosamente a se stesso e alla propria vita senza intromettersi negli affari altrui, potremmo compilare un mondo migliore. In questo senso la priorità morale del pensiero collettivo è una sorta di perversione.
Tutto ciò anche perché se sulla Terra c’è un alieno questo letteralmente è proprio la nostra colonia umana e la sua inconciliabilità con il resto dell’ambiente naturale. Tutte le questioni concernenti l’intraprendere collettivamente una direzione invece di un’altra (in vista di un bene comune superiore) fanno parte di una “strategia” di distrazione di massa, da parte di automi programmati neurolinguisticamente, che a sua volta rendo anche noi automi (controllandoci) dirottandoci dalla priorità di sviluppare senso critico e capacità d’elaborazione personale. Queste a me sembrano le priorità della contemporaneità.

L’intervento integrale.
Riferimenti:
Il postmoderno – F. Jameson;
Retromania – S. Reynolds.

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Carmine Roma (eso-poeta).

Interrogando – tautogramma in i

– indagavo intorno insospettabili intarsi.
inaspettato insulso individuo insinuò inesistenti imputazioni, indizi illazioni,
intersezioni innegabili ingranditure.
inveii infuriato, innalzandomi innanzi, innescando inebitorie ingiurie:
-“insinua inesperienza? inettitudine? incompetenza?”-.
in un inerziale impeto inesausto infervorai:
-“indubbi indizi inducono ineccepibilmente indetermistiche ideazioni. Incriminerò !
Inderogabilmente… indiziati incomodi…;
incontrovertibile indirizzai l’indesiderato individuo indietro.

Noi, giocatori di sogni

La società del sovraccarico, il tempo narrativo lineare ridotto a zero, il tempo degli eventi che sfreccia dentro un hyperloop non ancora ultimato, nessun processo di collaudo, nessuna stima dei danni futuri, tutto inesorabilmente nella direzione del collasso.
Una univoca unione usurpatrice
uomini umiliati.
costretti tra la spasmodica ricerca del futuro e la delusione di trovare invece un passato nuovissimo.
Consapevoli dell’esistenza del futuro, ma solo teorico,
ci trasciniamo in un purgatorio perpetuo,
senza sentire alcunché
se non il nostro respiro.

L’intrusione integrale.

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Lorenzo – Trauma Studio (partigiani cognitivi).

Domanda: l’esperienza decennale del Trauma Studio come forma di resistenza alla “marteformazione” dei quartieri di Roma (San Lorenzo e Pigneto).
Risposta: Trauma Studio ha operato nel campo dell’intermediazione sociale utilizzando gli strumenti dell’arte e della cultura principalmente a Roma ma non solo. Lo ha fatto moltissime volta interagendo con gli spazi occupati e autogestiti che rimangono alcuni tra i luoghi più stimolanti in cui si produce pensiero alternativo al consumo scriteriato prodotto da ciò che viene definita gentrificazione dei territori e dei quartieri.
La strategia di Trauma Studio è stata quella di collegare e mettere in comunicazione artisti, organizzazioni, progetti, in contenitori di resistenza culturale, la cui forza espressiva spesso ha attirato l’attenzione anche della stampa più mainstream e interessato un vasto pubblico.
Lo abbiamo fatto spesso in parchi e piazze che ci siamo “ripresi” perché a noi cittadini appartengono.
Abbiamo organizzato molte edizioni di Pigneto Città Aperta nella cui ultima edizione (datata 2071), ad esempio, è stato anche ospitato il secondo Mars Beyond Mars. L’Alien Parade, il Rave Letterario a San lorenzo, ed altri.
Tramite l’auto-organizzazione e la produzione di senso Trauma Studio è spesso riuscito a trasformare la pressione sociale in pressione politica sulle istituzioni, nell’interesse di tutti i cittadini.

L’intervento integrale.

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Daniele Vazquez (antropologo, urbanista, psicogeografo, ufociclista).

Domanda: nessuna domanda
1) Rispondendo a Cobol Pongide: la terra non è mai stata introvertita rispetto al cosmo, lo dimostra fin dagli assiro-babilonesi l’astrologia e il rapporto di “simpatia”, in senso magico, tra cielo e terra.
2) Non è nostra intenzione curare alcun nazi, tantomeno con “l’affetto” (mi è sfuggito un “col cazzo”). Facendo riferimento a un libro citato dal Prof. Marco Binotto durante il convegno: Come si cura il nazi di Bifo, libretto pubblicato circa venticinque anni fa.
3) Abbiamo bisogno non solo di una prassi contro il nazi-fascismo ma anche di una teoria contro il nazi-fascismo che smonti e decostruisca gli autori che più hanno affascinato i marxisti come Schmitt e Heidegger (fascinazione che ha portato al rossobrunismo ad esempio). Qui troveremmo come la spiegazione della prima terraformazione della terra da parte di questi autori nazi-fascisti sia errata e falsa (non ho avuto il tempo di entrare nel merito).
4) Per una teoria antifascista abbiamo bisogno di luoghi dove studiare come workshop autogestiti e gruppi di ricerca informali e indipendenti (intendendo senza i soliti vecchissimi maestri a dirci cosa dobbiamo e non dobbiamo leggere o pensare). In una parola un nuovo “pensiero forte” antagonista può sorgere solo dall’autonomia dei suoi saperi dall’accademia.

L’intervento integrale.

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Anna Sunchild Bastoni (performer cognitiva).

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Flares approda sul Pianeta Terra corrente anno 2018, dallo spaziotempo di Sirio A grazie alla sua Astronave Manta2 concepita per navigare sfruttando le onde gravitazionali dovute all’unione di due blackholes nell’iperspazio.

Ha una missione: portare la tecnologia del Futuro in incognito impersonando un’attrice di B Movies, ruolo grazie al quale ottiene immediato contatto con appassionati di Ufologia e Videogames di vecchia generazione.
Avuti ragguagli sul funzionamento di antichi oggetti volanti non identificati trova la connessione tra meccanismi analogici, il corpo umano e Terra stessa,ricerca che applichera’in futuro per compiere la sua finale impresa.

Fatta conoscenza di Alieni provenienti da altri Pianeti riceve ulteriori informazioni sulle tempistiche Universali e comprende che il motivo dell’incontro ha a che fare con la preparazione del genere umano a grossi cambiamenti ed avvalendosi di altrettante tecnologie condivise ottiene di parlare con Squadre interplanetarie impegnate a formare un Team Galattico.

L’intrusione nella Black Room del Macro Asilo.

 
La registrazione integrale del convegno:

tot.jpgL’audio completo del convegno udibile e scaricabile.

 

Evento su Facebook
Evento sulla pagina del Macro.

Edizioni precedenti:
MBM I
MBM II
MBM III

Le card del Terraformare Terra:

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Le card di Terraformare Terra

 

UfoCiclismo e Cosmismo

Riferimento importante per l’UfoCiclismo è il Cosmismo russo nella sua accezione originaria di umanesimo tecno-scientifico rivolto alla propagazione dell’essere umano nel cosmo.
A partire dalle concezioni di Konstantin Ciolkovskij l’UfoCiclismo tiene viva la distinzione, oggi in disuso, tra cosmonauti e astronauti, valorizzando nei primi lo spirito sociale e solidale della “conquista del cosmo” laddove nei secondi l’esplorazione spaziale ha il sapore dell’estensione dello spettacolo integrato al di fuori della biosfera (si veda anche Edoardo Rothe La conquista dello spazio nel tempo del potere).

Dal Cosmismo l’UfoCiclismo mutua l’idea che alcune pratiche terrestri (come ad esempio il ciclismo) in realtà prefigurino e incentivino la vita dell’uomo nel cosmo, passaggio necessario come afferma Ciolkovskij: “La Terra è la culla dell’umanità, ma non si può vivere nella culla per sempre”.

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Anche la concezione d’estensione della vita dei terrestri nel cosmo del Cosmismo è centrale per l’UfoCiclismo, non tanto nella sua connessione con la resurrezione dei morti (che il cosmismo mutua dalla sua vicinanza alle dottrine teosofiche) quanto con l’idea non imperialista (quindi opposta alla conquista) della propagazione umana oltre il pianeta terra.
In questo senso l’UfoCiclismo porta avanti da tempo un incontro/convegno periodico dal titolo Mars Beyond Mars in cui invita esperti, specialisti e militanti a confrontarsi su temi come il terraforming, il capitalismo interplanetario e il cosmo come nuovo terreno di scontro tra antagonismo e neo capitalismo (capitale-terra).
Prima edizione del MBM; (13/5/2017)
seconda edizione del MBM; (7/7/2017)
terza edizione del MBM; (15/11/2017)
quarta edizione del MBM (28/10/2018);

Nello specifico: il Mars Beyond Mars ha l’obiettivo di “giocare d’anticipo” cercando d’intercettare quello che sarà il futuro terreno di conquista del capitale in espansione. Lo fa analizzando in progress il nuovo terreno di conflitto per comprenderlo anticipatamente invece di precipitarvi dentro.
Il presente è considerato come la fase di definizione e pianificazione tecno-scientifica di questo futuro scenario in cui la planetologia, l’astrofisica e l’esobiologia giocano un ruolo chiave.
L’ipotesi è quindi quella che definisce il presente come la “terza era spaziale”. Dopo la Luna e Marte l’attenzione oggi si sposta sull’esplorazione e l’abitabilità delle lune del sistema solare e degli esopianeti come terreno senza soluzione di continuità tra il capitale-terra e tutto quanto, là fuori, lo sarà: il terraformabile.
Il MBM si pone quindi le seguenti domande:
come immaginare un futuro nel cosmo che non sia esclusivamente l’estensione del modello predatorio già operante sul pianeta Terra? Cosa troveremo là fuori e come faremo questa volta a preservare l’umano e il non umano che appartengono al nostro futuro?

Ancora dal Cosmismo proviene l’idea d’una pianificazione etica e razionale del futuro terraforming dei pianeti alieni. E sempre dal Cosmismo l’intuizione che per viaggiare nel cosmo ci sia bisogno di accedere a saperi che sopravanzino la pratica amministrativa della scienza così come, ad esempio, l’esplorazione psicogeografica dei territori necessita che si travalichino le tradizionali forme di sapere e di narrazione di matrice geometrica e geografica.

Ecco le parole del proto-cosmista Aleksandr Vasilyevič Sukhovo-Kobylin:
Una persona che vola orizzontalmente su una bicicletta è già un movimento
verso la forma angelica, la suprema forma umana. Mediante macchine per il volo orizzontale, l’umanità si approssima alla condizione angelica, o umanità ideale. Ogni essere umano pensante può comprendere che la bicicletta rappresenta esattamente le ali meccaniche, l’origine o germe delle future ali organiche, mediante le quali l’umanità indubbiamente spezzerà le catene che la imprigionano nel mondo tellurico e fuggirà per mezzo di invenzioni meccaniche nel mondo solare circostante”.

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https://www.youtube.com/watch?v=1ywyOecvias&t=3s
Ascolta e canta l’inno cosmista.

https://www.youtube.com/watch?v=vcqD0X1F9z0
Introduzione al cosmismo (documentario).

Il Popolo solare! il Cosmismo applicato.

Mars Beyond Mars – Edizione II

In collaborazione con Pigneto Città Aperta 2071Trauma Studio e Lo Yeti: la seconda edizione di Mars Beyond Mars il 7 luglio 2017 – microconvegno open air [qui la prima edizione svolta a Esc-Atelier].

Sono intervenuti:
Cobol Pongide – cosmonauta ufociclista (premessa e moderazione).

Premessa:
Mars Beyond Mars vuole essere una riflessione sul prossimo futuro al di là delle scadenze quotidiane; ovvero al di là di quella riduzione del futuro ai suoi minimi termini che lo identificano con il domani.
Questo cambiamento di prospettiva non ci spingerà necessariamente a fare (almeno non esclusivamente) fantascienza.  D’altro canto non tratteremo questi temi con il rigore formalistico di chi se ne occupa per professione.
L’ambizione è quella di portare la società civile ad immaginare un futuro diverso e a progettarlo su un arco temporale che ormai non le è più proprio.
Per fare questo c’e’ bisogno di sporgersi un po’ sull’ignoto;  quindi quale migliore ambito se non lo spazio.

Partiamo dalla constatazione (che è anche argomento di dibattito) del trovarci o meno nella terza era spaziale.
La prima terminata con l’allunaggio del 1969, la seconda dispiegatasi tra gli anni Settanta e Ottanta con l’esplorazione ad opera delle sonde automatiche dei pianeti del nostro sistema solare. Poi finalmente la terza rivolta alle lune del nostro sistema solare (più in generale ai corpi celesti “secondari”) come ad esempio Europa luna di Giove e Encelado luna di Saturno (ma anche alle comete).
Ma sopratutto la terza era spaziale è quella dello studio degli esopianeti: quei corpi celesti che orbitano stabilmente attorno ad altre stelle.
Gli esopianeti li individuiamo almeno da trent’anni e in questi anni sono stati compiuti moltissimi progressi nella comprensione della loro natura (terrestri/gioviani, massa e in alcune circostanze atmosfera che trattengono).
Per quel che riguarda gli esopianeti si è transitati da una consapevolezza di tipo probabilistico [è improbabile che non esistano e che siano troppo diversi da quelli che conosciamo (quelli del nostro sistema solare)] ad una di tipo statistico (la loro distribuzione statistica nell’universo sulla base di dati empirici).
I “più interessanti” sono quelli residenti nella cosiddetta fascia abitabile cioè quelli collocati in una zona in cui i pianeti gravitano ad una distanza dal proprio sole che consentirebbe, qualora ci fosse, il persistere dell’acqua allo stato liquido: che per quel che ne sappiamo è il presupposto per la vita.

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Quanto distano questi esopianeti?
Il più vicino orbita attorno a Proxima Centauri, la stella a noi piu’ vicina; quini a circa 4 anni luce dalla Terra.
Troppo lontani per l’attuale sviluppo tecnologico e grado di conoscenza delle proprietà dello spaziotempo. Ma anche questo è argomento di dibattito (se si vole ancora più generale) perché implica il concetto di crescita d’investimenti nel campo della ricerca e sviluppo virtuoso di cooperazione scientifica e più in generale umana (si veda ad esempio il caso di Sci-Hub).

Come prepararci alla terza era spaziale senza che questa divenga una nuova predatoria corsa all’oro, ovvero: solo una nuova estensione di territori da depredare?
uno dei temi di riflessione diviene allora ad esempio quello delle scelte etiche da affrontare per preservare le biodiversità che potremo incontrare.
Più in generale diviene il concetto di terraforming l’argomento attorno a cui ragionare: l’impatto umano su pianeti alieni dal momento che per ospitare stabilmente la vita terrestre questi dovranno essere strutturalmente modificati.
L’etica di questo impatto non è tema di riflessione all’ordine del giorno della scienza; per questo motivo è prioritariamente la società civile a doversene occupare.

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Quest’idea è attualmente “fuori moda” perché la sensazione che non addetti ai lavori possano riflettere sui principi scientifici è transitata per sottogeneri letterari e forme di antiscientismo e di superstizione. Da qui bisogna ripartire: dall’idea che la società civile non può demandare (chiavi in mano) il proprio futuro a organizzazioni di ricerca completamente fuori controllo. Ma la sua opera di vigilanza deve passare per una redistribuzione di competenze sensate e di riflessioni non partigiane attraverso incontri collettivi e dibattiti più o meno specialistici.
Proprio come nella scienza “di professione” nella società civile in controllo delle idee scientifiche dei singoli individui deve passare per un confronto collettivo e collegiale perché la scienza è il paradigma attorno a cui, consapevoli o meno che ne possiamo essere, si articola la nostra esistenza.

Come immaginare ad esempio un equilibrato rapporto tra insediamenti di coloni e forme di vita preesistenti una volta sbarcati su pianeti alieni?
Ecco: se la questione coloni-insediamenti ricorda qualcosa di fortemente all’ordine del giorno anche qui sul pianeta Terra allora significa che porsi queste domande inizia ad essere una concreta priorità.

Carlo Prati – architetto.
La domanda posta a Carlo Prati:
date alcune concezioni architettoniche non sempre comprensibilissime per chi poi le vive è possibile pensare che gli architetti progettino già per un’umanità post-terrestre?
L’intervento

Fabrizio Boni – regista antropologo.
La domanda posta Fabrizio Boni:
circa il suo film realizzato con Giorgio De Finis Space Metropoliz:
l’idea di far nuovamente migrare (questa volta verso la Luna) gli occupanti dello spazio abitativo Metropoliz non potrebbe avere il sapore di una proposta di deportazione?
L’intervento

Daniele Vazquez – urbanista.
L’intervento

Mauro Cuppone – artista.
La domanda posta a Mauro Cuppone:
il monito di Stephen Hawking ai terrestri è quello di smettere di lanciare messaggi nello spazio nel tentativo di  entrare in contatto con forme di vita aliena. Potrebbero avere scopi non troppo pacifici.
Quindi: “l’arte spaziale” (perché alcune sue opere sono visibili dallo spazio) di Cuppone non potrebbe finire per essere giudicata in futuro una sorta di strategia collaborazionista col nemico?
L’intervento 

Flavio Rossi – guerrigliero psichico.
La domanda posta a Flavio Rossi:
ti definisci “guerrigliero psichico” il che potrebbe far pensare ad una sorta di combattente dei meme: un agente addetto a instillare idee nei processi cognitivi delle persone. Se dovessimo propagare l’idea che la riflessione sul cosmo è una priorità nella vita delle persone quale concetto diffonderesti?
L’intervento

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Mars Beyond Mars – Edizione I

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Mars Beyond Mars – La critica del quotidiano nell’epoca della terza conquista del cosmo – si è tenuto nella sua prima edizione presso lo spazio sociale occupato di Roma Esc-Atelier il 13 maggio 2017.

L’obiettivo del convegno (itinerante) è quello di discutere circa il manifestarsi della terza era spaziale (quella che guarda agli esopianeti e alla ricerca di vita sulle lune del sistema solare).
Il convegno ha inoltre un approccio differenziato e situazionale (in termini di approfondimento e suggestioni) a seconda del luogo in cui si svolge e dei relatori invitati.

Se di fatto ci troviamo nell’alba della terza era spaziale come può la “società civile” prepararsi ed equipaggiarsi in modo che essa non sia solo appannaggio della ricerca di nuovi profitti oltre la biosfera?
Per questo motivo provocatoriamente abbiamo utilizzato il concetto di “terza conquista del cosmo“: quella voracità predatoria che già oggi guarda dentro e fuori il sistema solare verso i pianeti extrasolari.
Oggi la scienza ci dice che la domanda non è più’: esistono altre forme di vita? Ma: quando e in che modo le troveremo?
Questo è lo scenario concreto che dominerà il nostro prossimo futuro e che già da oggi (all’attuale stato dell’arte) lo condiziona.
A partire da questo rinnovato interesse per il cosmo possiamo già domandarci:
quali le conseguenze sulla vita quotidiana?
Come possiamo influenzare il domani sulla base di questa predizione in vista di uno scenario sociale alternativo che proprio nello spazio gioca la nuova partita del dominio?

Ancora piu’ in generale il convegno ha esplorato la possibilità di considerare il cosmo (e le sue molteplici implicazioni) come il nuovo grande contenitore di senso” in cui organizzare l’alternativa sociale laddove tutti i modelli precedentemente sperimentati (ideologie e grandi narrazioni) oggi vengono impiegati in assenza d’altro o in maniera squisitamente revivalistica.

Il convegno

Sono intervenuti:
– Cobol – Cosmonauta UfoCiclista (moderatore)
– Carolina Facioni – Future studies – l’intervento
– Giorgio de Finis – Antropologo (con Fabrizio Boni – Antropologo e regista) – l’intervento
– Giuliano Lombardo – Psicologo dell’arte – l’intervento
– Andrea Miconi – Sociologo dei processi culturali – l’intervento
– Roberto Paura – Institute for the Future – l’intervento
– Carlo Prati – Architetto – l’intervento
– Flavio Rossi – Guerrigliero psichico – l’intervento
– Daniele Vazquez – Urbanista – l’intervento

I live e il djset

Hanno suonato:
The Flying Madonnas – neopsichedelia
Cobol Pongide – cosmiquepop
Rent – dj set cosmo/techno

La giornata ha inoltre previsto 

Hanno esposto:
Carlo PratiNew Babylon
Matteo VitaliUfo Flap

E’ stato proiettato il film:
Space Metropoliz
di Fabrizio BoniGiorgio de Finis

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Il convegno: Andrea Miconi e il moderatore Cobol (foto Ray Max)

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Il convegno: Flavio Rossi (foto Ray Max)

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L’esposizione UFOFlap di Matteo Vitali (durante l’allestimento)

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Carlo Prati durante l’allestimento della sua New Babylon

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