Rapporto redatto dalle Anonime Marziane
Le alte temperature di quest’ultime settimane ci hanno portato a scegliere la zona di quest’esplorazione. Priva di inquinamento luminoso l’isola è stata eletta a location ideale per osservare il fenomeno della pioggia di stelle di san Lorenzo.
Prima di salpare, alla stazione, scopriamo questo monumento dedicato al cane viaggiatore di nome Lampo.
In tempi lontani Lampo pare viaggiasse nomadescamente in treno.
Sul tragitto dalla terra ferma, l’isola si mostra cromaticamente sfavillante, con toni di verde e blu, ma una volta messo piede sulla terra si trasforma in una plaga vivace: si passa dal color ocra al rosso fiamma, al nero con polvere di stelle, grigio, blu.

Sicché nulla… andiamo subito in esplorazione dove i liquidi si intersecano con i materiali solidi.

Gli indigeni incuriositi dalla nostra presenza ci interrogano sul perché della nostra visita e prendendo atto che siamo due ufocicliste, suscitiamo in loro una reazione inaspettata: “Boia deh, fate più giri voi che la merda nei tubi!”.Inizialmente restiamo di sasso, ma conversando ulteriormente con loro capiamo che non hanno filtri e accettiamo l’invito a seguirli al gravity park (parco che si sviluppa per tutto il paese, dove ogni anno si svolge una competizione fra mezzi costruiti col fai da te: “i Baroccini”).
La pericolosità della gara è palese, c’è fermento. Nella piazza si vocifera che la situazione si potrebbe rivelare un Cicciaio.
I fratelli Galletti (che non sono quelli avvistati in spiaggia la mattina)
Come da consuetudine incontriamo degli psico-dissuasori, due sbarre in successione, entrambe alzate che aprono la strada ad una serie di ley line.
Ben presto ci accorgiamo di essere all’interno di una cuspide, respirando minerali estratti con ardue fatiche in tempi che furono.

All’apice più vicino al sole scorgiamo un’apertura a forma di corridoio rosso, entriamo in uno spazio naturale un tempo lago, ora deturpato da uno strato di cemento che servirà da base (?!?) a una piantagione di elicriso (erba medicinale).
Ciò che vediamo cozza totalmente con i colori del terriccio originario, in cui le forme e sfumature sono veramente innumerevoli. Il terreno sembra umido e vivo. Al passaggio delle nostre bici una polvere luccicante si alza dal terreno e ci si appiccica sulla pelle, in realtà è quindi secchissima e polverosa.
Stordite e inebriate lasciamo l’isola giusto in tempo, quando dall’orizzonte scorgiamo una burrasca avvolgerla e ricorpirla tutta.
Raggiungiamo di nuovo la terra ferma, salve e asciutte.